Martin Scorsese e la critica italiana: la morale e l'iconografia cattolica

Moralità, sembra urlare Paul Hackett, protagonista di un prodotto cinematografico che Vito Zagarrio definì alla sua uscita come un “piccolo miracolo scorsesiano” e verso il quale il plauso della critica è stato unanime nell’elogiarne la freschezza del ritmo, la vivacità narrativa e il pluralismo di significati che se ne può trarre. Uomo gentile e dall’animo puro, bisognoso di uscire da un contesto sociale, ovverosia il mondo reale, dominato da sguardi e riti che appannano l’esistenza e l’individualità, Paul risente di questa oppressione esistenziale a tal punto da essere costretto a trovare consolazione in una dimensione emotiva e mentale in cui è indispensabile la pura immaginazione.

Attraverso una prima lettura di tipo psicoanalitico della dimensione onirica che permea il film è possibile, così, che risultino accettabili e verosimili nel loro furore espressionistico, le molteplici vicissitudini vissute, suo malgrado, dal protagonista nel regime notturno della iperrealista Soho, delineata dal regista nei suoi aspetti degradanti, con evidenti toni polemici verso la rottura dei limiti della moralità da parte di certe tendenze eccentriche che nel quartiere degli artisti si affermano rispetto alla purezza di cui si fa portatore Paul.
Roberto Vaccino legge in Fuori Orario “un riflesso dell’inconscio per cui Paul non farebbe che camminare dentro il suo stesso psichismo, come in un sogno, e nel corso di un tale periplo notturno vedrebbe materializzati i suoi propri fantasmi”.

Il motivo del doppio è ricorrente nei film di Scorsese, collegato al motivo della lotta contro se stesso, contro la zona oscura del nostro essere. Da questo punto di vista, eroe solitario come Travis Bickle e Jake La Motta, Paul, attraversato da una medesima inquietudine esistenziale, proietterebbe la propria istintualità repressa e sconterebbe, come loro, i suoi peccati per le strade.136
Programmatore di computer abituato ad un universo in cui non esiste imprevisto, in cui tutto è ordinato secondo un preciso programma, il protagonista non può, non riesce a vivere la vita vera che è colpo di scena, casualità, stranezza.
Come dirà alla fine, lui vuole "vivere, solo vivere".