Il diario di bordo: approccio qualitativo alla conoscenza di un contesto specifico
Il diario di bordo in educazione
Il diario di bordo è uno strumento molto usato dai ricercatori ed è più. Viene chiamato in questo modo perché per fare di lui un utile strumento formativo bisogna considerarlo come un “compagno di viaggio”.
Può essere definito come uno strumento di autoriflessione che consente di mettere per iscritto il nostro vissuto esperienziale con lo scopo di comprendere meglio una data realtà sociale. In altre parole, “è la scena in cui ricostruire la storia di un processo (…) che acquista significato nella misura in cui gli eventi narrati documentano l'esperienza nella sua complessità di processo emotivo e cognitivo, sociale e politico.”
La scrittura del diario è una forma molto antica di espressione e di riflessione. Possiamo far risalire l'origine del diario di bordo alle ricerche antropologiche che prendono il nome di ricerca etnografica. Con questo tipo di indagine si cerca di “comprendere e interpretare il punto di vista dei nativi, ma anche di descrivere ciò di cui i nativi non hanno consapevolezza.”
Per raggiungere tali obiettivi si ricorre a una combinazione di metodi di ricerca. Una delle tecniche più diffuse è l'osservazione partecipante, insieme ad altre come il sondaggio, l'intervista, l'analisi documentale. Tutta la documentazione empirica deve essere trascritta dagli antropologi stessi sotto forma di cosiddette note etnografiche, gli antenati del diario di bordo. In queste note i ricercatori ricostruiscono la realtà osservata nei minimi particolari; se è necessario, vengono trascritti i colloqui con gli informatori, le interviste occasionali e anche le riflessioni personali dell'antropologo.
Il contenuto di queste note dipende molto dal contesto in cui viene condotta la ricerca e nche dal rapporto istituito con i nativi. Il primo antropologo che ha cercato di definire il metodo etnografico dandogli la forma più rigorosa e sistematica, è stato Bronislaw Malinowski, che dopo aver condotto la propria ricerca sulle isole di Trobiand (1922), individua i principi fondamentali per una buona indagine etnografica che sono sostanzialmente due: essere disposti a vivere in mezzo alla popolazione che si sta studiando e prendere meticolosamente gli appunti di tutti gli eventi osservati.
La principale caratteristica di queste note etnografiche è la loro stesura giorno dopo giorno per non perdere di vista nessun particolare. L'informazione che devono contenere le note possono essere di due tipi: uno relativo all'oggetto di studio e l'altro riguardante il rapporto che il ricercatore stabilisce con i propri ospiti. Anche se può sembrare facile, la stesura delle note richiede molto tempo e dedizione. Nelle note occorre fare una descrizione cronologica degli eventi della giornata seguendo i tre principi: distinzione, concretezza e ridondanza. Il primo principio si riferisce all'ordine all'interno delle note. Riguardo a questo si decide molto spesso di dividere le note in due capitoli, ossia la descrizione della cultura e la descrizione della relazione osservativa.
Il principio di concretezza rimanda soprattutto al linguaggio che deve essere estremamente concreto e deve evitare eccessiva astrazione. Il principio di ridondanza è strettamente legato al principio della concretezza in quanto la descrizione non deve tralasciare niente, nulla deve essere dato per scontato: “Le note etnografiche devono essere redatte come se alla loro lettura ci si dovesse dedicare quindici o vent'anni più tardi, quando il ricordo della propria esperienza di ricerca sarà meno limpido.”
Per quanto riguarda l'educazione, si possono trovare due punti di riferimento per le ricerche in questo ambito in due testi, Life in classroom di P. W. Jackson e The complexities of an urban classroom di L. M. Smith e W. Geoffrey.
Nel primo caso, si tratta di un testo costruito a partire dalle registrazioni effettuate nel corso della scrittura del diario attraverso cui l'autore ha cercato di avvicinarsi il più possibile alla fenomenologia del mondo educativo. Il secondo testo documenta un altro caso dell'uso del diario ed è scritto in collaborazione con un osservatore partecipante e un insegnante osservatore.
Tenere il diario di bordo concorre a sviluppare diverse abilità come osservazione, documentazione, riflessione e la cosa più importante è la ritensione, ovvero “rendere disponibile un materiale esperienziale sul quale ritornare riflessivamente per guadagnare consapevolezza dei propri vissuti e delle esperienze mentali che li hanno accompagnati.”
Il diario, però, non si limita soltanto al vissuto esperienziale che abbiamo ritenuto più significativo rispetto ad un altro. Per non perdere anche i minimi particolari (che solo alla fine del lavoro potranno essere giudicati come utili o di secondo piano) occorrerebbe praticare la scrittura giornaliera, ovvero, scrivere tutti i giorni. Una disciplina faticosa, ma che risulta essere molto utile non solo ai fini della ricerca effettuata, ma anche per la formazione del ricercatore stesso.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Il diario di bordo: approccio qualitativo alla conoscenza di un contesto specifico
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Informazioni tesi
Autore: | Svetlana Babenko |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi di Perugia |
Facoltà: | Scienze della Formazione |
Corso: | Scienze dell'educazione e della formazione |
Relatore: | Silvia Crispoldi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 65 |
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