La relazione affettiva nella prospettiva dell'attaccamento. Strumenti, metodi, prospettive.
Il trauma personale e le relazioni affettive
Ogni trauma è una percezione soggettiva di un vissuto. Vi sono eventi traumatici che per alcuni sono in realtà fatti senza alcun significato: immaginiamo quanto può essere traumatico perdere la finale di una partita durante un mondiale di calcio per un tifoso appassionato o per una persona che segue questo evento ma che ha dovuto attraversare difficoltà notevoli nella propria esistenza come un lutto precoce, una violenza fisica o psicologica.
Guerre, pestilenze, violenze in genere hanno da sempre caratterizzato l'esistenza degli esseri umani. Nel mondo occidentale non si combattono guerre da decenni, non vi sono pandemie che decimano le popolazioni da quasi un secolo: da moltissimi anni non vi sono traumi a livello sociale che coinvolgono tutti gli strati delle popolazioni, che segnano un "prima" ed un "dopo". Molto probabilmente l'attuale situazione pandemica costituirà uno "spartiacque" personale e collettivo, che determinerà una dimensione del prima e del dopo.
Il trauma è un'"esperienza che crea un'angoscia psichica intollerabile" (Kalsched 2021), ogni bambino, persona, cerca di far fronte a queste situazioni attivando delle difese protettive, da quelle più arcaiche (scissione, negazione, proiezione) a quelle più elaborate (mentalizzazione) per riuscire, in qualche modo, a sopravvivere. Winnicott sostiene che dover continuamente resistere agli "urti" esterni non sviluppa il senso dell'esistere, di percepire la presenza del sé nel tempo che scorre, l'organizzazione interna ed esterna che permette di capire ciò che accade nel mondo intrapsichico ed in quello relazionale. Un ambiente supportivo, in grado di attutire gli "urti", di proteggere l'infante da agenti esterni come il caldo o il freddo o interni come la fame è la condizione necessaria (ed al momento sufficiente) per una crescita "tipica" e funzionale. È la madre "sufficientemente buona" o "abbastanza buona" che, sensibile alle richieste esplicite e spesso implicite dell'infante, risponde in modo specifico, competente e responsivo al bambino.
Nei primi mesi la madre è completamente devota ed "allineata" alle richieste del bambino, così facendo il "trauma dell'esistenza" viene attenuato, rimodulato ed il bambino percepisce che può sopravvivere a se stesso, alle sue istanze, alle emozioni contradditorie che, Kleinianamente, creano rottura ma anche riparazione con l'oggetto buono e nel contempo cattivo.
Con il tempo i caregiver fanno qualche passo indietro e creano un tempo di attesa che deve essere proporzionato alla capacità dello specifico infante di sopportare le frustrazioni, come quando il bambino impara a camminare e viene tenuto per mano ad ogni suo passo; in un secondo momento gli adulti significativi si allontanano in modo che lui faccia un primo passo, poi due ed infine riuscirà ad essere autonomo ed esplorare il mondo circostante. È la distanza di sicurezza, un attaccamento sicuro ed il senso di autoefficacia che permette al bambino di affrontare e superare ostacoli impensabili, di difendersi da un mondo a volte minaccioso, pauroso, spesso incomprensibile, ad attraversare tutti quei piccoli traumi che diventano, ora sì, superabili.
A volte i traumi sono così terribili che diventano "pensieri, esperienze impensabili" (Winnicott) che minacciano pesantemente il mondo interno, che bombardano la psiche degli individui lasciando macerie e dolore. Questi traumi possono essere abusi fisici o psicologici, lutti "prematuri", separazioni da oggetti interni ed esterni.
A seguito di un trauma la percezione del mondo esterno viene schermata, trasformata, diventa una realtà soggettiva, minacciosa e non oggettiva e rassicurante. Il soggetto ha assolutamente bisogno di attivare difese efficaci per evitare che, in futuro, accada nuovamente ciò che non può essere tollerato e tollerabile: la parte del sé coinvolta in questo trauma viene "incapsulata" per essere protetta, dimenticata, scissa (amputata) in modo da riuscire a vivere, a sopravvivere.
Non è un caso che la mitologia, il luogo dove si esprimeva la psicologia prima di diventare scienza "autonoma" (Jung) è popolata da mostri che mangiano i figli, da episodi di profonda crudeltà, lotte spietate per sopravvivere… le favole popolari più radicate nella cultura come quelle dei fratelli Grimm sono spaventose e paurose: lì vi troviamo bambini che vengono abbandonati o mangiati da adulti che sono spesso violenti, spaventosi. Anche le nursery sono popolate da "mostri" e dinamiche intergenerazionali che condizionano gli infanti nella manifestazione del loro mondo intrapsichico: i bambini sanno bene cos'è la paura, la sperimentano soprattutto quando il buio permette di proiettare immagini interne terribili e spaventose. [...]
Questo brano è tratto dalla tesi:
La relazione affettiva nella prospettiva dell'attaccamento. Strumenti, metodi, prospettive.
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Informazioni tesi
Autore: | Mauro Cason |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2020-21 |
Università: | Università degli Studi di Cagliari |
Facoltà: | Scienze Umanistiche |
Corso: | Psicologia |
Relatore: | Stefania Cataudella |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 113 |
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