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Il confine Messico - Stati Uniti tra economie aperte e frontiere chiuse

Illegalità, discorso politico e proiezioni simboliche di controllo del confine

Le politiche di border enforcement progressivamente implementate sul confine hanno generato numerosi effetti collaterali, spesso controproducenti. In effetti, le conseguenze inattese della fortificazione del confine e delle politiche di interdizione non sembrano controbilanciate dal raggiungimento, nemmeno parziale, degli obbiettivi previsti. Come si è visto nel capitolo precedente, la capacità pervasiva della criminalità organizzata non solo non è stata intaccata da questi ultimi anni di guerra al narcotraffico, ma ha incrementato il proprio raggio d'azione. La spirale di violenza innescata dall'offensiva scatenata dal governo contro i cartelli ha inflitto alla popolazione altissimi costi in termini di vittime e di violazioni dei diritti umani, cristallizzandosi in alcune regioni del Messico, spesso in prossimità della frontiera, in una forma di violenza ormai endemica. Né la barriera fisica né l'apparato tecnologico dispiegato sul confine sono riusciti a ridurre significativamente il flusso di narcotici diretto negli Stati Uniti, trainato da una domanda sostanzialmente stabile.
Il processo di chiusura del confine al passaggio dei migranti illegali, anch'esso deleterio per le conseguenze negative generate, non ha condotto allo scopo per il quale era stato esplicitamente concepito. La popolazione di undocumented presente sul territorio statunitense è aumentata proprio durante il periodo di massimo sforzo nell'interdizione dei migranti, per poi iniziare a ridursi in corrispondenza della crisi economica. Nulla lascia pensare che l'effetto deterrente previsto dalle misure di border enforcement abbia avuto un peso su questa inversione di tendenza.
Non fermarsi all'apparente irrazionalità delle politiche implementate sul confine, spesso liquidate come l'espressione nevrotica di un'America schiacciata dai contraccolpi dell'11 settembre, per esaminare più a fondo gli effetti realmente prodotti, permette di rintracciare alcuni schemi meno evidenti sottostanti la traiettoria di fortificazione della frontiera, illuminandone gli aspetti razionali e coerenti.

Uno dei fattori in gioco nel processo di fortificazione del confine in atto è rappresentato dalla necessità di giustificare gli ingenti fondi impiegati nel settore del border enforcement in un'epoca, come quella attuale, in cui l'industria della difesa è sprovvista di un obbiettivo definito e di chiare modalità d'ingaggio come nell'era della guerra fredda.
Tuttavia, questo risulta essere un elemento necessario ma non sufficiente a gettare luce sulle dinamiche in corso sulla frontiera meridionale degli Stati Uniti. Vero è che la corsa alla fortificazione del confine, una volta intrapresa, diviene un processo che tende ad autosostentarsi, laddove l'apparato burocratico deputato all'interdizione sul confine di fatto agisce in modo da procurare ancora più lavoro per sé nel futuro, generando una spirale che alimenta se stessa. In parte tale meccanismo burocratico, in virtù del quale l'aumento degli arresti e dei sequestri giustifica il dispiegamento di forze in atto e ne legittima un incremento, consente di guardare ad alcune delle conseguenze inattese delle politiche di controllo del confine come effetti non del tutto controproducenti.
Nel caso delle politiche antidroga si è visto come già in passato l'imperativo burocratico a generare risultati immediati e a certificare l'impegno nella lotta al narcotraffico, per quanto inefficaci sul piano strategico, si rivelassero di grande utilità sul piano diplomatico, infondendo fiducia nelle relazioni bilaterali.
La questione migratoria è invece ben più complessa, avendo essa a che vedere con la questione dell'essenza stessa e della composizione della nazione, con il modo in cui la comunità stabilisce i propri confini. Le politiche migratorie rispondono allo stesso tempo a preminenti interessi economici e ai meccanismi del mercato del lavoro, a pressioni politiche ed esigenze di sicurezza nazionale di controllo del confine e a reazioni socio-culturali di un'opinione pubblica non indifferente alla composizione della collettività nazionale. A partire da questa delicata articolazione di interessi e di fattori in gioco, si tenterà di riconsiderare ciò che effettivamente le politiche hanno prodotto, per individuare aspetti di razionalità e coerenza spesso sottaciuti e non interamente archiviabili come effetti indesiderati.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il confine Messico - Stati Uniti tra economie aperte e frontiere chiuse

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Informazioni tesi

  Autore: Valentina Abalzati
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze Internazionali e Diplomatiche
  Relatore: Mario Del Pero
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 134

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Parole chiave

stati uniti
migrazioni
confine
messico
nafta
frontiera
muro
narcotraffico
border enforcement

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