Le Regioni italiane nella Multilevel Governance Europea. L'esperienza della Puglia
Il dibattito intorno al tema della Multilevel Governance
Come si è evidenziato nel paragrafo precedente, il dibattito in merito alla governance è stato monopolizzato da due schieramenti contrapposti e antitetici: gli "statocentrici" e i "sociocentrici".
In una posizione mediana si situano invece Gary Marks e Liesbet Hooghe che hanno fornito il maggior contributo per una definizione della multilevel governance quando più realistica possibile. È stato grazie al loro costante studio che si è avuta una definizione chiara sul tema, accolta, in larga parte, anche dalla Commissione Europea.
Marks e Hooghe non affermano, a differenza dei "socio-centrici", che il modello della multilevel governance presuppone una inevitabile perdita d'importanza degli esecutivi e delle arene statali. Non si trovano tantomeno d'accordo con gli "stato-centrici", secondo cui gli Stati rimangono ancora l'unico incontrastato potere di government.
Essi, partendo dall'osservazione dei meccanismi e processi decisionali nell'UE, arrivano alla conclusione che è innegabile che l'Unione rappresenti un modello del tutto autentico di gestione del potere: il miglior esempio esistente di multilevel governance.
Sono tre gli elementi chiave che caratterizzano la multilevel governance europea:
1. Il processo decisionale è condiviso tra attori di differenti livelli non è più monopolizzato dagli esecutivi statali. Le Istituzioni sovranazionali – soprattutto la Commissione Europea, la Corte di Giustizia Europea e il Parlamento Europeo – hanno un'influenza indipendente nel policy making che non deriva dal loro ruolo come agenti degli esecutivi statali.
Questi ultimi possono anche giocare un ruolo importante nella multilevel governance europea, ma non bisogna dimenticare che le tre Istituzioni succitate possiedano un ruolo autonomo e indipendente; un ruolo originariamente concesso dagli Stati ma che ora è del tutto al di fuori dalla loro sfera d'influenza.
2. Questo "processo decisionale collettivo implica una rilevante perdita di controllo per gli esecutivi statali individuali. Le decisioni che concernono le regole che devono essere applicate nell'Unione necessariamente implicano guadagni o perdite per gli Stati individuali, […] hanno il carattere di "somma zero".
È chiaro che nelle numerose politiche implementate dall'Unione ce ne saranno sempre alcune che andranno a nuocere gli interessi di un certo Stato e altre che, in un altro campo, lo avvantaggeranno. Spetta allo Stato in questione riuscire ad imporsi in sede europea per far si che si raggiunga, appunto, la cosiddetta "somma zero" tra perdite e guadagni.
3. "Le arene politiche sono interconnesse, non nidificate. Mentre le arene nazionali rimangono importanti per la formazione delle preferenze dell'esecutivo statale, il modello multilivello rigetta la visione che gli attori subnazionali siano racchiusi esclusivamente al loro interno. Al contrario, gli attori subnazionali operano sia nelle arene nazionali che in quelle internazionali. Gli Stati non monopolizzano i legami tra attori domestici ed Europei. […] In questa prospettiva, le complesse relazioni nella politica interna non si bloccano allo Stato-nazione, ma si estendono al livello europeo."
La separazione netta tra la sfera di politica interna e gli affari internazionali è del tutto rigettata nel meccanismo della multilevel governance. Le autorità subnazionali godono di una nuova e importantissima possibilità: agire autonomamente e direttamente nelle sfere di loro competenza, all'interno del processo decisionale europeo. Un chiaro esempio può essere la presenza sempre più massiccia degli Uffici Regionali di Collegamento con sede a Bruxelles. Le Regioni europee sono consapevoli del fatto che un avamposto diretto nel cuore decisionale europeo permetterà loro di sfruttare al meglio tutte le opportunità che la multilevel governance mette a disposizione per influenzare attivamente (e quindi incidere direttamente) il processo legislativo europeo.
Bisogna però aggiungere che lo stesso discorso fatto per gli Stati deve essere ribadito con maggior forza per le Regioni. Il peso politico di una Regione dipende da come questa riesce a districarsi nell'arena decisionale europea. Le Regioni non godono dello status riconosciuto agli Stati e sono molto differenziate al loro interno, giacché alcune hanno molti più poteri di altre26, poteri che permettono loro di partire da una posizione avvantaggiata. I loro risultati dipenderanno quasi totalmente dalla loro capacità di mettere in campo azioni di lobbying mirate e di successo.
Quanto detto apparirà con maggior chiarezza una volta analizzata la situazione italiana, dove alcune Regioni a statuto ordinario, con mezzi molto più limitati, riescono a conseguire risultati notevolmente superiori rispetto a quelli di altre Regioni a statuto speciale.
In ogni caso è innegabile che, stante l'attuale assetto istituzionale, le Regioni continueranno ad essere attori marginali. Anche quando riescono a inserirsi nel decision making europeo, spesso devono scontrarsi con l'ostilità dimostrata dagli Stati e in particolar modo con le rappresentanze statali presso le Istituzioni europee. Quest'ultime, infatti, sono preoccupate dall'attivismo di alcune Regioni e timorose di poter perdere il loro ruolo di unico tramite tra lo Stato e le Istituzioni europee.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Le Regioni italiane nella Multilevel Governance Europea. L'esperienza della Puglia
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Informazioni tesi
Autore: | Enrico D'Ambrosio |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2011-12 |
Università: | Libera Univ. Internaz. di Studi Soc. G.Carli-(LUISS) di Roma |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze politiche e delle relazioni internazionali |
Relatore: | Paolo De Caterini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 178 |
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