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Il concetto di attacco armato e la legittima difesa nel diritto internazionale: il caso Oil Platforms

Il divieto dell’uso della forza

Nell'ambito del diritto internazionale, il tema dell'uso della forza è sempre trattato facendo perno sui valori della pace e della giustizia.
Tra il XVII e il XVIII secolo, i giusnaturalisti, riprendendo dottrine che risalgono a Sant'Agostino, elaborano la dottrina della “guerra giusta”, secondo la quale la guerra è “giusta”, quindi lecita, se mira a riparare un'ingiustizia.
Nella visione positivista, prevalente nell'Ottocento e durante i primi decenni del XX secolo, invece, non vi sono regole che prevedano se e quando sia possibile utilizzare la forza. Il suo uso sarebbe, infatti, un diritto esclusivo del sovrano, non regolabile dalle norme giuridiche internazionali. Quest'ultime possono solo disciplinare le modalità dell'esercizio della forza. Per cui, non esisterebbero regole che disciplinino lo jus ad bellum, ma solo regole relative allo jus in bello.
Nell'epoca successiva alla prima e, soprattutto, alla seconda guerra mondiale, si afferma con forza il valore della pace ed emerge l'idea della guerra come male supremo. Si giunge, in tal modo, all'adozione di trattati multilaterali contenenti norme che proibiscono la guerra e l'uso della forza in generale. Queste affermazioni sono però bilanciate dalla previsione di meccanismi istituzionali che consentono l'uso della forza. Nei recenti dibattiti relativi alla legittimità dell'intervento NATO in Kosovo e, soprattutto, in relazione all'invasione anglo-americana i Iraq, il fattore morale emerge con particolare vigore. Costruire il dibattito su un tema delicato, come quello dell'uso della forza, attorno alla morale nasconde però un rischio: che vengano elaborati e assolutizzati valori morali universali, o presunti tali, e che siano attuati, anche con la forza e unilateralmente, da parte delle potenze egemoni.
Occorre allora soffermarsi sui concetti di morale ed etica. Mentre per morale si intende un insieme di principi mutevoli storicamente, l'etica viene intesa come processo dialettico, volto a riconoscere i valori morali prevalenti in un data comunità in un particolare momento storico. In tal modo si arriva a formalizzare detti valori in regole giuridiche. L'etica è quindi lo strumento che consente di accertate, caso per caso, se una norma giuridica è stata violata. In tal modo si evita che il “fattore morale”, da solo, possa giustificare l'azione arbitraria dei singoli soggetti di diritto internazionale.

Un primo passo verso l'affermazione del divieto dell'uso della forza si registra con il Patto della Società delle Nazioni. All'art 10, i Membri si impegnano:
“to respect and preserve as against external aggression the territorial integrity and political independence of all Members of the League.”
L'impegno di non ricorrere alla guerra non è comunque espresso in termini assoluti.
Un'ulteriore tappa verso il divieto alla guerra si riscontra, pochi anni dopo, con il Trattato di rinuncia alla guerra (detto “patto Briand-Kellogg”), concluso a Parigi il 27 agosto 1928. In esso le parti dichiarano, all'art 1:
“The high contracting parties solemny declare in the names of their respective peoples that they condemn recourse to war for the solution of international controversies, and renounce it as an instrument of national policy in their relations with one another.”
Il divieto di ricorso alla guerra e l'obbligo di risolvere le controversie con mezzi pacifici è, però, previsto solo con riferimento ai rapporti intercorrenti fra le parti del Trattato. Non si prevede, inoltre, alcun organo o procedimento che possa far valere gli obblighi pattizi.
Solo grazie alla Carta delle Nazioni Unite si afferma, in via generale, il principio del divieto dell'uso della forza. Gli Stati fondatori affermano, nel Preambolo, di essere decisi:
“to save succeeding generations from the scourge of war, which twice in our lifetime has brought untold sorrow to mankind.”
All'art 1 della Carta, il mantenimento della pace viene indicato come fine primario dell'Organizzazione,:
“The Purposes of the United Nations are: 1- To maintain international peace and security, and to that end: to take effective collective measures for the prevention and removal of threats to the peace, and for the suppression of acts of aggression or other breaches of the peace, and to bring about by peaceful means, and in conformity with the principles of justice and international law, adjustment or settlement of international disputes or situations which might lead to a breach of the peace (…).”
Inoltre, la Carta stabilisce, fra i principi delle Nazioni Unite, due obblighi fondamentali. Il primo è enucleato nell'art 2, par 3.
“All Members shall settle their international disputes by peaceful means in such a manner that international peace and security, and justice, are not endangered.”
Il secondo obbligo è previsto, nei seguenti termini, all'art 2, par 4:
”All Members shall refrain in their international relations from the threat or use of force against the territorial integrity or political independence of any state, or in any other manner inconsistent with the Purposes of the United Nations.”

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Il concetto di attacco armato e la legittima difesa nel diritto internazionale: il caso Oil Platforms

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Informazioni tesi

  Autore: Federica Cristani
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2004-05
  Università: Università degli Studi di Verona
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Scienze giuridiche
  Relatore: Marcella  Distefano
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 69

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Parole chiave

diritto internazionale
corte internazionale di giustizia
divieto uso della forza
attacco armato
legittiima difesa
oil platforms

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