Lo Smart Working
Il lavoro agile nella contrattazione collettiva
La normativa del 2017 sul lavoro agile ha previsto, per l’accesso a tale modalità di esecuzione della prestazione di lavoro subordinato, una regolamentazione su base individuale. Come già sottolineato nel capitolo introduttivo, tale normativa comporta un notevole impegno per le imprese, soprattutto di grandi dimensioni, nell’individualizzazione del rapporto di lavoro, dovendo tener conto delle esigenze, dei bisogni e delle aspettative del singolo lavoratore. La “soggettivazione normativa” diviene strumento di accrescimento della libertà e dei diritti del lavoratore, anche nell'ambito di un rapporto che resta strutturalmente asimmetrico. Risulta, quindi, fortemente ridimensionato il ruolo della contrattazione collettiva sia nazionale che aziendale. L’esclusione della fonte di regolazione aziendale è particolarmente interessante, soprattutto se si considera, come già segnalato, il ruolo di primo piano avuto nella pioneristica diffusione di modelli aziendali basati sullo smart working. A dimostrazione di ciò, è facilmente riscontrabile, quanto il legislatore sia stato tributario, nella predisposizione dei vari progetti di legge sul lavoro agile del 2014 e del 2016, degli accordi e delle policy aziendali in tema di smart working e più in generale di forme flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa. Contrariamente alla previsione legislativa non sembra, però, concretamente percorribile l’esclusione totale della contrattazione collettiva, sia essa nazionale che aziendale, dalla disciplina del lavoro agile. Come infatti è avvenuto, la contrattazione collettiva ha continuato ad avere un ruolo fondamentale nell’ambito della applicazione del lavoro agile soprattutto se si considera la sua diffusione, dopo l’intervento normativo, nelle imprese di grandi dimensioni. L’utilizzo dello smart working in questo tipo di aziende, infatti, mal si concilia con la predisposizione di notevoli quantità di accordi individuali. Senza considerare la possibilità che il contratto collettivo nazionale, applicato in azienda, possa prevedere la stipulazione di un accordo in sede aziendale, quale ulteriore elemento di tutela per il lavoratore in smart working, in aggiunta alle disposizioni di legge. La presenza della contrattazione nazionale, ma soprattutto aziendale, contenente la fissazione di principi, criteri di accesso e clausole standard in materia di smart working, consente un guadagno derivante dai progetti di smart working, in termini di efficacia, produttività, finanche di riduzione del contenzioso.
La contrattazione collettiva resta il luogo ideale per il bilanciamento di esigenze contrapposte tra le due parti negoziali, il lavoratore e il datore di lavoro, in posizioni per definizione asimmetriche. Riteniamo sarebbe stato opportuno, in sede legiferativa, come pure era emerso nei vari progetti di legge, preservare il ruolo della contrattazione collettiva e riservare all’accordo individuale la regolamentazione in assenza di essa. A dimostrazione del ruolo della contrattazione collettiva, vi è quanto stabilito dall’art.18 co.1 laddove individua i limiti di esecuzione del patto individuale, sancendo che può operare “entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva”. Si tratta, evidentemente, di un vincolo, almeno per la durata massima della prestazione, che riconosce in pieno l’ambito di regolazione della contrattazione collettiva, confermando l’appartenenza all’area del lavoro subordinato e, implicitamente, la centralità dell’ora-lavoro quale tratto caratterizzante dell’obbligazione di mezzi . Le previsioni dei contratti collettivi di lavoro non possono, in ogni caso, derogare alle garanzie imposte dalla legge per i lavoratori agili. Possono, però, svolgere un’opera di semplificazione, con finalità promozionali, per il lavoro agile, operata tramite il rinvio alla contrattazione collettiva (per le modalità concrete di svolgimento della prestazione), contenuto in un’apposita clausola del patto individuale. Elemento indefettibile, però, sarà sempre il consenso del singolo lavoratore, non superabile dalla contrattazione collettiva. La contrattazione aziendale, nella cornice eventuale del contratto (o dei contratti) nazionale di lavoro applicato in azienda, è la sede ideale per inquadrare il progetto di lavoro agile in relazione al contesto produttivo in cui è applicato. Essa sarà la sede per la definizione degli obiettivi aziendali, in termini incremento produttività e delle concrete modalità di attuazione della prestazione di lavoro.
I contratti aziendali potrebbero essere utilizzati per definire le aree produttive, le mansioni o i ruoli interessati dallo smart working, i criteri di scelta del personale (fermo restando le priorità poste dalla legge), le esigenze specifiche in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, la scelta di luoghi comuni diversi dall’azienda per lo svolgimento della prestazione. Inoltre, sarebbe opportuno individuare, tramite negoziazione collettiva, la procedura per la presentazione della richiesta di accesso alla modalità agile, così come la tipizzazione delle ipotesi di “giustificato motivo” che consentono il recesso unilaterale. Eventualmente, in caso di recesso del datore di lavoro, prevedere, anche, una consultazione preventiva con le rappresentanze sindacali in azienda. I contratti aziendali, inoltre, potrebbero contenere la disciplina sulla riservatezza dei dati personali e aziendali, la indicazione se le strumentazioni informatiche utilizzate saranno fornite dal datore di lavoro oppure saranno quelle proprie in BYOD, le modalità di esercizio dei diritti sindacali anche da remoto. Sembra che il ruolo della contrattazione collettiva sia destinato a crescere in continuità con ciò che avveniva in assenza della normativa di riferimento e, come confermato durante l’emergenza pandemica, anche a fronte della diversa disciplina dello smart working emergenziale. Parte della dottrina ritiene che, soprattutto in vigenza della normativa ordinaria un ruolo nella regolamentazione dello smart working potrà averlo anche la contrattazione di prossimità, nello specifico quella in deroga ex art. 8 del D.L. 138/2011 . A tal fine dovranno sussistere i presupposti richiesti dalla normativa per queste intese. Ossia, che esse siano finalizzate, come prevede il co.1 dell’art.8, “alla maggiore occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, all’adozione di forme di partecipazione dei lavoratori, alla emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitività e di salario, alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti e all’avvio di nuove attività”.
Il lavoro agile sembra poter rientrare in ben tre di queste finalità: miglioramento della qualità dei contratti di lavoro, incremento di competitività e gestione delle crisi aziendali. Come previsto dall’art.18 della legge n°81/2017, tra le finalità del lavoro agile vi è quella di incrementare la competitività per mezzo dell’aumento della produttività dei lavoratori e la riduzione dei costi per l’impresa. Gli accordi ex art.8 possono riguardare solo le specifiche materie indicate dalla normativa. Potrebbe, ad esempio, rientrare nelle materie oggetto dei contratti di prossimità, innanzitutto, la previsione di una disciplina derogatoria rispetto al necessario accordo individuale, ex art.18 della legge n°81/2017, qualora si accogliesse una interpretazione estensiva (minoritaria in dottrina), della lettera e) del co.2, in riferimento alla “disciplina del rapporto di lavoro”. Analogamente, potrebbe rientrare nella medesima situazione, la possibilità per il datore di lavoro, in presenza di un accordo individuale e prescindendo dal consenso del lavoratore, di richiedere ulteriori giornate di lavoro in modalità agile. In estrema sintesi, accogliendo una interpretazione estensiva dell’art.8, l’utilizzo di questi contratti collettivi in deroga, si pone come possibile rimedio alle rigidità e agli inconvenienti che possono derivare dall’applicazione nei vari contesti produttivi della normativa ordinaria sullo smart working. Rimane da segnalare che, fermo restando la necessaria e sufficiente contrattazione individuale, la modalità agile potrà essere, comunque, oggetto di vincoli derivanti da policy aziendali, usi e prassi consolidate dell’impresa. Per le pubbliche amministrazioni è ammessa, anche se non necessaria, la stipulazione di contratti collettivi per la regolazione del rapporto di lavoro svolto in smart working, mentre per gli aspetti connessi all’organizzazione dell’ufficio è richiesta la sola informativa sindacale. Tuttavia, la direttiva n°3 del 2017, contente le linee guida per lo smart working nella pubblica amministrazione, incentiva, anche per le prerogative esclusivamente dirigenziali, il ricorso al confronto con le parti sociali, per “avviare percorsi di condivisione e confronto con le organizzazioni sindacali, che in un’ottica di collaborazione, possono essere utili per l’applicazione di un istituto innovativo come il lavoro agile”.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Lo Smart Working
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Informazioni tesi
Autore: | Jacopo Maddaloni |
Tipo: | Laurea magistrale a ciclo unico |
Anno: | 2020-21 |
Università: | Università degli Studi di Roma La Sapienza |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Arturo Maresca |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 142 |
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