La disabilità adulta: dopo di noi, insieme a noi
Il problema della disabilità in età adulta
Il problema di affrontare la disabilità si sposta poi all’età adulta, quando le possibilità sono infinitamente più ridotte, e la famiglia torna ad essere, e non sempre per sua scelta, il soggetto che si fa carico dei suoi membri più fragili. Si innesca così una spirale negativa in cui i genitori, o i fratelli, sempre più stanchi e talvolta scoraggiati, vedono con preoccupazione crescente un domani in cui nessuno si prenderà amorevolmente cura dei loro cari.
Le famiglie sanno che, bene o male, i servizi pubblici si faranno carico del disabile, ma ciò che temono è che ci si limiti a garantire una sopravvivenza e non una vita, cancellando anni di un percorso tutto inteso a promuovere la realizzazione della persona e le sue possibilità di un’esistenza dignitosa. Prima ancora di volgere lo sguardo alle alternative provenienti dall’esterno la famiglia si interroga sulla possibilità di mantenere il disabile all’interno delle relazioni familiari primarie; pensando di provvedere loro stessi alla cura oppure delegandola ai fratelli e sorelle e ai parenti prossimi.
Capita di rado che questo accada e i genitori, volenti o nolenti, iniziano a spostarsi da una struttura residenziale all’altra, con la speranza di trovare in breve tempo quella più adatta a divenire la “casa” del proprio figlio. Ciascuna famiglia nella scelta è guidata da un personale metro di giudizio, le quali possono essere la valutazione della struttura, le prime impressioni lasciate dal personale, il costo economico, le garanzie che offre ciascuna Carta dei Servizi, i giudizi e gli apprezzamenti da parte della comunità e da parte degli altri utenti della medesima struttura.
La scelta finale si sa per certo che sarà determinante e difficile, ma è a questo punto che devono scendere in campo altri soggetti in aiuto alla famiglia.
Il Comune in primis, interlocutore essenziale e concreto, primo soggetto a disposizione del cittadino nell’ottica della sussidiarietà verticale, seguito dalla Provincia, dalla Regione e dallo Stato, il terzo settore e le ASL. Il distacco, se mediato e graduale, risulta, così, essere meno faticoso e drammatico.
L’attenzione dei servizi socio-sanitari al tema dei disabili adulti è certamente cresciuta negli ultimi anni, sulla base di un’evoluzione del bisogno che è di fatto sotto gli occhi di tutti gli operatori del settore, pubblici, privati e di privato-sociale.
Ciò che però appare ancora difficile è l’avvio di una progettazione innovativa e puntuale sul tema del «dopo di noi», cioè sul modo in cui potersi far carico del disabile adulto una volta che viene a mancare la famiglia di origine nel suo ruolo di care giver (dispensatrice di cure) di riferimento. Due termini chiave sembrano dunque essere problematici: innovativa e puntuale. Con la prima ci si riferisce a valide alternative all’unica soluzione prevedibile fino a pochi anni fa: la residenzialità in strutture di grandi dimensioni e concentrazione di utenti.
Questo brano è tratto dalla tesi:
La disabilità adulta: dopo di noi, insieme a noi
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Informazioni tesi
Autore: | Cristina Negroni |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi di Bergamo |
Facoltà: | Scienze della Formazione |
Corso: | Scienze dell'educazione e della formazione |
Relatore: | Roberto Medeghini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 67 |
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