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Il marketing d’infanzia: excursus delle strategie di vendita rivolte ai bambini e come contrastarle

Il marketing alimentare

Gli spot pubblicitari di prodotti alimentari destinati ai bambini rappresentano il più vasto settore di marketing avente questo target (Williams, Achterberg, & Sylvester, 1993): questi prodotti sono per la gran parte ricchi di calorie, grassi e zuccheri (Kotz & Story, 1994). Più tempo i bambini trascorrono davanti alla televisione, più sono sottoposti a questo genere di pubblicità, e più aumentano le probabilità di cadere nell’obesità, una problematica particolarmente diffusa nella popolazione statunitense, e particolarmente preoccupante nei più giovani. Come menzionato in precedenza, una strategia di marketing attuata molto spesso dalle aziende è quella di dover associare un prodotto ad un specifico programma televisivo: in tal modo, un bambino sarà più propenso a scegliere il prodotto associato al suo cartone animato preferito, e dunque indirizzato all’acquisto dello stesso.
In aggiunta, per allettare il proprio target, le aziende di prodotti alimentari si concentrano maggiormente sul concetto di divertimento, mettendo in secondo piano il gusto: il termine eatertainment13 rappresenta perfettamente il fenomeno descritto (Gowar & Rees, 2002): si associa, dunque, il gusto al divertimento, inserendo negli spot scene di amici, eccitazione, felicità, azione per rendere l’idea: ma nessuno di questi rappresenta un buon motivo per mangiare (Linn, 2004).
Un altro aspetto su cui le aziende si focalizzano nel processo di realizzazione di una pubblicità è il fattore “autorità”, “controllo”: prodotti alimentari, come snack, dolciumi e caramelle, possono aiutare i bambini a soddisfare questo loro bisogno, soprattutto perché spesso vengono acquistati con i loro risparmi. Secondo le affermazioni di Gene Del Vecchio14, «i bambini reagiscono bene verso quei prodotti che permettono loro di operare delle scelte e trasmettono un senso di controllo» (Gene del Vecchio, 2002)15. Puntare sul fattore “autorità” ha effetti positivi per le aziende, è una strategia funzionante, poiché sfrutta la vulnerabilità dei più piccoli, considerando che i bambini non ricoprono un ruolo “di potere” in nessun aspetto della loro vita, che sia la scuola o la famiglia; d’altra parte, non c’è alcun effetto positivo per i bambini, in quanto le caramelle non rappresentano un cibo salutare. Molto spesso, le aziende indirizzano le loro campagne pubblicitarie agli adulti per raggiungere di conseguenza i bambini: puntano sul fattore “educazione”. Ogni genitore desidera che il figlio riceva la migliore educazione possibile, e in ragion di ciò, molti libricini creati appositamente per neonati presentano immagini di prodotti, quali snack o junk food: ne è un esempio il fascicoletto “il libro per contare di M&S”. Questa scelta ha delle fondamenta importanti: gli esperti consigliano caldamente di leggere ai propri figli sin da quando sono piccoli per due motivi significativi: sostenerli nel loro sviluppo cognitivo ed instaurare un ottimo legame sin dai primi mesi di nascita (Linn, 2004).
Se da un lato abbiamo il problema dell’obesità legato al marketing alimentare, e quindi l’aumento di peso, dall’altro lato troviamo il problema opposto, quella della perdita eccessiva di peso, che colpisce maggiormente le ragazze. Le modelle che sono al centro delle pubblicità televisive, soprattutto quelle che riguardano la vendita e promozione di cibo spazzatura, incarnano un esempio non sano da seguire, in quanto molte di loro sono sottopeso o anche malnutrite. Alcuni studi effettuati in Italia dimostrano come la pubblicità agisce sulla vulnerabilità dei soggetti: le ragazze che seguono un’alimentazione sana e bilanciata sono meno dipendenti rispetto a quelle che, invece, soffrono di disturbi quali bulimia e anoressia (Owens, 2000). Questo perché la pubblicità, che sia di cibo o altri prodotti indirizzati ai bambini o giovani adolescenti, crea in loro delle false aspettative della realtà, andando a modificare la loro percezione di essa. D’altro canto, è importante specificare che, malauguratamente, anche i ragazzi sono suscettibili a questa tematiche, e anche loro spesso soffrono di questi disturbi alimentari, seppur in numero inferiore rispetto alle ragazze (Linn, 2004).


13 Eatertainment è un neologismo creato dall’unione di due termini preesistenti: eat (mangiare) e entertainement (divertimento)
14 Gene del Vecchio è un consulente di intrattenimento, ricercatore ed insegnate di marketing dell’intrattenimento presso la USC Marshall School of Business
15 Gene del Vecchio citato in Mary Ellen Kuhn, 'Connecting with Kids: Understanding a Child's Psyche Is a Good Place to Start When Courting this Appealing Demographic Segment' , Special Report, Confectioner 86 (10) (2002): 18

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Il marketing d’infanzia: excursus delle strategie di vendita rivolte ai bambini e come contrastarle

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Informazioni tesi

  Autore: Ludovica Sfregola
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2022-23
  Università: Università degli Studi di Trieste
  Facoltà: Lingue e Letterature Straniere
  Corso: Lingue e letterature straniere
  Relatore: Giorgio Porcelli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 34

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