I principi di redazione dei piani di risanamento
Il piano di risanamento nei diversi istituti
La risoluzione della crisi d’impresa necessita di strumenti che siano in grado di formalizzare la strategia di risanamento auspicata dal management. Su questo il legislatore ha ideato una serie di istituti più o meno invasivi che garantiscano la conservazione e il risanamento dell’impresa. Trattasi delle fattispecie quali, piano di risanamento attestato, accordi di ristrutturazione dei debiti e concordato preventivo in continuità. In questi casi l’imprenditore è chiamato ad allestire un piano di risanamento in grado di comprovare la sostenibilità finanziaria degli accordi raggiunti tracciando e simulando il percorso di sviluppo, tenendo conto ai fini temporali, della situazione in cui versa l’impresa. L’importanza del documento si evince sia dal punto di vista strettamente gestorio al fine di pianificare la propria attività d’impresa, ma soprattutto ampia rilevanza è stata riservata dalla legge fallimentare, la quale ha intravisto nello stesso uno strumento operativo da utilizzare nell’ambito di molti degli istituti previsti.
In linea generale volendo proporre un raffronto tra i diversi piani, evidenziandone i tratti similari e differenziali, occorre innanzi tutto delineare due macroaree:
- i piani di risanamento finalizzati a riportare l’azienda in bonis su cui questo lavoro si concentra
- i piani di liquidazione che prevedono lo smembramento del patrimonio aziendale al fine del soddisfacimento dei creditori con conseguente eliminazione dal mercato del soggetto insolvente
Ulteriore elemento di differenziazione, meritevole di attenzione, attiene agli effetti dei differenti piani nei confronti dei terzi. Se da un lato il concordato preventivo e l’accordo di ristrutturazione dei debiti sono idonei a produrre effetti dal momento in cui la proposta è accettata dai creditori ed omologata dal tribunale competente, dall’altro il piano di risanamento produce effetti al pari di ogni altro
piano programmatico interno all’impresa ai sensi dell’art 2381 c.c. (piani strategici, industriali e finanziari).
Vista la complessità e la necessità di coordinamento tra i diversi soggetti che partecipano in base alle loro competenze alla redazione del piano, risulta quanto mai utile, l’individuazione di un Advisor, che “che tenga le redini delle trattative e sia propulsore dell’operazione di risanamento”. Generalmente tale ruolo richiede specifiche competenze in grado di assolvere idoneamente ai relativi compiti quali: i) la fase di analisi e studio delle strategie e soluzioni da intraprendere, ii) la predisposizione del piano/programma, iii) la negoziazione, fungendo da mediatore tra valutazioni alternative da parte di soggetti differenti, con interessi differenti.
Quest’ultima funzione rappresenta il perno centrale affinché il piano possa essere vincente, in quanto potrebbe accadere che lo stesso sia redatto secondo criteri di razionalità economica e sostenibile ma che non sia compatibile con le richieste avanzate dagli altri soggetti. Soprattutto, con riferimento al piano attestato all’imprenditore non è rimesso niente di più che l’elaborazione di una bozza, la quale muterà in base alle richieste avanzate dai creditori e ai sacrifici che gli stessi saranno disposti ad accettare. Il piano oltre a fondarsi sulla scienza aziendalista, gode di rilevanza giuridica, sempre più meritevole al crescere della complessità dello strumento prescelto. Se negli istituti stragiudiziali il piano consente di riordinare gli accordi raggiunti tra debitore e creditore, in ipotesi giudiziali, rappresenta la “base” economica sulla quale poggerà la proposta del debitore. I piani dunque, seppur accumunati dalla razionalità delle motivazioni, e dall’esigenza di ristabilire gli equilibri gestionali perduti, necessiteranno di adattamenti ed integrazioni a seconda dello strumento utilizzato. Un aspetto peculiare per esempio nel concordato preventivo è rappresentato dalla necessaria idoneità del piano a produrre risultati positivi già nella fase iniziale al fine di persuadere gli organi della procedura sulla bontà dello stesso. In questo senso una focalizzazione sulla dinamica aziendale di breve termine consentirà sicuramente di fornire giustificazioni e proiezioni convincenti.
Dal punto di vista strettamente teorico, a parere di chi scrive l’unico istituto in grado di garantire ampia autonomia al debitore, sfruttando al meglio le nozioni della scienza aziendalistica, è da considerarsi il piano attestato. L’ultima riforma promulgata dal legislatore sembra aver lanciato solo un invito al cambiamento, non avendo concretamente apportato sostanziali modifiche nell’utilizzo di tale istituto, contraddicendo, seppur in parte l’obiettivo nobile originario, ovvero consentire all’imprenditore di risanare la propria impresa fin dagli albori. Tale obiettivo se non accompagnato da incentivi, primi fra tutti quelli fiscali, rischia di non innescare quel cambio culturale che sulla carta sembra essere presente.
Questo brano è tratto dalla tesi:
I principi di redazione dei piani di risanamento
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Informazioni tesi
Autore: | Lorenzo Lecciso |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2018-19 |
Università: | Università degli Studi di Lecce |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Economia aziendale |
Relatore: | Alberto Dell'Atti |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 86 |
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