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Percorso di valorizzazione di un Parco: il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga

Il territorio montano dei parchi abruzzesi

Il primo grande fattore che contribuisce a spiegare la vicenda dei parchi abruzzesi è la struttura territoriale dell’Abruzzo montano. Se per struttura territoriale intendiamo al contempo le caratteristiche fisiche, i caratteri dell’insediamento e del popolamento, i rapporti con le aree esterne e persino l’immagine che il territorio ha assunto nel corso del tempo presso l’opinione pubblica nazionale potremmo dire che essa deve essere considerata come il “principio ideale” della creazione dei parchi e delle riserve abruzzesi. Se la storia delle riserve naturali in Italia nasce molto prima che altrove e se qui più che altrove essa si trasforma in esperienza d’avanguardia, ciò è dovuto anche e soprattutto a questa specifica struttura territoriale e alle sue vicende.

Dato che il 65% del territorio regionale è definito dall’Istat come appartenente alla zona altimetrica della montagna, la provincia di L’Aquila è l’unica dell’Appennino ad avere tutti i propri comuni classificati in questa fascia (ha comunque molte valli al suo interno, non è un unico altopiano). Il commercio, il bracciantato stagionale, l’agricoltura prettamente di sussistenza e pastorizia transumante sono stati i quattro elementi che hanno permesso di mettere a valore e fin dal medioevo quasi tutta la superficie effettivamente utilizzabile di queste terre. Ne è risultato un insediamento di dimensioni quantitativamente modeste ma molto stabile e ben distribuito, contraddistinto da un alto grado di accentramento e da una gerarchizzazione piuttosto regolare. Arrivò così fino agli sconvolgimenti di fine ottocento conservando le due caratteristiche di fondo: la povertà di grandi centri urbani e, di contro, un popolamento sempre prossimo ai limiti della carrying capacity.
Salvo quando sono mutate le condizioni di base (fondazione di L’Aquila, prosciugamento del Fucino), i tentativi i forzare i limiti insediativi di queste terre si sono scontrati con delle sconfitte in quanto le risorse risultavano già sfruttate al limite delle possibilità tecniche dell’epoca. Se è vero che gli uomini hanno fatto qui il possibile per utilizzare al meglio tutte le risorse esistenti, bisogna aggiungere che tali risorse non erano così abbondanti o facilmente disponibili.

Si generò così un’agricoltura di basse rese o poco passibile di riconversione ed estensione; trasporti e commercio hanno risentito della cronica carenza di buone strade e quindi della marginalizzazione delle vie interne della penisola. Lo stesso vale per la transumanza, vivace nei secoli, questa attività non riusciva ad uscire dai vincoli ambientali rigidi. Fino al decennio a cavallo tra l’ottocento e il novecento, l’equilibrio tra popolazione e risorse è stato mantenuto facendo ricorso, soprattutto nelle località più elevate, alla costante e massiccia migrazione stagionale. Questo equilibrio si rompe a partire dall’Unità d’Italia quando, l’Abruzzo viene inserito nel mercato nazionale prossimo all’industrializzazione e integrato con i mercati continentali, con la penetrazione degli assi ferroviari, con la costituzione di un ceto burocratico locale più consistente ed influente del passato e con la forte crescita di Roma. Tutto ciò porta ad una consistente emigrazione (transoceanica, verso Roma e verso la costa).

A farne le spese è l’Abruzzo interno, cioè la montagna. Questo fenomeno si prolunga per tutto il secolo. Da questa dinamica dipendono le sorti del turismo e delle riserve naturali in Abruzzo. Quindi l’Abruzzo montano, e l’Abruzzo in generale, finisce con l’acquisire le caratteristiche delle aree tipicamente destinate nel corso del novecento ad ospitare parchi e riserve naturali: bassa densità di popolazione, declino delle attività tradizionali e debole vocazione per attività innovative ad alta intensità di capitale e ad alto consumo di territorio, aree pascolive e forestali di proprietà prevalentemente pubblica, ambiente naturale e storico-antropico in buono stato di conservazione, il tutto in prossimità di due grandi poli metropolitani come quello romano e napoletano.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Percorso di valorizzazione di un Parco: il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga

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Informazioni tesi

  Autore: Chiara Smarrelli
  Tipo: Diploma di Laurea
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia e gestione dei servizi turistici
  Relatore: Patrizia Battilani
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 69

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