Aspetti morfosintattici dell'italiano L2 di madrelingua romanès
Il popolo rom: tra nomadismo e migrazione indotta
Le migrazioni dei popoli zingari non hanno caratteristiche completamente uniformabili ai contesti migratori standard. Il fenomeno va analizzato da punti di vista differenti: se, da un lato, parliamo di un popolo storicamente nomade -quindi incline agli spostamenti e poco avvezzo a mettere radici -dall’altro non si può negare che esistano numerosi gruppi stanziati da secoli in diverse zone dell’Europa e del mondo i quali, solo a seguito di sconvolgimenti politici o persecuzioni razziali, sono stati costretti ad espatriare verso condizioni di vita migliori, al pari degli altri migranti.
Pertanto, per meglio apprezzarne le specificità, è d’obbligo dare una descrizione dettagliata delle origini, degli spostamenti e degli aspetti culturali che caratterizzano questo popolo, disperso per il mondo da un «diaspora millenaria» (Piasere 2004).
Le origini e la lingua
La provenienza geografica del popolo rom fu attestata per la prima volta nel XVIII secolo, quando il linguista tedesco Carl Christoph Rüdiger - avvalendosi di un metodo di ricerca comparativo e dell’aiuto di un madrelingua - confermò le ipotesi sull’origine indiana della lingua romanì (Spinelli 2016: 34). Questa teoria venne ulteriormente avvalorata dal tedesco Heinrich Moritz Gottilieb Grellman che aggiunse all’analisi linguistica la descrizione degli usi e costumi e l’indagine storica. La scoperta permise di superare la convinzione che il romanès fosse un gergo, una lingua furbesca, svelando al contempo l’appartenenza e l’unità di un popolo già da secoli disperso per il mondo.
La parola rom deriva da Ḍom e a sua volta dal vocabolo sanscrito Ḍomba (Spinelli 2016: 35). Come afferma Arlati, ‹‹il loro nome era propriamente Dom, cioè ‘uomini’ (radice indoeuropea *ghdom, da cui derivano i termini lat. homo ‘uomo’ e humus ‘terra’, il gr. Χϑών ‘terra’, il skr. kshas ‘terra’)›› (2012: 64). Oggi, in Europa, con la parola rom si tendono a designare i gruppi di recente immigrazione, mentre gli zingari radicati storicamente sui territori prendono nomi diversi: in Francia sono i Manuches, in Spagna i Kalè, mentre nei paesi germanofoni, dell’ex Jugoslavia e in Italia settentrionale si chiamano Sinti.
In Italia, inoltre, si è soliti distinguere i Sinti dai Rom delle regioni centro-meridionali - in particolare calabresi e abruzzesi - d’immigrazione risalente al XIV secolo (De Foletier 2003; Di Giovanni 2015). Secondo la leggenda, la loro peregrinazione ebbe inizio sotto la dominazione del re persiano Bahram GŪr, nel V sec., che li bandì per sempre dalla Persia, nella quale erano stati in precedenza accolti come menestrelli dall’India. In realtà, è probabile che furono costretti a emigrare a causa delle invasioni degli Unni Eftaliti. Dal V al XV sec., i Dom attraversarono la Persia, l’Armenia e il Caucaso orientale, per poi varcare le soglie della Grecia, dove vi sostarono fino al tracollo dell’Impero romano d’Oriente. Da qui ebbe inizio la diaspora di questo popolo che si disgregò in piccoli gruppi, e anche quella lingua -nutritasi per secoli delle influenze delle loro peregrinazioni -perse la sua unità.
I Rom dell’area balcanica si distaccarono per primi dal gruppo principale, rifugiandosi nei principati danubiani, dove la maggior parte di loro fu ridotta in schiavitù. Questo evento portò alla creazione di due ceppi etnico-linguistici, i Rom-Vlax ei Rom-non Vlax. Col tempo, il primo gruppo subì una nuova divisione: I Vlax Transfughi, che riuscirono a fuggire dalla schiavitù danubiana (tra il XVII-XVIII sec.), distinti successivamente in Gurbeti (meridionali) e Khorakhanè; I Vlax schiavi che rimasero assoggettati fino al 1855-56. Tra questi ultimi, alcuni di loro emigrarono subito dopo la liberazione (Dissikane, Settentrionali, Karavlasi), mentre altri vi restarono fino ai tempi recenti, dopo la caduta del regime di Ceausescu, nel 1989 (Rom rumeni).
I non-Vlax si suddivisero in due grandi insiemi: coloro che restarono sotto la dominazione dei turchi ottomani (balcanici meridionali-settentrionali) ei Rom che fuggirono nelle varie parti dell’Europa occidentale (europei occidentali, carpatico-danubiani, italici centro-meridionali). I Rom non-Vlax si differenziano linguisticamente sia al loro interno, sia rispetto ai Vlax che invece, da questo punto di vista, restano omogenei. La lingua dei non-Vlax si è parcellizzata in tante parlate quanti sono i gruppi che li compongono. La motivazione del loro continuo peregrinare va ricercata non solo nella cultura intrinsecamente nomade di questo popolo ma anche dalla poca ospitalità con cui venivano accolti, tanto che nella maggior parte degli Stati vi fu un proliferare di leggi contro questi stranieri «considerati come pericolosi, inutili e non assimilabili. Una legislazione motivata da lamentele e da denunce, da cui le autorità venivano assillate» (De Foletier 2003: 69). Viaggiatori emarginati e dispersi conservavano nel loro bagaglio culturale le origini, i mestieri e la lingua.
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Il romanès deriva, nello specifico, dalle lingue parkite dell’India del Nord ma gli studi linguistici hanno evidenziato quanto sia ricco di influenze persiane, curde e greche che testimonierebbero il percorso degli zingari dal subcontinente indiano all’Europa, tra l’VIII e il XII secolo. È bene precisare, però, che non tutte le comunità identificate come zingare parlano la lingua neo-indiana. Molte di esse hanno idiomi di derivazione locale «anche con piccole percentuali di termini romanes e di altre lingue minoritarie della zona in cui vivono (Piasere 2004: 17). In questi casi, l’identificazione col gruppo etnico avviene per stigma o meglio «per il loro nomadismo e per il loro status di paria » (Piasere 2004: 17). La lingua romanì ha avuto per secoli una tradizione prettamente orale e solo nel 1835 ne fu data una prima descrizione grammaticale con la pubblicazione di Ueber die Sprache der Zigeuner: eine grammatische Schizze (La lingua degli Zingari: uno schizzo grammaticale) da parte di Alfred Graffunder, allora funzionario tedesco della pubblica istruzione (Arlati 2012: 60).
Dagli anni ’60 del ‘900, lo stesso popolo ha iniziato a esprimere il forte desiderio di rivendicare la propria identità culturale e linguistica. Infatti, nel 1971, a Londra si è tenuto il primo Congresso Internazionale del popolo Rom che portò alla costituzione della Romanì Union, la prima associazione mondiale dei Rom riconosciuta dall’ONU nel 1979 (www.romaidentity.org). Inoltre, proprio in questo periodo fiorirono le opere di letteratura, le riviste e le opere didattiche in lingua romanì (Arlati 2012: 61). Bisogna puntualizzare, però, che le comunità rom sparse nel mondo non si affidano a un unico standard ma a circa sessanta dialetti e sottodialetti che risentono dell’influsso linguistico dei paesi ospiti (Tosi 1995: 219).
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Informazioni tesi
Autore: | Sabrina Di Bernardini |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2017-18 |
Università: | Università degli Studi di Napoli - Federico II |
Facoltà: | Dipartimento Studi Umanistici |
Corso: | Filologia Moderna |
Relatore: | Rosanna Sornicola |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 135 |
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