Il 1799 nell'area del Vulture-melfese. Istituzioni e Ceti dirigenti

La condizione dell’area, alla vigilia della rivoluzione, era, come detto, piuttosto complessa. Si erano verificate rivolte di varia intensità, favorite dalla debolezza del potere baronale, che subiva una forte pressione da parte della monarchia, come le richieste finanziarie che venivano a pesare sulle rendite decrescenti.
Si era, dunque, diffuso uno stato di vera e propria “anarchia”, con l’ordine pubblico non garantito dalle esigue e disorganizzate forze regie presenti nelle province, né dagli armigeri baronali. Il rifiuto di sostenere e migliorare le forze pubbliche si accompagnava, almeno nello stato di Melfi, ad una vera e netta scelta politica dei Doria, volti a non inimicarsi le popolazioni ed i gruppi dominanti locali.

In questo contesto, ben si comprende come l’“esperimento” repubblicano giungesse a scardinare definitivamente i vecchi sistemi di potere, “spogliando” i locali feudatari «del dritto di esiger terraggi»: le Municipalità repubblicane riuscirono, in molti casi, a mantenere l’ordine pubblico e, nello stesso tempo, a venire incontro alle esigenze popolari sottraendo ingenti quantità di grano dai magazzini baronali, pagando, con i ricavi delle vendite, le Guardie Civiche per mantenere l’ordine pubblico.

È il caso di Ruvo del Monte, centro nel quale, nel corso del pentamestre rivoluzionario, i contrasti per la terra generarono ben presto una situazione di notevole instabilità sociale, nonostante la costituzione di una Guardia Repubblicana. Il piccolo centro vulturino fu teatro di violente sollevazioni, sostenute dai fedeli del principe di Torella, con una sistematica politica di saccheggio delle abitazioni delle famiglie possidenti.
Con poche eccezioni, il Vulture-Melfese, comunque, a differenza dell’area del Potentino, che registrò costituzioni spontanee di Municipalità, aderì alla Repubblica essenzialmente attraverso Municipalità repubblicane “dovute” o “di facciata”.