Le specificità del settore editoriale spagnolo
Il mercato editoriale in lingua basca
Il basco, o euskara, è l’unica lingua non indoeuropea dell’Europa Occidentale. Più antica delle lingue neolatine, ha subito nel corso dei secoli un lento declino, per essere poi recuperata solo negli anni ’50 e ’60 del XX secolo, in contrasto con la repressione linguistica perpetrata dal regime franchista. Per questo motivo la conoscenza di questa lingua è ancora poco diffusa e, soprattutto, non tutti i baschi possono dirsi madrelingua: una buona parte della popolazione che parla euskara, infatti, è in grado di farlo solo grazie alla massiccia scolarizzazione in questa lingua che ha avuto luogo in seguito alla Transizione. Oggi circa 880.000 persone parlano correntemente l’euskara, e a queste se ne aggiungono altre 500.000 che ne hanno una conoscenza passiva, comprendendola ma non sapendola parlare.
Nonostante ciò, l’industria editoriale basca ha numeri non trascurabili, sicuramente superiori, per esempio, a quelli relativi alla lingua galega, che conta quasi il quadruplo dei parlanti, anche se i tempi dello sviluppo sono simili.
Negli anni ’70 c’erano solo due case editrici, “una de la Iglesia, y la otre progre” racconta Bernardo Atxaga, l’autore basco più famoso in Spagna e anche all’estero. La “progre” era Lur, quella legata alla Chiesa era Erein. In realtà c’era anche un terzo editore, Elkar, legato alla sinistra nazionalista.
Atxaga pubblica solo con le prime due e, in seguito, anche con Pamiela, di Pamplona. Il successo arriva nel 1984 con Bi letter, pubblicata da Erein, che vende 9.000 copie il primo anno e arriverà poi a 70.000 (significa che quasi un decimo della popolazione che parla basco l’ha acquistato). Il vero e proprio boom arriva però con Obabakoak, sempre pubblicato da Erein, che vende 15.000 copie nel solo primo anno e, soprattutto, è la prima opera scritta in basco a vincere, nel 1989, il Premio Nacional de Narrativa. Si dovrà aspettare il 2002 per vedere premiata la seconda, Sprako tranbia di Unai Elorriaga. Nel frattempo, grazie soprattutto ad Atxaga, che ha aperto una breccia nel muro che separava l’industria culturale basca e quella spagnola, è cresciuto anche il mercato interno.
Nel 2007, secondo lo studio XIII Informe de la edición en Euskadi, si contano 109 case editrici, di cui 45 associate al Gremio de Editores de Euskadi. Sono stati pubblicati 3.780 titoli, di cui 1.478 (il 39,1%) in euskara, pari al 2,1% della produzione nazionale. La percentuale sale al 43,2% se si prendono invece in considerazione le copie prodotte (3,5 milioni), che in totale superano di poco gli 8 milioni; la tiratura media, che in generale è pari a 2.130 copie per titolo, è quindi più alta per i libri in euskara (2.353). Il fatturato è stato pari a 83,86 milioni di euro, di cui il 43,9% proveniente da opere in euskara.
Il 29% dei titoli pubblicati è composto da ristampe, mentre il 71% sono prime edizioni; di queste, il 65% è di autori baschi, mentre il 35% è frutto di traduzioni, segno che il contesto letterario basco è ancora troppo autoreferenziale e che il lettore bascofono è costretto a rivolgersi alle altre lingue conosciute (spagnolo e francese) per colmare il suo appetito letterario, come sottolinea Jorge Giménez Bech, presidente della Asociación de Editores en Lengua Vasca.
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Le specificità del settore editoriale spagnolo
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Informazioni tesi
Autore: | Davide Moroni |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi di Milano |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Culture e Linguaggi per la Comunicazione |
Relatore: | Paola Dubini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 321 |
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