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Il linguaggio politico dopo la “Primavera Araba” in Tunisia, Giordania & Siria

Il discorso di Re Abdullah II al Parlamento Europeo

Lo scopo di questa ricerca è, soprattutto, quello di comparare il linguaggio della classe politica di tre paesi (Tunisia, Giordania, Siria) prima e dopo il soffio del vento rivoluzionario della Primavera Araba.
In Giordania, seppur, l’esecutivo fu prontamente modificato allorché le proteste si fecero più vigorose, il monarca non fu mai inficiato da tutto ciò – come poc’anzi detto - poiché mai messo in discussione direttamente dal popolo. Tuttavia, alla luce delle riflessioni fatte nei precedenti capitoli posso affermare che nel paese si attuò un cambiamento rarefatto, che non riuscì a penetrare in tutte le istituzioni e in tutti i campi della vita quotidiana, come invece avvenne in Tunisia. Dunque, nell’ottica di quanto riportato nel paragrafo precedente si analizzerà quanto il discorso del monarca giordano del 10 marzo scorso, presso il Parlamento Europeo risulti essere contraddittorio, svelando quanto la politica giordana sia impari nella gestione degli affari esteri rispetto a quelli interni.

Re Abdullah II, figlio del re Hussein, assunse i poteri costituzionali come re nel 1999 a seguito della morte del padre. La sua vita è stata sempre una miscela di oriente e occidente, ne sono prova i suoi studi compiuti a cavallo tra il suo paese natale, il Regno Unito e gli Stati Uniti d’America. L’identità del monarca giordano è unica nel contesto arabo, di fatti, il primo elemento che salta all’orecchio, ascoltando le sue interviste, è il suo inglese, risultando essere impeccabile, a mo’ di un madrelingua, consacrando lo stesso come il più internazionale dei politici dell’area mediorientale. La storia personale del re Abdullah congiunta alle sue esperienze passate tra la Giordania e il mondo anglosassone hanno data vita alla particolare “figura” dello stesso ed in special modo alla sua originale identità. Tutto ciò trova conferma all’interno del concetto magistralmente esplicato nel manuale: Discourse and Identity. “[…] the identity is contingent on the local conditions of the interactional context” (Benwell & Stokoe, 2006) dove si afferma che l’identità è subordinata alle condizioni locali del contesto in cui interagisce.

Il lungo legame che unisce il monarca giordano al mondo occidentale viene ribadito, dallo stesso, nell’incipit del suo discorso al Parlamento Europeo. Difatti, la sua orazione è cominciata con l’affermazione che le persone prosperano dove vi è mutuo rispetto, sottolineando, altresì, il sodalizio da tempo presente tra il suo regno e l’Unione Europea. “People thrive where there is mutual respect” (Abdullah II, 2015) “Jordan treasures its long ties of friendship with this great institution.” (Abdullah II, 2015)
Il discorso del re al Parlamento Europeo, è avvenuto subito dopo il rapimento e la brutale esecuzione del pilota giordano da parte del sedicente Stato Islamico: un atto imperdonabile, che ha riportato la comunità giordana ad essere nuovamente coesa nella ferma volontà di allontanare la minaccia del “califfato” dai propri confini.

Re Abdullah, all’interno della sua orazione, non ha potuto non affermare, visto il luogo in cui veniva compiuta - roccaforte da sempre della laicità –, che la guerra avviata dal cosiddetto Stato Islamico fosse nutrita dall’odio, e che gli stessi militanti fossero famosi per aver compiuto brutali omicidi in nome di Dio, e che tuttavia la fede, non giustificasse, affatto, le disumane azioni compiute. La guerra che la monarchia costituzionale si apprestava a cominciare era una lotta contro coloro i quali violavano i valori basilari dell’Islam e dell’umanità intera.

“A war against an expansionist ideology that feeds on hate; that is committing murder in the name of God and religion to justify evil actions that no religion tolerates – a war against terrorists who disrespect Islam’s values and humanity’s value.” (Abdullah II, 2015)
Un punto di vista assolutamente accettabile, soprattutto se pervenuto – come in questo caso – da una figura politica, ma soprattutto moderata del Medio Oriente, tuttavia non posso non rimandare il mio pensiero al duro rapporto pubblicato da Amnesty International per il biennio 2014-2015 che nuovamente sfrega l’apparenza dei monarchi giordani.

Infatti, all’interno del rapporto si può apprendere come anche nel biennio in corso - 2014/2015 - nel paese a nord della Penisola Arabica, siano presenti controlli sui diritti alla libertà di espressione, associazione e riunione. Inoltre, vengono denunciati arresti e detenzioni arbitrarie. Il governo, a partire dal 2006, ha modificato la legge anti-terrorismo ponendo in essere una dura campagna di censura verso ogni tipo di pensiero che sia in contraddizione con quello del governo, per timore che questi possano evolvere, poi, in spirito estremista, dunque terroristico. Infine il rapporto evidenzia che all’indomani del vento rivoluzionario, in tale nazione, sono, ancora, compiuti maltrattamenti e torture verso gli imputati e che la pena di morte dopo otto anni è stata di nuovo attuata, senza dimenticare la condizione delle donne, ancora, discriminate.

Nell’ottica di quanto presentatoci da Amnesty International, risulta semplice domandarsi, come può uno stato, con tanti problemi interni piuttosto gravi, tante disparità tra classi sociali e tra sessi e con una continua censura nei confronti di chiunque osi contestare il governo, il re, oppure offendere la religione, essere considerato un modello all’interno del mondo mediorientale nonché chiave di volta per la definitiva sconfitta del sedicente Stato Islamico?
Argomentando il pensiero di Henry e Tator (2002), posso affermare che il discorso, in linguistica, altro non è che una interazione sociale, che si nutre direttamente dal background socio-culturale da cui ha origine. Infatti, la lingua, come ben sappiamo non può mai risultare neutrale perché è colma della nostra personalità e di elementi del contesto da cui proveniamo.

Discourse is the way in which language is used socially to convey broad historical meanings. It is language identified by the social conditions of its use, by who is using it and under what conditions. Language can never be ‘neutral’ because it bridges our personal and social worlds. (Henry and Tator, 2002)
Dal discorso in generale si può rinvenire anche l’identità del soggetto che lo compie; in qualsiasi momento della nostra vita (infanzia, gioventù, età matura, vecchiaia) e in ogni posto (casa, lavoro, scuola, strada) possiamo, con le dovute conoscenze, comprendere -attraverso una semplice interazione – il background del nostro interlocutore.

Tuttavia, secondo Benwell e Stokoe esistono due tipologie di interazione tra il discorso (generale) e l’identità:
1. La costruzione dell’identità avviene all’interno dell’interazione;
2. Oppure l’identità come frutto finale di strutture storiche sulla quale – quest’ultime – hanno avuto potere.

“A discursive view of identity can be realised in two ways: as a discursive performance or construction of identity in interaction, or as a historical set of structures with regulatory power upon identity.” (Benwell & Stokoe, 2006, p. 29)
Tornando alla fattispecie in esame, re Abdullah risulta essere il perfetto esempio della seconda interazione (discorso-identità) ne dà prova anche il pensiero di Foucault riportato dagli autori Benwell e Stokoe: “[…] identities are regarded as the product of dominant discourse that are tied to social arrangements and practices.” (Benwell & Stokoe, 2006, p. 30)
[…]

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Il linguaggio politico dopo la “Primavera Araba” in Tunisia, Giordania & Siria

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Informazioni tesi

  Autore: Marco Marra
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2014-15
  Università: Università degli Studi di Salerno
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze politiche e delle relazioni internazionali
  Relatore: Paola Attolino
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 67

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