L'ingresso della Turchia nell' Unione Europea
Il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali
Una delle principali argomentazioni fatte valere contro l’ammissione della Turchia nell’Unione Europea è fondata sulla considerazione che, nello Stato anatolico, non risulterebbero pienamente tutelati i diritti umani né sarebbero adeguatamente garantite le libertà fondamentali.
Si tratta, in effetti, di temi estremamente delicati in ordine ai quali il Governo di Ankara ha dovuto sforzarsi per allineare la legislazione turca a quella europea.
In proposito, va registrato che la Commissione europea, con rapporto redatto nel 2002, ha riconosciuto i progressi compiuti dallo Stato euro-asiatico, soprattutto in relazione all’intervenuta abolizione della pena di morte, rimasta inizialmente in vigore solo per alcuni reati commessi in periodo di guerra.
Successivamente, la pena di morte è stata abolita completamente in virtù di una serie mirata di emendamenti costituzionali e legislativi: le modifiche apportate alla Costituzione il 7 maggio 2004 hanno cancellato ogni riferimento alla pena di morte in essa presente. Inoltre, con le modifiche di legge approvate il 21 luglio 2004, la pena capitale è stata abolita per tutte le circostanze.
In proposito, è da segnalare che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto che la Turchia avesse violato l’art. 5 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in quanto il 29 giugno 1999 la corte per la sicurezza dello stato di Ankara aveva condannato Ocalan (leader del PKK, partito dei lavoratori del Kurdistan) alla pena capitale, con decisione confermata dalla corte di cassazione il 25 novembre 1999.
Secondo la Corte, anche se la pena di morte era stata commutata nell’ergastolo il 3 ottobre 2002, “permane la violazione quanto alla imposizione della pena di morte quale misura atta a integrare un trattamento inumano sotto il profilo delle conseguenze che sul piano psicologico tale inflizione ha potuto provocare, tanto più che solo dopo tre anni essa è stata commutata con la pena perpetua e ha fatto seguito comunque a un processo che non può essere definito equo se si tiene conto del fatto della mancata assistenza difensiva durante i primi interrogatori e delle gravi limitazioni inferte al diritto di difesa in ordine alla durata e alle modalità dei colloqui con i difensori”.
Tornando al rapporto del 2002, è da dirsi che in esso convinto apprezzamento è stato espresso in merito all’ammissione di lingue diverse dal turco nel settore dei mezzi di comunicazione di massa e dell’insegnamento, essendo stata interpretata tale ammissione come un segnale di apertura verso altre culture e di accantonamento di vecchie forme d’intolleranza verso i popoli stranieri.
Nel successivo rapporto della Commissione europea, redatto nel 2004, si è dato atto al governo di Ankara di aver continuato nel processo di riforme costituzionali e legislative, in armonia con i punti fissati nel partenariato per l’adesione all’UE. Nello stesso tempo si è sottolineato che i provvedimenti legislativi e i relativi strumenti attuativi devono rafforzare le misure in termini di definitivo abbandono di pratiche antidemocratiche, quali la tortura e i maltrattamenti, dovendosi, per altro verso, incoraggiare il processo di maggior tutela verso la libertà di espressione e la tutela dei diritti delle minoranze e delle donne.
Più critico si è appalesato il rapporto annuale sulla “Strategia di allargamento e le principali sfide del 2009-2010” della Commissione europea, nell’ambito del quale è stato messo in evidenza che Ankara è ancora molto indietro rispetto alle sue concorrenti (Croazia, Serbia, Macedonia, Montenegro) nel soddisfare la piena realizzazione dello stato di diritto e il pieno rispetto dei diritti umani.
Nel medesimo rapporto, si è sottolineata la necessità di rafforzare l’indipendenza dei mass-media rispetto alle pressioni politiche, anche attraverso il riconoscimento di maggiori tutele ai giornalisti contro il rischio di minacce ed aggressioni fisiche. Infatti, i progressi realizzati nel rispetto delle minoranze etniche e religiose, (come nei confronti della minoranza curda) si sono arrestati al mero impegno a non attuare comportamenti discriminatori o lesivi dei loro diritti senza tradursi nell’auspicata adozione di forme di tutela giuridicamente riconosciute, in assenza delle quali il progetto di europeizzazione non può certo dirsi ultimato.
In proposito, è stato osservato (con argomentazioni recepite da diverse associazioni umanitarie) come la salvaguardia dei diritti umani e civili in Turchia sia ancora assestata su livelli inadeguati, e come siano tuttora irrisolte le questioni del coinvolgimento turco a Cipro e della minoranza curda, repressa non soltanto sul piano militare, ma anche su quello economico-finanziario, oltre che in ambito più strettamente sociale e culturale.
Questo brano è tratto dalla tesi:
L'ingresso della Turchia nell' Unione Europea
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Informazioni tesi
Autore: | Vincenzo Capretto |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi della Tuscia |
Facoltà: | INTERFACOLTA' |
Corso: | SCIENZE ORGANIZZATIVE E GESTIONALI |
Relatore: | Walter Amorosini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 58 |
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