La specificità della memoria autobiografica: uno studio su soggetti tossicodipendenti
Il modello di Conway e Pleydell-Pearce
Uno dei modelli che è maggiormente rappresentativo e comprensivo degli elementi caratteristici della memoria autobiografica è il modello elaborato da Conway e Pleydell-Pearce (Self-Memory System, SMS, 2000), in cui i ricordi autobiografici sono descritti come delle costruzioni mentali dinamiche e transitorie, che si intrecciano con le conoscenze semantiche che il soggetto ha di sé e con il suo sistema motivazionale.
All'interno del modello si sostiene l'esistenza di una stretta relazione tra il sé e la memoria autobiografica, e questa relazione era già stata osservata da autori come Brewer (1986), per il quale la natura dei ricordi autobiografici riferiti al sé rappresenta una caratteristica che li distingue da altri tipi di informazioni a lungo termine, e da Robinson (1986) che considera i ricordi autobiografici delle risorse utilizzate per sostenere o modificare gli aspetti del sé. Secondo il punto di vista dei due autori la memoria autobiografica e il sé sono strettamente connessi
tant'è che la memoria autobiografica può essere considerata parte del sé (Conway e Tacchi, 1996; Howe e Courage, 1997; Robinson, 1986) e, in particolare gli obiettivi del sé svolgono la funzione di controllare e modulare la costruzione dei ricordi. La memoria autobiografica assume un ruolo importante nel guidare l'individuo nel raggiungimento dei propri scopi e ha il compito di mantenere una corrispondenza adattiva con l'ambiente e una coerenza del sé (sviluppando una rappresentazione significativa di sé e della propria storia di vita che sia coerente con i propri obiettivi e valori).
All'interno del modello un elemento che assume grande importanza è il working self . La definizione di working self si ispira alla descrizione della memoria di lavoro di Baddeley e Hitch (1974) e, soprattutto, al funzionamento del sistema esecutivo centrale della memoria di lavoro, che coordina e organizza la funzionalità delle altre strutture (Baddeley, 1986; Burgess e Shallice, 1996; Moscovitch, 1992; Shallice, 1988). Il working self si compone di un insieme gerarchico di scopi (goals), che traducono e strutturano le rappresentazioni cognitive delle proprie esperienze personali in ricordi autobiografici, valutando e regolando la discrepanza tra una rappresentazione ideale della realtà e una più veritiera e coerente, ma non contraddittoria. Il working self si occupa, quindi, di costruire modelli mentali nuovi e coerenti di conoscenza (Craik, 1943; Johnson-Laird, 1983), selezionando le tracce mentali, che saranno immagazzinate come conoscenze autobiografiche solo se in linea con il sistema di rappresentazioni di sé del soggetto. Nel suo ruolo di supervisione, il working self svolge due funzioni fondamentali: da un lato, permette di riordinare, aggiornare e ridefinire i modelli mentali del soggetto in base alle sue conoscenze autobiografiche pre-esistenti;
dall'altro, riorganizza e trasforma i nuovi contenuti autobiografici in relazione alla loro conformità con i modelli mentali già strutturati. In questo senso, il working self si occupa sia dell'immagazzinamento delle conoscenze autobiografiche e sia del recupero dei ricordi.
Un altro elemento centrale all'interno del modello sono le informazioni autobiografiche di base (autobiographical memory knowledge base) organizzate gerarchicamente in tre livelli di specificità. Ad un primo livello, il più astratto, si collocano i periodi di vita (life time period), ampie unità di tempo misurate in anni o decadi associate a un tema prevalente (ad esempio, l'infanzia, la relazione con la madre). Il livello intermedio comprende, invece, gli eventi generali (general events), ovvero eventi temporalmente limitati della durata di mesi, settimane o giorni, che possono essere ripetuti ("guidare tutte le mattine per andare a lavoro"), o rappresentare singoli eventi ("la mia vacanza in Sardegna"). I ricordi collocabili a questo livello hanno una forma relativamente astratta, e rappresentano un insieme concettuale di esperienze. Si tratta di conoscenze autobiografiche più specifiche dei periodi di vita e allo stesso tempo più eterogenee, che in precedenza Robinson (1986) aveva definito "mini-storie". Infine, gli eventi specifici (Event-Specific Knowledge, ESK) presenti nell'ultimo livello della gerarchia, si riferiscono ad eventi della durata di secondi, minuti od ore, cioè di episodi che assumono qualità uniche, specifiche e dettagliate. Quest'ultimi, a differenza dei primi due livelli, sono caratterizzati soprattutto da aspetti sensoriali e percettivi di un preciso evento, includendo di solito immagini visive. Ogni livello della struttura gerarchica della conoscenza autobiografica ha una specifica funzione nell'organizzazione coerente della memoria. Il livello intermedio della gerarchia,
ad esempio, rappresenta l'ossatura della memoria in quanto, pur non comunicando aspetti rilevanti della nostra autobiografia, organizza le conoscenze generiche e specifiche favorendone il recupero.
In riferimento alle modalità di ricerca che consentono il recupero dei ricordi autobiografici, Conway e Pleydell-Pearce (2000) individuano due processi differenti: un recupero generativo, costruttivo (generative retrieval) e una forma di recupero spontaneo, diretto (direct retrival). Il recupero costruttivo è un tipo di ricerca top-down, che coinvolge le rappresentazioni verbali, astratte, corrispondenti a ciò che Norman e Borrow (1979) definiscono descrittori intermedi (intermediate descriptions). La prima fase di questo tipo di recupero coinvolge la specificazione e l'elaborazione di stimoli mnemonoci (utilizzando associazioni verbali) che andranno a costituire la base per attivare la ricerca in memoria. In questa fase vengono anche stabiliti i criteri per valutare il grado di specificità del recupero. Una volta che questi criteri sono stati stabiliti, i periodi di vita o il livello degli eventi generali sono rapidamente attivati anche se, generalmente, è il livello degli eventi generali che rappresenta il punto da cui avviare la ricerca in memoria per poi giungere agli eventi specifici. Nel recupero costruttivo i processi esecutivi hanno il ruolo di supervisionare e valutare il grado di accordo tra le informazioni attivate e i criteri di ricerca prestabiliti, inibendo le informazioni irrilevanti per consentire il passaggio dai ricordi estesi al ricordo specifico.
Il recupero diretto, invece, è un processo bottom-up, corrisponde ad un richiamo spontaneo dell'evento e si verifica quando uno stimolo ambientale o interno produce un'immediata attivazione degli eventi specifici. Questa modalità di
recupero è molto più rapida e necessita di un limitato numero di risorse cognitive rispetto al recupero costruttivo. Inoltre, in accordo con il modello di Conway e Pleydell-Pearce (2000), Bernsten (1998) ha dimostrato che i ricordi che vengono recuperati in maniera spontanea sono più specifici e meno ripetitivi di quelli recuperati in maniera costruttiva, in risposta a parole-stimolo.
Il modello di Conway e Pleydell-Pearce (2000) è probabilmente, uno dei modelli che meglio di altri consente una visione ampia e multi sfaccettata della memoria autobiografica e delle sue principali componenti, mettendo maggiormente in risalto la stretta connessione tra il sé e la memoria autobiografica, illustrando come sono organizzate le informazioni autobiografiche di base e le modalità attraverso cui poterle recuperare. Tale modello, inoltre, è particolarmente utile per spiegare e comprendere un particolare fenomeno della memoria autobiografica che sarà oggetto di trattazione del secondo capitolo, ossia l'ipergeneralità dei ricordi autobiografici.
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La specificità della memoria autobiografica: uno studio su soggetti tossicodipendenti
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Informazioni tesi
Autore: | Concetta Maffione |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi di Bari |
Facoltà: | Scienze della Formazione |
Corso: | Psicologia |
Relatore: | Guglielmo Bellelli |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 253 |
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