Harry Potter: fantasy e critica sociale

Uno studio di tipo psicanalitico sul fiabesco è stato effettuato da Bruno Bettelheim. Nel suo saggio The Uses of Enchantment. The meaning and Importance of Fairy Tales (1976) egli opera una distinzione tra mito e fiaba. Questi due generi, a suo avviso, hanno molto in comune, poichè entrambi esprimono un conflitto interiore. Tuttavia, nel mito l’eroe è presentato al lettore come una figura da emulare nella vita reale, mentre nella fiaba il protagonista è di solito meno perfetto per far sì che il lettore (il bambino nel caso analizzato da Bettelheim) non sia mai indotto a sentirsi inferiore. Se confrontiamo, ad esempio, il protagonista mitico dell’Iliade, Achille, con la protagonista della fiaba di Biancaneve, risulta evidente come le caratteristiche del primo differiscano nettamente da quelle della seconda. Achille è sicuro di sé, coraggioso e impavido fino all’eccesso,furbo, combattivo e sensibile; dà un’immagine di superiorità e grandezza impensabile per qualsiasi essere umano.
Biancaneve, invece, è il prototipo della vittima: ragazza ingenua, buona e gentile, non riesce a distinguere la malvagità nelle persone e per questo riesce a farsi ingannare dalla strega e a cadere sotto il suo incantesimo.
Operando un paragone con Harry Potter, protagonista dell’eponimo romanzo fantasy, si nota come egli sia quasi un anti-eroe: Harry è infatti un ragazzo in piena crisi adolescenziale, insicuro sia per quanto riguarda l’utilizzo dei propri poteri sia per quanto riguarda le relazioni con i ragazzi della sua età.
É impacciato con le ragazze e insofferente nei confronti delle regole; si mette più volte nei guai e viene spesso punito. Niente di più lontanto, dunque, dall’eroe mitico che dovrebbe essere emulato e a cui i comuni mortali restano sempre e comunque inferiori.