«Credere di Credere» di G. Vattimo e «Pensieri sul cristianesimo» di E. Severino: Confronto con il cristianesimo?
Il pensiero di Leopardi
Severino si accosta al pensiero di Leopardi, in quanto esso è la forma più completa del distacco dalla tradizione occidentale e, quindi, l’espressione meglio riuscita del nichilismo contemporaneo. Il pensiero di Leopardi appartiene essenzialmente all’ambito della filosofia, perché il suo significato essenziale è «la forza inarrestabile con cui esso rifiuta la tradizione occidentale: la forza concettuale, la consistenza del fondamento che sorregge tale rifiuto» (p. 256). La poesia di Leopardi nel momento in cui svela il legame tra felicità e illusione tipico dell’esistenza umana diventa pensiero filosofico. È necessario, secondo Severino, capire se il fondamento del rifiuto della tradizione occidentale consista in un atto di volontà, di scelta oppure esso «è più profondo anche del modo in cui “il fondamento” è stato inteso dalla ragione tradizionale”» (p. 257). Tutto il pensiero filosofico di Leopardi ha come punto focale l’idea secondo la quale il processo di “spiritualizzazione”, che è il centro dello sviluppo della società occidentale, «corrompe e distrugge la condizione naturale dell’uomo» (p. 259), perché con essa emerge la “verità” delle cose: esse «spuntano provvisoriamente “in mezzo al nulla” e quindi sono un nulla, non hanno quella consistenza e quel fondamento che ad esse sono assegnati nella prima fase dello stesso processo di spiritualizzazione dell’Occidente» (p. 259). Leopardi sostiene, dunque, che la ragione rende l’uomo infelice, perché conduce alla verità, che consiste nella nullità di tutte le cose. L’unico modo per sopravvivere e sfuggire all’angoscia del divenire è non soffermarsi sulla verità della ragione. È necessario una dimenticanza, un allontanamento contrario alla ragione e che consiste nell’illusione. L’unico rimedio possibile alla nullità delle cose è l’illusione. «In Leopardi la nullità delle cose – il loro ritornare nel nulla da cui provengono – non è l’opinione di un letterato: è la conseguenza del rifiuto di ogni eterno e di ogni Immutabile» (p. 259). Nel nichilismo occidentale è inevitabile giungere alla negazione di un qualcosa di infinito e di eterno che possa essere di consolazione per l’esistenza. Per questo Leopardi vede nel cristianesimo la presenza inevitabile e tremenda del nulla: «per Leopardi il “cristianesimo… ha solennemente dichiarata e stabilita, e per così dire attivata, la massima della certa infelicità e nullità della vita umana” (Zibaldone, 105)» (p. 261). Il poeta ritrova nella religione cristiana la presenza inevitabile del nulla e per la prima volta rinviene ciò che della storia la tradizione del pensiero occidentale aveva occultato.
Conseguentemente, nel confronto tra la concezione della vita di Leopardi e di Kierkegaard, Severino opta per il primo: «Il nulla di Kierkegaard è ancora la nullità cristiana delle cose di questo mondo rispetto al Dio creatore. Leopardi guarda più lontano; nel senso che mostra come non si debba guardare lontano, verso Dio, non ci si debba illudere, perché “il principio delle cose e di Dio stesso, è il nulla”» (pp. 262-263).
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Informazioni tesi
Autore: | Elena Ziletti |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia |
Facoltà: | Istituto Superiore di Scienze Religiose |
Corso: | Scienze Religiose |
Relatore: | Raffaele Maiolini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 64 |
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