Il Buon Cittadino contro l'uomo Morale; Machiavelli contro Socrate

Il Gorgia di Platone, opera dell’età adulta dell’autore, si svolge in forma di dialogo all’interno dell’abitazione di Callicle, verosimile personaggio immaginario.
Nella casa di Callicle sono ospiti il sofista Gorgia, reduce da una fortunata esibizione pubblica ed il suo discepolo Polo. La discussione è introdotta da una domanda che Socrate pone a Gorgia:” cosa insegni?” Domanda pretestuosa che apre la porta ad un cammino in cui il confronto si giocherà tra due mondi in contrapposizione: quello del dialogo come argomentazione finalizzata alla verità e quindi alla virtù, sostenuto da Socrate, il sapere dopo aver imparato, e quello della persuasione che segue all’essere convinto, della conoscenza indirizzata alla pratica che deriva esclusivamente dall’esperienza di cui si fa portavoce Polo.
L’intento di Platone è di muovere una critica alla retorica come arte di persuadere e convincere, avente per fine il piacevole e l’utile, e non il meglio ed il giusto. La retorica viene paragonata alla pratica culinaria, che alletta il gusto solo superficialmente attraverso degli stratagemmi; la considera indifferente alla giustizia, ed in grado di condurre a posizioni erronee (come preferire il fare piuttosto che il subire l’ingiustizia).
Callicle testimonia la “convenzionalità della giustizia” (intesa come insieme di leggi civili) rispetto alla naturale tendenza del più forte a dominare. La vera giustizia per lui è la sola forza, la potenza, mentre le leggi sono fatte dai deboli a scopo di difendersi.
Platone affronta il pensiero dei sofisti che negano un criterio trascendente l’immediato, critica il verbalismo sofista, cercando di fondare l’esistenza di un sapere assoluto e universale. Socrate finalizza la costruzione di una metafisica proprio allo scopo di fondare uno stato giusto in cui venga realizzato il bene. Per questo è necessario stabilire un criterio “oggettivo” che permetta di distinguere il bene dal male, il vero dal falso superando il relativismo sofistico. Lo stesso Platone fa pronunciare a Socrate queste parole nel dialogo: “io credo di essere tra quei pochi Ateniesi, per non dire il solo, che tenti la vera arte politica e il solo tra i contemporanei che la applichi”.