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Il ruolo dei Mass Media nella società sportiva: come la comunicazione ha influenzato il mondo dello sport
Il fenomeno eziologico foriero di problematiche di stampo discriminatorio, presente sia a livello sociale che in ambito sportivo, è quello dei Mass Media. Il termine “mass” assume un significato preciso in sociologia a partire dai primi anni del ‘900. “La massa è un vasto insieme di individui molto diversi tra loro per opinioni, ceto sociale, livello culturale e abitudini, un insieme che ha come collante la condivisione di poche idee molto generali, tanto generali e superficiali da poter essere condivise anche con persone che non si conoscono e che non si confrontano”14. Per Blumer, invece, la mancanza di relazioni tra gli individui che costituiscono la massa è uno degli elementi caratterizzanti la massa stessa. Da queste concezioni riguardanti la nuova terminologia dei mezzi di comunicazione, si sviluppa attorno agli anni Trenta la cosiddetta “teoria ipodermica” o “bullet theory”, che spiega come il messaggio dei media trapassi le deboli difese dei destinatari e penetri nella loro mente come un proiettile o come un ago ipodermico [21]. Grazie all’analisi del nuovo fenomeno in ascesa, gli studiosi si concentrano sui nuovi modelli comunicativi, uno di questi è proprio di tipo stimolo - risposta: di fronte agli stimoli forniti dai giornali o dalla radio – media popolari negli anni Trenta – gli individui si adeguano e agiscono seguendo il dettato dei mezzi di comunicazione. Nonostante la novità coinvolgente e la particolare attenzione riguardante gli effetti mediatici, le teorie avanzate all’epoca non sono mai state confermate scientificamente e ciò ha comportato l’impossibilità di parlarne in termini certi ed oltretutto, pur dimostrandone i limiti, le suddette teorie si sono dimostrate alla base di possibili ricerche rivoluzionarie atte soprattutto all’analisi dell’individuo all’interno della massa e di quelle società in cui la televisione risulta essere medium assoluto e straniante destinato ad una fruizione solipsistica.
Media, invece, è il plurale della parola latina medium, che significa “mezzo”, “tramite”, “strumento”; pertanto, possiamo definire etimologicamente i mass media come mezzi di comunicazione di massa [22]. A dotare il termine media di differenti accezioni si aggiungono, a partire dall’ultimo decennio del XX secolo, i new media e, in particolare, internet. Il web rappresenta ad oggi un mass medium: la sua peculiarità è la possibilità di raggruppare un insieme di funzioni, ciascuna riconducibile a mezzi preesistenti. Il web ci consente di entrare in contatto uno ad uno o all’interno di piccoli gruppi, permettendo continui passaggi dal ruolo di destinatario a quello di mittente. Il ruolo preponderante che hanno assunto i media all’interno della società ha avuto importanti ripercussioni sull’agire sociale di ogni individuo. I media sono in grado di influenzare miliardi di persone facendo in modo che la visione del mondo della maggioranza coincida con quella di una ristretta minoranza – assunto di partenza per interpretare il condizionamento mediatico – Questa influenza dell’informazione sulla vita quotidiana è particolarmente chiara nello Stato Moderno, il quale, fondato sulla sovranità popolare, ha nell’opinione pubblica uno dei suoi centri vitali. Poste tali premesse, è possibile affermare come il concetto di media sia poliedrico e multiforme, capace, non solo di infondere sapere, ma anche di sviluppare il senso critico, formare opinioni al fine di elaborare un pensiero influenzando l’agire della collettività. Alla luce della definizione precedente è d’obbligo affermare come il sempre più importante ruolo dei media all’interno della società ha reso questi, caratteristiche essenziali di concetti più ampi, basati su una media logic: la forma generale di comunicazione costruita dai vari media e dai formati da essi utilizzati, con particolare focalizzazione su modalità di presentazione dei contenuti e stile con cui sono presentati. A partire da questo concetto si può comprendere la mediatizzazione, ossia l’insieme dei processi conseguenti all’affermazione di una certa media logic, che, partendo dalle istituzioni mediali, pervade campi e sistemi sociali. [3]
Il Novecento è stato sicuramente, come visto, il secolo dei media, grazie alla nascita dei giornali d’opinione, del cinema, della radio e a metà degli anni Trenta dei primi esperimenti televisivi, periodo in cui la popolazione comincia a considerare la comunicazione fondamentale. Considerando prima l’avvento giornalistico, l’Italia – in quegli anni all’ultimo posto in Europa in quanto a diffusione dei quotidiani – può vantare un primato: tre quotidiani sportivi ad altissima tiratura – quattro fino al 1977, anno della fusione tra “Stadio” e “Corriere dello sport” – La stampa sportiva in Italia – nata nella seconda metà dell’Ottocento – si rivolge inizialmente ai praticanti, le pubblicazioni sono specializzate e non esiste ancora un pubblico genericamente interessato allo sport. Bisogna aspettare il 1896, anno della fusione tra due periodici di argomento ciclistico, per accogliere il più importante giornale sportivo italiano: La Gazzetta dello Sport. Il nuovo periodico si occupa, non solo di riportare le notizie sportive principali, ma anche di organizzare iniziative nel medesimo ambito: “un giornale sportivo non può accontentarsi di riferire le cose che succedono, ma deve far succedere le cose che racconterà”. [23] La vera e propria rivoluzione avviene sicuramente anche dal punto di vista del marketing. La Gazzetta punta ad attirare l’attenzione dei lettori e a mantenerla nel tempo, per fare ciò utilizza la carta colorata per distinguersi dalle testate concorrenti e la sua scelta ricade sul colore rosa, caratterizzando l’identità del periodico che diventa così un marchio di fabbrica – la Gazzetta, infatti, è anche chiamata “la rosea” – Nel corso degli anni subisce l’influenza negativa derivante dagli eventi storici quali la Prima e la Seconda Guerra Mondiale che ne arrestano la crescita, ma nel periodo che va dalla fine del Secondo conflitto mondiale all’inizio del boom economico, si assiste ad una trasformazione contenutistica e stilistica molto marcata: la Terza Pagina dei quotidiani d’opinione, generalmente dedicata a temi letterari, approda anche sulla Gazzetta, che fa dell’argomento principale le discipline sportive quali la pallacanestro o l’atletica leggera. Ad inaugurare questa pagina, fino a quel giorno di approfondimento e riflessione, è Gianni Brera – il giornalista, critico competente e più che semplice osservatore calcistico, è iniziatore di una nuova cultura sportiva, creatore di un nuovo lessico apposito per narrare gli eventi sportivi, soprattutto per quanto riguarda il gioco del calcio – A partire della seconda metà degli anni Sessanta, l’innovazione che il giornalismo deve fronteggiare è la concorrenza televisiva. Le immagini degli eventi sportivi più importanti giungono nelle case degli italiani quasi in tempo reale e il giornale, che per ragioni tecniche è disponibile solo il giorno successivo, rischia di apparire “vecchio” ancora prima di uscire. Quest’ultimo, a seguito della rivoluzione televisiva, opta per nuovi argomenti di pubblicazione, scegliendo di trattare – a fronte di una semplice cronaca più esaustiva e tempestiva – la parola scritta come unica in grado di analizzare cause e conseguenze dei risultati, di commentare gli andamenti, di svelare gli intrighi del calciomercato e di scoprire eventuali retroscena. È così che il giornale si colloca in una logica di rimediazione, affermando la propria specificità nel mantenere e prolungare il dibattito acceso dalle trasmissioni sportive domenicali. Con l’avvento dei programmi televisivi dedicati alla pratica sportiva è sempre più comune come sia lo sport ad adattarsi al medium che al tempo della sua nascita è quello egemone. Importante nello sviluppo della popolarità della pratica sportiva è soprattutto il riscontro mediatico; succede così che alcuni sport siano indissolubilmente legati a certi media e non ad altri e ciò comporti che i cambiamenti del mondo della comunicazione provochino profonde metamorfosi anche in campo sportivo. Nel secolo dei media lo sport è, dunque, più che un’attività praticata in maniera diffusa nel tempo libero; infatti, è anche una fonte di reddito e d’inquadramento professionale per atleti, allenatori, procuratori, giornalisti nonché espressione di uno stile di vita e modello comportamentale fonte di un’ideologia ben radicata frutto di una passione popolare condivisa. Prendendo in considerazione i suddetti aspetti, lo sport e i media costituiscono una lente privilegiata del mutamento sociale e culturale, il cui effetto più vistoso riguarda “la legittimazione pubblica che viene riconosciuta a questo genere di eventi e di soggettività, e in ultima istanza il riscatto dalla loro condizione di marginalità ed impoliticità” [5]. Il mondo sportivo inizia così ad essere riconosciuto e frequentato per motivi diversi rispetto a quelli originari e comincia ad essere rappresentato in una doppia e spesso intrecciata modalità: da una parte, i principali campioni rappresentano sempre più il prototipo della bellezza maschile e sono pertanto descritti come ambite prede sessuali; dall’altra parte, lo sport si serve come registro retorico per raccontare l’impresa eccezionale, l’eroismo, il record. [26] I media non sono solo tecnologie, ma è attraverso i mezzi di comunicazione che è possibile la relazione e l’affinità elettiva tra questi e lo sport. Durante la globalizzazione il ruolo dei media è sfruttato come occasione per sponsorizzare grandi eventi sportivi, mettendo in atto un vero e proprio “circolo virtuoso” in grado di unire sistemi sociali prima separati. Iozzia e Minerva, nel 1986, scrivevano riguardo la relazione tra sport e media paragonandola ad un matrimonio d’interesse.
[...]
14 Def. di Simmel, 1983
Questo brano è tratto dalla tesi:
Le ragazze che fecero l'impresa: il gender gap nel tennis
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Informazioni tesi
Autore: | Melania Malavenda |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2022-23 |
Università: | Università degli Studi di Messina |
Facoltà: | Psicologia |
Corso: | Psicologia |
Relatore: | Antonia Cava |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 53 |
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