L'extraterritorialità della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo
Il fenomeno della giurisdizione extraterritoriale degli Stati in dottrina
L'applicabilità di alcuni strumenti rivolti a salvaguardare e tutelare i diritti umani non dipende dal fatto che la violazione subita
dall'individuo sia frutto di una condotta illecita dello Stato avvenuta nel suo territorio o nel territorio di uno Stato straniero. L'articolo 1, comune alle quattro Convenzioni di Ginevra, ad esempio, sancisce che gli Stati devono rispettare i dettami dell'Accordo in qualsiasi
circostanza1. Per taluni trattati sui diritti umani, quindi, la questione dell'applicazione extraterritoriale non si pone neppure. Ad esempio, la Convenzione sul Genocidio non contiene alcun tipo di restrizione territoriale, del resto, come la Corte Internazionale di Giustizia ha notato, esiste un obbligo in capo ad ogni Stati di prevenire e reprimere ogni crimine genocida, senza nessuna limitazione imposta dai confini territoriali.
Ad ogni modo, per alcuni trattati "chiave" nel campo dei diritti civili e politici, come il Patto sui diritti civili e politici e la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, la situazione appare più complessa. Benché le formulazioni degli accordi in questione, ovviamente, non siano completamente identiche, esse obbligano gli Stati parte a garantire determinati diritti agli individui sottoposti alla loro giurisdizione. Vero è che la bozza di questi trattati prevedeva specificatamente l'applicazione extraterritoriale degli obblighi stabiliti. Sia la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, sia il Patto sui diritti civili e politici delle Nazioni Unite contengono disposizioni volte a riconoscere nella giurisdizione degli Stati parte il campo di applicazione degli obblighi sostanziali predisposti da questi strumenti. Tuttavia, come si constaterà più avanti, si sono verificati dei passi indietro sotto questo importantissimo aspetto a partire dal caso Bankovic che hanno portato a riconsiderare la responsabilità degli Stati come relativa alla rispettiva sovranità territoriale.
Per quanto concerne la C.E.D.U., come si è avuto modo di constatare nel capitolo precedente, l'articolo 1 stabilisce che i diritti e le libertà previste siano assicurati a tutti gli individui rientranti nella giurisdizione degli Stati parte.
A dispetto della loro formulazione testuale, tali disposizioni hanno assunto un significato differente, nel quadro della prassi applicativa degli organi istituiti dagli strumenti appena menzionati, e ciò, perlomeno per quanto riguarda la Convenzione Europea ed il Patto sui diritti civili e politici. Sin dalle prime decisioni adottate in argomento, sia dalla Commissione Europea dei Diritti dell'Uomo che dalla Corte europea dei Diritti dell'Uomo, come del resto anche dal Comitato dei diritti dell'uomo, la giurisdizione degli Stati contraenti, ai sensi delle norme indicate, è stata ritenuta idonea a ricomprendere anche fattispecie svoltesi al di fuori dell'ambito della sovranità territoriale dei medesimi.
Al Centre Maastricht for Human Rights, nel gennaio 2003, si tenne un seminario dove parteciparono diversi esperti di diritti umani, precisamente un rappresentante per ogni trattato che riguardasse la tutela dei diritti umani. I partecipanti furono invitati a riflettere sull'applicabilità extraterritoriale dei "loro" rispettivi trattati, alla luce dei principi sull'interpretazione dei trattati sanciti dagli articoli 31 e 32 della Convenzione di Vienna del 1969.
Il seminario non si concluse con la redazione di un documento ufficiale. Comunque gli elaborati, ufficiosi, sui trattati in materia di diritti civili e politici (tra cui il Patto sui diritti civili e politici e la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo) e le discussioni mostrarono alcuni punti di contatto tra i diversi strumenti internazionali, come del resto, evidenziarono alcune differenze. Un elemento in comune è che gli organi di controllo, predisposti dai trattati, non considerano la "giurisdizione" come sinonimo di "territorio". In altre parole, sono sostanzialmente d'accordo che l'applicabilità di questi trattati non ê limitata alle azioni condotte dagli Stati parte sul proprio territorio. Inoltre, vi è un sostanziale accordo sul fatto che se uno Stato esercita un effettivo controllo su un territorio straniero, per esempio come conseguenza di un'occupazione militare, gli obblighi sanciti dagli accordi si esplicano anche in questa circostanza. Nonché, se uno Stato esercita il proprio potere o la propria sovranità sugli individui, sequestrandoli o detenendoli, in territorio straniero, i trattati sui diritti umani dispiegano i loro obblighi.
Invece, non vi ê accordo sull'applicabilità extraterritoriale delle convenzioni sui diritti umani in merito alle condotte militari, per così
dire "subitanee", degli Stati su territorio straniero quando operano per motivi afferenti alla sfera dell'intervento umanitario.
Ad ogni modo è difficile concludere che la nozione di giurisdizione, risultante dalla prassi giurisprudenziale sia stata sufficientemente approfondita. Sicuramente è facilmente riscontrabile la scarsezza, se non proprio l'assenza, di tentativi volti a fornire una ricostruzione unitaria di tale fenomeno. Le posizioni espresse dalla Commissione Europea dei Diritti dell'Uomo e dalla Corte europea dei Diritti dell'Uomo in merito, infatti, tendono ad oscillare tra due estremi. Esse, da un lato, si limitano a registrare, con favore, il superamento dei limiti territoriali di applicazione della Convenzione e del Patto ad opera dei suddetti organi e del Comitato dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite.
Dall'altro lato, pretendono invece di ricavare spiegazioni di carattere generale in proposito, a partire da formule adoperate nella prassi relativamente a casi determinati. Ciò non bastasse, è sostanzialmente trascurato la circostanza che il problema stesso si inquadri all'interno
di quei strumenti relativi alla tutela dei diritti individuali. Questo è evidente per quell'interpretazioni del fenomeno dell'ampliamento extraterritoriale della giurisdizione degli Stati parte, servendosi delle categorie tradizionalmente usate per configurare le forme di manifestazione del potere statale rilevanti dal punto di vista del diritto internazionale e differenti dalla sovranità territoriale.
Il riferimento corre verso l'utilizzazione della categoria della sovranità o competenza personale (personal jurisdiction), di matrice essenzialmente anglosassone, ed alla categoria della competenza in materia di servizi pubblici all'estero.
Secondo Pasquale De Sena:
"Sia la giurisprudenza adottata dagli organi della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, sia la giurisprudenza adottata dal Comitato dei diritto dell'uomo in relazione al fenomeno, abbiano finito per dar corpo a una nozione di giurisdizione sostanzialmente autonoma, non solo rispetto alla nozione di sovranità territoriale degli Stati dal punto di vista del diritto internazionale, ma anche riguardo alle categorie tradizionalmente utilizzate per configurare altre forme di manifestazione del potere statale internazionalmente rilevante […] tale nozione risulti strettamente collegata alla funzione dei diritti individuali".
Tutto questo ha condotto ad un'evoluzione della nozione di territorio, che è sempre di più utilizzata in modo "espansivo" laddove la salvaguardia dei diritti umani è considerata talmente fondamentale, come nel caso della repressione del crimine di genocidio, che i
l'imposizione di "limiti" geografici alla loro sfera di applicazione non ha alcun senso. Ad esempio, nel caso di un determinato conflitto bellico, il diritto umanitario internazionale deve essere applicato sul tutto il territorio sotto il controllo delle parti belligeranti e non solo nell'area dove stanno combattendo. Esse devono rispettare il diritto umanitario internazionale in ogni luogo.
In altre situazioni, invece, il "concetto di territorio" diviene fondamentale per l'applicazione degli obblighi previsti dai trattati sui
diritti umani. Infatti, sono diversi i fattori che devono essere considerati per accertare la responsabilità dello Stato. Ad esempio, nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo spesso ê citato l'effettivo controllo esercitato da un dato Stato su un territorio. Ossia per dimostrare che quel determinato Paese ha commesso una violazione della C.E.D.U. occorre che sia accertata una situazione di occupazione del territorio, da parte di quest'ultimo, laddove esso eserciti un'autorità, con organi amministrativi o tramite le forze di occupazione, in grado di influenzare il godimento degli individui, ivi residenti, dei diritti sanciti dalla Convenzione europea.
Questo brano è tratto dalla tesi:
L'extraterritorialità della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo
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Informazioni tesi
Autore: | Francesco Plastina |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi della Calabria |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze politiche e delle relazioni internazionali |
Relatore: | Claudio Di Turi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 212 |
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