''Peace and Love''. La controcultura in America negli anni Sessanta
Il Festival di Woodstock: tre giorni di pace musica e amore
Il Festival di Woodstock rappresenta ancora oggi l'emblema, il massimo esempio della cultura hippie e di cosa abbia significato come immaginario, lascito e ideale nonché il luogo dove si formarono nuovi modelli etici e scale di valori. Non può che essere definito come uno degli eventi storici più significativi e ricco di valori e memoria del XX secolo. L’idea primordiale nacque da quattro giovani hippie (John Roberts, Joes Rosenman, Artie Kornfeld e Micheal Lang) che crearono la Woodstock Ventures, società per capitali con caratteristiche hippie nello spirito e nell’etica60, con l’intento di organizzare un concerto per pubblicizzare l’apertura di uno studio di registrazione nell’omonima città. Inizialmente il concerto si organizzò su un terreno di 300 acri nella zona di Walkill, nella contea di New York, ma dopo qualche settimana i quattro organizzatori ricevettero il rifiuto da parte dell’amministrazione locale date le forti riserve e ostilità dei cittadini, spaventati e preoccupati per la folla che sarebbe arrivata. Infatti, già con l’affissione dei primi manifesti pubblicitari, si scoprì che il concerto aveva preso le sembianze di un festival rock di tre giorni. Alla fine, grazie alla disponibilità di un benevolo proprietario terriero, si trovò un sito perfetto in alcuni campi e fattorie nell’area di White Lake, vicino alla cittadina di Bethel, in un contesto che potesse rappresentare pienamente l’ideale hippie di contatto con la natura.
Il festival prese il nome di “Woodstock, three days of peace and music” e si svolse dal 15 al 18 agosto 1969 a circa 70 km dall’omonima cittadina (il nome rimase per un motivo sentimentale) con l’alternarsi di 32 musicisti e gruppi tra i più famosi in circolazione. Il cast si riempì dei nomi più illustri e famosi del periodo, potendo impersonare al meglio lo spirito pacifista del momento. Nel cartellone però mancarono figure fondamentali come i Beatles, oramai disgregati; lo stesso John Lennon non poté entrare per le sue posizioni contrarie alla guerra, fortemente sgradite dal governo americano, sia per divergenze su scelte artistiche. Mancarono anche i Led Zeppelin per simili motivi, Bob Dylan che si era ritirato in una tenuta non molto distante a scrivere e Joni Mitchell mancò per altri impegni e concerti promozionali. Singolare fu la rinuncia del gruppo rock The Doors per problemi con la giustizia di Jim Morrison: il cantante e l’icona rock del tempo, venne arrestato dopo essere stato denunciato per atti osceni in luogo pubblico e ubriachezza il primo marzo a Miami e dopo un mese sarebbe stato nuovamente arrestato per aver cercato di sottrarsi alla giustizia61.
Fin dai giorni precedenti si capì che l’evento avrebbe attratto e spinto molte più persone rispetto alle previsioni stimate dagli organizzatori, i quali si aspettavano 200.000 persone e avevano investito circa due milioni di dollari per l’allestimento del festival e, in seguito, per il noleggio di elicotteri che potessero portare sul luogo dell’evento gli artisti, data l’impossibilità di raggiungerlo via terra per l’ingorgo di automobili. Infatti, già il 13 agosto circa 50.000 persone intasarono ogni strada circostante aspettando di poter entrare nella tenuta. Nonostante il tempo avverso e l’enorme numero di persone l’audio e il palco furono allestiti in maniera soddisfacente, seppur con un’estetica scarna e senza particolari decorazioni. I rifornimenti alimentari e sanitari si dimostrarono subito insufficienti, ma prevalse un collettivo spirito di solidarietà e collaborazione che portò a forme di assistenza e sostegno da parte dei cittadini delle città vicine e dallo stesso esercito, che fornì personale medico volontario ed elicotteri per il trasporto di vettovaglie e beni di prima necessità62. L’area del concerto venne dichiarata “zona disastrata” dalle autorità a causa dei i posti di blocco per entrare totalmente insufficienti e incapaci di controllare l’afflusso regolare del pubblico. Le recinzioni vennero calpestate e fu così impossibile impedire che il raduno non si trasformasse in poco tempo in un “free festival”.
Gli organizzatori comunicarono ai microfoni la decisione con la seguente frase: “il vostro benessere viene prima di qualche dollaro”63. Il servizio di assistenza e di sicurezza venne affidato a giovani appartenenti alla Hog Farm, comunità hippie di riferimento che svolse il proprio compito senza armi, svolgendo la funzione di “peace officers”. Naturalmente Woodstock fu il ritrovo per eccellenza per i consumatori di sostanze stupefacenti e durante i tre giorni vennero annunciati diversi consigli e moniti su alcune sostanze che circolavano. Nel campo venne montato un drug market e delle “freak out tends” per soccorrere e gestire i trips causati dalle droghe (si registrò un solo caso di decesso per overdose), e tende in cui si insegnava yoga e meditazione.
Il disagio giovanile e la forza vitale rivoluzionaria inondarono la campagna americana, sconvolgendola. Stampa e media si concentrarono sul caos e disordine, sulle condizioni disumane dovute alla scarsità di igiene e rifornimenti alimentari, il tutto aggravato dal potente temporale che si abbatté il secondo giorno e rese estremamente difficile trovare un riparo. Numerose testimonianze, riportate anche nel film-documentario che venne girato durante il festival, rendono l’idea di come inizialmente sia da parte dei mezzi di comunicazione che dell’opinione pubblica, si fece di tutto per demonizzare il raduno dei giovani, descritti come dediti unicamente alla promiscuità, all’uso di droghe, di come fossero lo specchio di una società alla deriva. Molti sottolinearono la disorganizzazione e l’impreparazione nella gestione di un così eccezionale flusso di persone. I residenti vicini al luogo del festival erano divisi tra chi sosteneva fossero bravi ragazzi educati e rispettosi, mossi da un innocente moto trasgressivo, e chi invece li condannava. Anche per gli stessi cronisti fu difficile convincere le redazioni della mancanza di incidenti seri e, al contrario, raccontare anche dell’affascinante cooperazione, premura e correttezza che così tante persone stavano dimostrando, in un generale spirito di generosità e comunità. Addirittura, numerosi poliziotti rilasciarono interviste nel documentario affermando convintamente di come gli Stati Uniti dovessero sentirsi orgogliosi di quei ragazzi.
L’atmosfera generale fu propriamente da “pace e amore”: in un clima rilassato e anestetizzato dalle droghe e dalla musica trionfavano atti di nudismo, promiscuità e comportamenti privi di restrizioni e condizionamenti. Il fatto che si affogasse tra pioggia, fango e sporcizia non scoraggiò ma anzi accrebbe il sentimento di coesione, autodisciplina e cooperazione.
Il primo giorno si esibì Richie Havens con un’ora di ritardo rispetto alla programmazione poiché fu l’unico che riuscì ad arrivare al concerto e, una volta terminata la sua esibizione, fu costretto a continuare ad intrattenere il pubblico proprio per la mancanza di altri artisti sul luogo a causa del traffico; così reinterpretò una vecchia canzone nera Motherless child improvvisando un testo che ripeteva la parola “Freedom”. Lo stesso giorno si alternarono anche altri artisti come John Sebastian, Country Joe Mcdonald che cantò il suo brano ironico e antimilitarista sul conflitto in Vietnam I’m felling like i’m gonna fix it, poi il musicista Ravi Shankar e a chiudere Joan Baez, cantautrice impegnata da anni nella lotta per i diritti civili e icona della politica pacifista, insieme a Bob Dylan.
Il secondo giorno fu la volta di Santana, dei Jefferson Airplane e di Janis Joplin, cantautrice blues diventata simbolo hippie anche per la sua breve ma intensa esistenza, rovinata da dipendenze di droghe e alcol, che la condussero alla morte nel 1971 e, perciò, ad entrare a far parte del Club 27: espressione che raggruppa una serie di morti di artisti rock avvenute tutte all’età di 27 anni (Robert Johnson nel 1938, Rudy Lewis nel 1964, Brian Jones nel 1969, Jimi Hendrix nel 1970, Janis Joplin l’anno seguente, Jim Morrison nel 1971 e molti altri a seguire fino ai giorni nostri). Il suo modo di cantare straziato e sguaiato, la sua mitica voce che sembrava parlare a nome di una generazione intera, sofferente ma decisa e diretta, le permise di diventare il simbolo del periodo della controcultura. A seguire si esibirono i Greateful Dead, i Creedence Clearwater Revival e The Who; l’esibizione di questi ultimi viene ricordata come l’unico momento di tensione del concerto poiché il manifestante politico Abbie Hoffman salì sul palco con l’intento di urlare al microfono denunce pacifiste e il chitarrista della band, Pete Townshend, lo colpì con la chitarra facendolo cadere dal palco.
Il terzo e ultimo giorno fu la volta di Joe Cocker, Crosby Stills Nash & Young ma soprattutto passò alla storia per la storica esibizione finale di Jimi Hendrix: il chitarrista interpretò l’inno americano suonandolo in maniera distorta e ipnotica, tanto da riprodurre con lo strumento il suono delle bombe lanciate in Vietnam. Non fu solo un’esibizione, ma un gesto simbolico dall’alto contenuto politico e di denuncia che fece la storia del rock e della musica, diventando il simbolo dell’intera manifestazione. Il Festival si chiuse in ritardo, gli ultimi artisti salirono sul palco la mattina del lunedì, durante la quale il proprietario della fattoria Max Yasgur salutò dal palco la folla benedicendola: questa massa di giovani utopisti aveva dimostrato al mondo intero che fosse possibile organizzare un raduno pacifico di quelle dimensioni e che la forza delle idee e degli ideali fosse capace di iniziative impensabili.
Dal punto di vista organizzativo, il festival andò molto meglio del previsto, ma si rivelò un enorme problema economico e la società Woodstock Ventures si ricoprì di debiti che poterono essere parzialmente ripagati solo attraverso la distribuzione del film e di un disco live.
60 E. Assante, G. Castaldo, Il tempo di Woodstock, op. cit., p. 86
61 Ivi, p. 10
62 R. Bertoncelli, 1969 Da Abbey Road a Woodstock 1969, op. cit., p. 242
63 Ivi, p. 231
Questo brano è tratto dalla tesi:
''Peace and Love''. La controcultura in America negli anni Sessanta
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Informazioni tesi
Autore: | Alessandra Lorenzetti |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2021-22 |
Università: | Università degli Studi di Milano |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze internazionali e istituzioni europee |
Relatore: | Marco Sioli |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 52 |
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