Il ''Metodo Piesco'', un esperimento di Comunicazione Alternativa
Il metodo Piesco
Il nostro scopo è quello di rendere osservabili le caratteristiche di un particolare tipo di comunicazione del quale siamo stati protagonisti. È nostra intenzione creare un ponte tra la riabilitazione linguistica, come strumento di acquisizione delle regole fondamentali della produzione linguistica e preparazione alla condivisione di informazioni, e la comunicazione in sé, elemento fondamentale per ogni essere umano in quanto mezzo di espressione delle più intime necessità di ognuno di noi.
Evelino Piesco sarà il nostro interlocutore in questo viaggio nella comunicazione. Egli è affetto da una paralisi cerebrale infantile (meglio detta tetraparesi) di tipo spastico, di medio-grave grado. Le paralisi cerebrali sono condizioni dovute a una lesione cerebrale (in tal caso riferibile ad un trauma di parto) che procura al nascituro una paralisi degli arti: per la tetraparesi la paralisi interessa tutti e quattro gli arti e molti muscoli del corpo compresi la lingua e la faringe, compromettendo così anche il linguaggio.
Gli arti colpiti mostrano in molti casi un deficit di sviluppo e un aumento dei riflessi tendinei profondi, ipertono muscolare, diminuzione di forza e tendenza alle contratture. Vi è inoltre la presenza di scialorrea.
Occorre ricordare che Evelino, per via della paralisi cerebrale infantile, ha subito un danno più o meno esteso dei propri sistemi di elaborazione degli input percettivi e degli output motori. Egli è pertanto «in grado di apprendere come sfruttare le proprie capacità residue, ma non è in grado di apprendere la "normalità", cioè di utilizzare spontaneamente e automaticamente gli schemi motori fluidi e complessi tipici di un sistema nervoso centrale intatto».
Evelino infatti presenta disturbi neuromotori che gli compromettono l’uso, almeno attivo, della lingua. Egli ha una discreta capacità di comprensione e di espressione. Ha la capacità di utilizzare consapevolmente e con intenzionalità comunicativa forme dell’espressione non linguistica ma anche un discreto livello di competenza passiva della lingua. Vedremo più avanti che mediante processi riabilitativi egli dimostra di possedere inoltre una capacità, per quanto limitata, di produzione. Almeno per quanto riguarda l’uso del linguaggio (e non solo della lingua) non compaiono disturbi di tipo cognitivo, se non quello secondario legato all’uso limitato che questo ragazzo ha potuto fare della lingua e di altre forme di comunicazione.
Possiamo parlare nel suo caso[...] di disparità tra la sostanza del contenuto e la sostanza dell’espressione. Il contenuto della sua funzione segnica è estremamente alto mentre la sostanza della sua espressione è al confronto limitata.
La gran parte della comunicazione con lui è “comunicazione agìta”, una comunicazione comportamentale mediata dal corpo. Per mezzo di questo tipo di comunicazione Evelino riesce a dare risposte ben codificate e strutturate, il che vale a dire che è presente un buon grado di autonomia nella risposta.
Egli è stato educato, in età scolare e solo in quella circostanza, alle materie grammaticali di base (quindi al buon lessico ed alla sintassi) per poi essere abbandonato completamente dal versante dell’apprendimento della lingua. Attualmente le sue capacità cognitive sono limitate alla comprensione del lessico medio (come da giornali, televisione, parlato regionale e nazionale) ed alla immediata risposta agìta indice della sua volontà (involontario il movimento degli arti, volontario e meglio controllato quello degli occhi).
Evelino dimostra di avere un proprio credo, delle proprie ideologie ed una forte capacità di scelta e decisione.
Prima di poter cominciare un qualunque tipo di comunicazione con il nostro “paziente” abbiamo trovato necessario dover riconoscere, nel dettaglio, il significato di ognuna delle funzioni cognitive che sono a sua disposizione. È vero che «il corpo si pone come canale privilegiato di sintonizzazione con le principali forme di codificazione comunicativa: l’oralità, la scrittura, la comunicazione visiva», ma è anche vero che «il sorriso, il pianto, il gesto, sono gestite “naturalmente” senza che i comunicatori vi investano aspetti di riflessione». Quali sono allora a questo punto le risposte che il paziente potrà dare e quanto realmente potremo considerarle espressione della sua volontà?
È in genere a questo punto che comincia il compito del “mediatore linguistico” che dovrà lavorare sull’osservazione - analizzando le risposte del paziente sulla base delle teorie comportamentali o cognitive - e sul canale comunicativo - in modo da renderlo vivace, fresco, interattivo, costantemente aperto e fruttifero.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Il ''Metodo Piesco'', un esperimento di Comunicazione Alternativa
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Informazioni tesi
Autore: | Julian Iuliano |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Napoli "L'Orientale" |
Facoltà: | Lingue e Letterature Straniere |
Corso: | Scienze della mediazione linguistica |
Relatore: | Cristina Vallini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 51 |
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