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Non all'amore, non al denaro nè al cielo. Figurazioni del delitto gratuito tra la letteratura ed il cinema

Il gioco di De Quincey

"La gente comincia a rendersi conto che nella composizione di un bell'assassinio, c'è qualcosa di più di due stupidi, l'uccisore e l'ucciso, un coltello, una borsa e un vicolo buio. Trama, signori, allestimento, luce e ombra, poesia, sentimento, sono ora considerati indispensabili a prove di questa natura. [...] Ogni cosa a questo mondo ha due aspetti. L'assassinio, per esempio, può esser preso per l'aspetto morale […] e quello lo ammetto è il suo lato debole; oppure può essere trattato esteticamente, come dicono i tedeschi, cioè in relazione al buon gusto”
Eccoci arrivati al cuore della nostra ricerca. E’ impossibile trattare di un tema quale l’omicidio gratuito senza rivolgersi in prima persona, senza dare del tu a Thomas De Quincey. Il suo pamphlet sull’assassinio è tanto audace quanto ironico, un testo al di sopra di qualsiasi analisi denigratoria, non accostabile praticamente a nulla perché l’autore britannico è stato il primo ad avere, con felice verve, intuito che esiste un’ars necandi. Tutta la narrazione di De Quincey si dipana veloce e articolata, sorretta da uno stile impeccabile, spigliato e colto, profondamente erudito nei suoi rimandi, ma sempre ironico nel tono con un misto di falsa seriosità e pungenti frecciate. L’autore gioca con il lettore, con la sua morale, con i suoi preconcetti: li ribalta, li capovolge, li scruta curioso ed enigmatico come un animale in gabbia, il tutto senza mai perdere dal filo della propria scrittura quel sorriso ironico e sardonico, quello sguardo smaliziato e divertito che sicuramente il buon de Quincey avrà avuto nello scrivere questa sua opera e nel prendersi gioco di tutto e di tutti, in un perfetto esempio del più feroce umorismo nero britannico.
“L'assassinio come una delle belle arti” (“Murder Considered as one of the Fine Arts” in lingua originale) è un testo del 1827 che si compone di tre parti: una composta nel 1827, le altre due nel 1839. Nella prima l'autore riporta la trascrizione di un discorso ai componenti di una “Società degli intenditori di assassini”: apprendiamo come ci sia un club di appassionati di delitti che, oltre a ricordare i più celebri casi storici, si preoccupano di fissarne i canoni estetici.
Nella seconda parte viene descritta la vita di questo club ed i pranzi dei soci: in particolare viene descritto un membro, soprannominato Rospo in tana, che sembra rianimarsi dal suo torpore solo in presenza di un bel delitto. Nell’ultima parte De Quincey descrive due casi di omicidio che avevano sconvolto l’Inghilterra nell'Ottocento: le due stragi compiute da Williams nel 1812 e quella dai fratelli M’Kean.
“Fu a Brighton, credo, che venne creata una Società per la soppressione delle virtù. Fu poi soppressa, ma debbo dire con rammarico che ne esiste un’altra a Londra, di carattere ancora più atroce. Per le sue tendenze, potrebbe essere definita Associazione per l’incoraggiamento all’assassinio […] ma è denominata Società degli intenditori d’assassini. Si professano curiosi in materia di omicidio; amatori e dilettanti nei tipi di carneficina; e, in breve, appassionati di delitti. Ad ogni atrocità del genere riferita negli annali della polizia d’Europa, essi si riuniscono e la commentano come farebbero con un quadro, una statua o un’altra opera d’arte. Ma non occorre ch’io m’affanni a descrivere lo spirito delle loro attività, poiché il lettore lo desumerà molto meglio da una delle conferenze mensili tenute ai soci lo scorso anno. M’è capitata tra le mani per caso […] pubblicandola li si metterà in allarme, e la mia intenzione è appunto questa”.
“Avvertenza di un uomo morbosamente virtuoso”: è questo il titolo dell’introduzione al saggio che mi sono appena accinto a riportare. Siamo di fronte ad un geniale escamotage, il primo inganno da parte dell’autore.
Distaccandosi nettamente da tutto ciò che scriverà, nascondendosi dietro la sua morbosa virtù, c’inforna dell’esistenza di un club i cui affiliati, ponendosi al di là di etica e morale comuni, analizzano e discutono gli assassinii meglio riusciti della storia, provando, in alcuni casi, un piacere quasi perverso nell’apprezzare il talento e l’abilità dei migliori “performer” in questa macabra specialità, con brindisi e festeggiamenti degni di un grande evento.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Non all'amore, non al denaro nè al cielo. Figurazioni del delitto gratuito tra la letteratura ed il cinema

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Informazioni tesi

  Autore: Marco Minei
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Napoli - Federico II
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Lettere Moderne
  Relatore: Francesco De Cristofaro
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 69

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