Capitolium. Indagine archeologica e storico-letteraria del tempio di Giove Ottimo Massimo a Roma
Il modello del Capitolium nell’impero attraverso i secoli
Il Capitolium a Roma non è l’unico caso di un tempio dedicato alla Triade capitolina nell’impero, ma ne esistevano molti altri che imitavano il modello urbano. Lo stesso Vitruvio ci fa capire quanto fosse diffusa l’idea dei Capitolia nelle città romane quando dice che quel genere di tempio si trovava di solito in un luogo sopraelevato, da dove si potesse vedere buona parte della città, sul modello del tempio di Giove Ottimo Massimo a Roma (Vitr3). A lungo si è pensato che fossero uno standard per le città romane, soprattutto le colonie, Capitolia con cella tripartita su un alto podio, sopraelevati e in asse con il foro locale; oggi questa idea è stata messa parzialmente in discussione337.
L’origine di questa concezione ha le radici nel Settecento, nel Glossarium Mediae et Infimae Latinitatis di Charles du Fresne Du Cange, che riporta una lista di Capitolia citati nelle fonti medievali e fraintende un passo di Gellio in cui si dice che le colonie erano quasi effigies parva338 della capitale: questa interpretazione ha fatto pensare che le colonie fossero repliche fisiche, non istituzionali e giuridiche di Roma. Du Cange notò anche che il termine “Capitolium” avesse subito un’estensione di significato nell’Altro Medioevo, potendo indicare anche un tempio in generale o addirittura una cittadella o una fortezza, cosa che rende difficile anche utilizzare fonti postantiche nell’indagine dei Capitolia. Il termine sarebbe diventato un sinonimo di “tempio” in contrapposizione alla cristianità e alle chiese e perciò non è necessario pensare che un Capitolium fosse presente in ogni città dell’impero, potendo esser ospitati i culti in altri templi di Giove o di altre divinità339.
Ancora nel 1941 Michelangelo Cagiano de Azevedo, cercando di aggiornare i lavori di Johann Wilhelm Joseph Braun, Oscarus Kuhfeldt e Auguste Castan, redasse una lista di Capitolia fino a circa 130 esemplari sparsi per l’impero, identificati sulla base di elementi ben poco convincenti, come la presenza di un alto podio o di una tripla cella340. I suoi studi contribuirono quindi a rafforzare l’idea che i Capitolia fossero molto diffusi nella parte occidentale dell’impero e soprattutto nelle colonie.
Nel 1950 già Ugo Bianchi aveva molto limitato la lista dei Capitolia provinciali, notando anche che i più antichi erano del II secolo a.C. e che solitamente appartenevano al contesto coloniale, ma che solo più tardi avevano cominciato ad esser presenti in città di vario status, vicine alla situazione culturale e istituzionale di Roma, per lo più in area africana. Per Bianchi quello capitolino era un vero e proprio culto nazionale del popolo romano. Sulla stessa linea di Bianchi si pose Ian Barton, che introdusse alcune novità, pur continuando ad esser riluttante sull’esclusione della triplice cella come elemento fondamentale di un Capitolium. Un altro pregiudizio a lungo non superato è stato quello secondo il quale i Capitolia dovessero necessariamente affacciarsi sui fori locali, ancora presente negli studi di Malcolm Todd, Pierre Gros e Élisabeth Blutstein-Latrémolièr alla fine del Novecento341. Questa convinzione derivava dal passo di Vitruvio (Vitr3) e dall’idea che i vari Capitolia fossero una riproduzione in piccolo del tempio romano.
Queste idee sono state straordinariamente resistenti nel tempo, nonostante si sia arrivati a dimostrare che non ci fosse nessuna correlazione tra la forma del Capitolium e lo status coloniale delle città. Diversi studiosi infatti pensavano che il culto della Triade capitolina si fosse diffuso nei municipia proprio per reclamare uno “statuto romano”. William Van Andringa notò in particolare questo fenomeno per le città africane, che dal II secolo d.C. cominciarono a passare alla forma del municipio o della colonia342. Jules Toutain fu uno dei primi a non riconoscere un legame tra la presenza di Capitolia e lo status cittadino, come testimoniano i casi di Cosa, Minturnae, Ostia o Luna; addirittura, a Cuicul, in Algeria, il Capitolium è molto più tardo del processo di deduzione coloniale343.
In realtà i Capitolia sono una rarità in Occidente, soprattutto in Italia, tranne che nelle province africane, e spesso non corrispondono alle aspettative a lungo avute dagli studiosi, cioè di templi con triplice cella posti in alto e affacciati sul foro locale. Naturalmente la dedica alla Triade è un elemento fondamentale, perché esistevano anche templi dedicati solo a Giove Ottimo Massimo o a Giunone Regina o a Minerva Augusta344.
La grande varietà di forme riscontrate ci permette di dire che non fosse necessario che i Capitolia riproponessero la stessa conformazione del tempio capitolino e lo stesso Barton riconobbe che spesso, ma non sempre, in questi templi si trovava una triplice cella, che non era certo un’esclusiva del Capitolium, essendo caratteristica tipica del tempio tuscanico e di molti templi dell’Italia centrale in età repubblicana345. La collocazione elevata e affacciata sul foro deriva invece certamente dall’imitazione della posizione a Roma e dal passo vitruviano (Vitr3), in cui però si descrive una situazione ideale346, tanto che si utilizza il congiuntivo distribuantur come in una forma di esortazione. Quella che descrive Vitruvio è la colonia perfetta immaginata, non la norma.
Gli unici Capitolia in area italica al di fuori di Roma di cui abbiamo attestazioni certe dalla letteratura sono quelli di Benevento e di Capua, mentre dalle epigrafi quelli di Marruvio dei Marsi, Falerio Piceno, Histonium nel Sannio, Verona e Formia; di alcuni di questi sono stati rinvenuti anche resti archeologici. Il Capitolium di Verona (fig. 80) ad esempio sembra che avesse fondazioni a scacchiera come il Capitolium romano, triplice cella e tre file di colonne sulla fronte e che dominasse il foro cittadino da nord; inoltre avrebbe avuto un portico a forma di U ai lati e sul retro347.
Vari sono i casi di resti sui quali ci sono dubbi, come quelli a Cuma di un tempio con triplice cella, presso il quale sono state rinvenute anche due teste di statue femminili, identificate in Giunone e Minerva, come anche ad Aquinum, oltre a una presunta statua cultuale di Giove348.
Un altro caso interessante è il Capitolium di Ostia (fig. 81), riconosciuto sulla base della posizione, su un alto podio all’estremità nord del foro, e di un’iscrizione di dedica rinvenuta a Roma in cui l’ostiense Aulo Asclepiade si definisce aeditus Capitoli (Epig5). Sarebbe stato un tempio di età adrianea con cella singola, che però sul fondo avrebbe avuto una tripartizione nella zona in cui presumibilmente erano collocate le statue di culto349.
Una situazione molto simile sarebbe quella di un Capitolium identificato a nord di Pompei (fig. 82), ricostruito più volte dagli inizi del I secolo a.C., nel quale sono state rinvenute una statua di Giove e una dedica a Giove Ottimo Massimo350.
Sul Capitolium di Brescia invece ci sono ancora molti dubbi: oltre alla posizione, alla conformazione della struttura e ai resti di una statua colossale di Giove non ci sono elementi che renderebbero certa questa identificazione. L’iscrizione con la titolatura di Vespasiano e le statue della famiglia imperiale farebbero pensare a un tempio adibito al culto imperiale, cosa che non escluderebbe affatto però che questa stessa struttura fosse anche un Capitolium351.
Esagera quindi Arata dicendo che nessun tempio in provincia abbia recuperato forma, alzato e planimetria del Capitolium, nemmeno in scala minore o con materiali più umili; riconosce infatti anche egli come riproduzione del Capitolium il tempio di Cosa, seguendo l’opinione di Brown352.
Per quanto riguarda le province occidentali, al di là dell’Africa, ci sono davvero pochi casi di Capitolia certi e nessuno sarebbe antecedente all’età giulio-claudia, anzi sarebbero di molto successivi353. In Britannia non c’è nessun caso testimoniato; in Spagna sarebbero solo due i casi abbastanza certi, mentre un terzo esempio incerto sarebbe il Capitolium “composito” di Baelo Claudia (fig. 83). Per il resto della Spagna non si hanno certezze sulle possibili identificazioni di ulteriori Capitolia.
In Gallia sembra esser certo il Capitolium di Augustodunum, mentre sono testimoniati da fonti tarde Capitolia a Tolosa e Narbona Marzia354.
In Pannonia invece si conoscono i resti di statue marmoree di Giove, Giunone e Minerva del tempio a cella singola, ma con tre profonde nicchie sul fondo, di Scarbantia. Sono state rinvenute statue della famiglia imperiale, cosa che farebbe pensare a un legame anche qui tra il culto capitolino e quello imperiale. Resti simili sono stati rinvenuti anche a Savaria, mentre ad Arrabona è stata ritrovata solo un’iscrizione che menziona la Triade capitolina355.
In Africa ci sono molte più testimonianze: in almeno dodici casi i resti di Capitolia sono accompagnati da epigrafi che vi fanno riferimento, mentre almeno quindici casi non sono attestati archeologicamente, ma noti solo da epigrafi. Inoltre, ci sono anche ipotesi di ulteriori identificazioni di Capitolia non testimoniati da epigrafi. Diversi sono i casi in Africa di Capitolia nei quali il culto della Triade capitolina si affiancava al culto imperiale, come ad esempio a Bisica, Maraci o Segermes356.
Nell’antica Sufetula si sarebbe trovato un caso di Capitolium “composito”, tre tempietti prostili tetrastili del II secolo d.C. interpretati come un complesso unitario (fig. 84). La stessa situazione si trova anche a Leptis, ma l’identificazione con un Capitolium è stata messa in dubbio357.
Non c’è esemplare noto precedente al secolo II d. C. e tendenzialmente i Capitolia africani si collocano tra Adriano e i Severi, mentre dopo ci sono solo interventi di risistemazione. Come in Italia, non sembra esserci nessun legame tra la presenza di un Capitolium e lo status coloniale o municipale della città. La struttura è varia:ci sono quelli a singola cella, spesso con tre nicchie sul fondo per le statue di culto, come a Dougga, quelli a tre celle, come a Cuicul o Thibilis, o quelli con una cella affiancata da due stanze più piccole, come il Capitolium di Abthungi o di Althiburos (fig. 85). Caso particolare è il tempio di Lambaesis con due celle, una per la Triade capitolina e una per il Genio cittadino358 (fig. 86).
Sono varie anche le conformazioni della facciata e del pronao, che di solito però sono tetrastili, come a Dougga, o esastili, come a Timgad. Inoltre, dei quattordici templi collocabili con certezza nella planimetria cittadina solo sette sono connessi al foro, mentre gli altri sette non hanno nessun legame con esso. Tutta questa varietà nella costituzione dei Capitolia africani rende difficile riconoscerli come imitazioni del tempio romano, sebbene ci siano casi di grande somiglianza, come a Thuburbo Maius (fig. 87), a Dougga e a Cuicul359.
Come si è detto, non c’è alcun legame tra i Capitolia e lo status cittadino nemmeno in Africa e dalle fonti epigrafiche si può ricostruire che il finanziamento di queste strutture in almeno undici casi noti non sia derivato dal centro di potere romano, ma dalle comunità, se non addirittura da singoli cittadini. Conosciamo da un’epigrafe il caso di un Capitolium fatto costruire da un privato cittadino, Memmio Pecuario Marcellino, in onore del flaminato della moglie, addirittura in solo suo (Epig6): si tratta quindi di un tempio realizzato da un cittadino privato. Casi del genere non sono rari, si ricordano i Capitolia di Marcio Simplice a Dougga o di Plozio Fausto e della moglie Cornelia Valentina Tucciana a Timgrad ad esempio360. Direi che il messaggio potesse essere duplice: una manifestazione di rispetto e sottomissione verso le élites romane e una dimostrazione del successo ottenuto ai concittadini, tanto da voler riportare nelle città provinciali il grande tempio che dominava Roma. Il fatto che spesso questi templi ospitassero anche il culto della famiglia imperiale mi sembra che possa rafforzare ulteriormente questo duplice messaggio, dimostrando devozione all’imperatore e alla sua famiglia e portando in periferia il culto del centro di potere.
A Oriente conosciamo i Capitolia di Gerusalemme, Costantinopoli, Ossirinco e forse Cirene e sappiamo che era diffuso il culto della Triade capitolina, ma anche solo quello di Zeus Kapetolios. Adriano, costruttore anche del Capitolium di Cirene dopo la rivolta degli Ebrei, rifondò Gerusalemme proprio ponendo un tempio di Giove Capitolino sul Monte del tempio, mostrato nelle monete del tempo come un tempio distilo con la statua del dio seduto al centro e le due dee stanti ai lati361.
Altri casi a noi noti in Oriente sono il Capitolium di Antiochia in Siria, avviato da Antioco IV Epifane e ricostruito da Tiberio, e alcuni luoghi di culto di Zeus Kapetolios o Koryphaios nei quali però non sappiamo se fosse presente anche il culto di Minerva e Giunone, come ad Antiochia, Smirne e Nisa in Caria, Teos in Lidia o Corinto. I papiri testimoniano un Capitolium ad Ossirinco e un tempio di Zeus Kapetolios ad Arsinoe e a Tebtunis, dove la struttura doveva avere anche funzione di tesoro cittadino come a Cartagine o Cirta362.
Del tempio di Costantinopoli non conosciamo nulla, anche se le fonti attestano che fosse stato realizzato come imitazione del Capitolium romano; una legge del Codice Teodosiano del 27 febbraio 425 d. C. fa riferimento a lezioni di sofisti, retori, grammatici e professori di filosofia e legge in età tarda nell’auditorium e forse in altri spazi adibiti all’insegnamento presso il tempio (Cod1) (fig. 88).
Anche Kaderka e Tucci in effetti riconoscono una vicinanza tra il tempio di Giove Ottimo Massimo e molti altri edifici sacri, sia Capitolia sia templi di vario genere363 (fig. 89): non solo quindi i Capitolia di Luni, Cosa, Signia e Minturnae sembrano essere copie perfette del tempio capitolino, seppur di dimensioni minori364, ma anche altre strutture avrebbero dei punti di contatto.
Si possono trovare punti di contatto anche con altri generei di templi. Ad esempio, assumendo che il Capitolium fosse periptero sine postico, il tempio di Marte Ultore (fig. 90) di età augustea, che recupera la forma con una grande scalinata sulla fronte, potrebbe esser un interessante confronto, nonostante le dimensioni minori365.
Poco dopo la dedica del tempio capitolino vennero realizzati a Roma due templi molto simili. Tra il 501 e il 498 a.C. venne edificato il tempio di Saturno (fig. 91), anche esso avviato da Tarquinio il Superbo e concluso in età repubblicana. Doveva avere una conformazione simile al Capitolium, sebbene le dimensioni molto minori, con un alto podio, ampie scalinate sul fronte e una triplice cella. Anche il tempio di Castore e Polluce (fig. 92), realizzato tra il 496 e il 484 a.C. in ringraziamento ai Dioscuri per l’aiuto dato ai Romani nella battaglia al lago Regillo, doveva avere un ampio pronao e una triplice cella; sebbene non fosse una copia perfetta del Capitolium, le dimensioni del tempio dei Dioscuri sono simili ed è evidente che il tempio capitolino ne fosse il modello. Anche questo tempio, come tutti i templi di tradizione tuscanica, era posto su un alto basamento, così che lo si potesse usare per funzioni sia religiose sia politiche366.
Almeno uno dei templi di Largo Argentina, il Tempio C (fig. 93), costruito nel 290 a.C. circa, sembra avere qualche somiglianza con il Capitolium: era un tempio etrusco tetrastilo periptero sine postico posto su un alto podio di circa 4 metri di altezza con decorazioni fittili sul tetto. Già nel I secolo a.C. venne ristrutturato, pur mantenendo la stessa struttura, ma con uno stile corinzio367.
Sebbene siano strutture molto semplici, non era affatto necessario che tutti i templi di età monarchica o primo- repubblicana avessero tale conformazione: come dimostrano i templi di Mater Matuta e Fortuna nel Foro Boario o quello di Portonaccio a Veio, con pochissime colonne e lunghe mura perimetrali368, le conformazioni possibili erano varie.
A prescindere dalle dimensioni della ricostruzione accolta, nessuno può negare, come osserva Stamper369, che il Capitolium avesse una straordinaria importanza nella vita politica e religiosa di Roma, oltre che una posizione prominente che lo faceva svettare sulla città dominando il Foro. Il Capitolium era ben visibile a tutti e accoglieva uno dei culti principali della Romanitas, oltre ad esser impregnato della vita politica e religiosa cittadina da secoli: un tempio del genere non poteva che lasciare traccia di sé nella produzione templare contemporanea e successiva, che può quindi fornirci qualche spunto per comprendere meglio la conformazione della struttura e dell’area capitolina.
337 Si veda CRAWLEY QUINN, WILSON 2013, pp. 117-118.
338 GELL. 16, 13, 9.
339 Si veda CRAWLEY QUINN, WILSON 2013, p. 118-120.
340 Si veda CRAWLEY QUINN, WILSON 2013, p. 123.
341 Si veda CRAWLEY QUINN, WILSON 2013, pp. 123-124.
342 Si veda CRAWLEY QUINN, WILSON 2013, p. 124.
343 Si veda CRAWLEY QUINN, WILSON 2013, p. 127.
344 Si veda CRAWLEY QUINN, WILSON 2013, pp. 127-129.
345 Si veda CRAWLEY QUINN, WILSON 2013, p. 130.
346 Si veda CRAWLEY QUINN, WILSON 2013, p. 131.
347 Si veda CRAWLEY QUINN, WILSON 2013, pp. 133-135.
348 Si veda CRAWLEY QUINN, WILSON 2013, p. 137.
349 Si veda CRAWLEY QUINN, WILSON 2013, p. 138.
350 Si veda CRAWLEY QUINN, WILSON 2013, pp. 138-140.
351 Si veda CRAWLEY QUINN, WILSON 2013, p. 140.
352 Si veda ARATA 2010, p. 617.
353 Si veda CRAWLEY QUINN, WILSON 2013, p. 142.
354 Si veda CRAWLEY QUINN, WILSON 2013, pp. 144-145.
355 Si veda CRAWLEY QUINN, WILSON 2013, pp. 145-146.
356 Si veda CRAWLEY QUINN, WILSON 2013, pp. 150-152.
357 Si veda CRAWLEY QUINN, WILSON 2013, pp. 153-154. Per approfondimenti su Leptis Magna si vedano L. MUSSO, La romanizzazione di Leptis Magna nel primo periodo imperiale: Augusto e Roma nel Foro Vecchio in Augustus – Der Blick von außen. Die Wahrnehmung des Kaisers in den Provinzen des Reiches und in den Nachbarstaaten. Akten der internationalen Tagung, Mainz 2006, pp.161-196 e N. MASTURZO, Il disegno nello studio dell’architettura antica. Leptis Magna: il c.d. tempio di Liber Pater – Capitolium, Firenze 2000.
358 Si veda CRAWLEY QUINN, WILSON 2013, pp. 156-157.
359 Si veda CRAWLEY QUINN, WILSON 2013, pp. 157-160.
360 Si veda CRAWLEY QUINN, WILSON 2013, pp. 162-165.
361 Si veda CRAWLEY QUINN, WILSON 2013, pp. 146-147.
362 Si veda CRAWLEY QUINN, WILSON 2013, pp. 148-149.
363 Si veda KADERKA, TUCCI 2021, p. 152.
364 Si veda KADERKA, TUCCI 2021, p. 176.
365 Si veda KADERKA, TUCCI 2021, p. 152.
366 Si veda STAMPER 2005, pp. 36-38.
367 Si veda STAMPER 2005, pp. 44-45. Per un approfondimento sull’area sacra di Largo Argentina si veda l’appendice di Francesco De Stefano in CARANDINI, CARAFA 2012, pp. 543-548.
368 Si veda STAMPER 2005, pp. 40-42.
369 Si veda STAMPER 2005, pp. 32-33.
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Capitolium. Indagine archeologica e storico-letteraria del tempio di Giove Ottimo Massimo a Roma
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Informazioni tesi
Autore: | Matteo Cappelli |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2023-24 |
Università: | Università degli Studi di Firenze |
Facoltà: | Filologia, Letteratura e Storia dell'antichità |
Corso: | Filologia, Letteratura e Storia dell'antichità (curriculum storico) |
Relatore: | Laura Buccino |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 439 |
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