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Il concetto creativo e dialettico dello "Spirito" nei "Dialoghi Italiani" di Giordano Bruno

Il confronto fra alcuni testi aristotelici e la posizione bruniana

A modo di ricapitolazione si deve osservare che la posizione del principio bruniano dell’un-infinito mobile determina conseguentemente l’affermazione della insopprimibilità dell’apparenza dell’opposizione. Questa apparenza sembra tradursi visivamente e sensibilmente nella divisibilità (interna) della materia. Una trazione e distinzione fra la materia 'incorporea' e la materia 'corporea' è infatti l’espediente che Giordano Bruno utilizza nel De la Causa, Principio e Uno per preparare il terreno speculativo all’inserimento della centralità del fattore immaginativo e desiderativo nella trattazione di quella apertura morale e religiosa tematizzata lungo l’intera silloge dei Dialoghi Morali (Spaccio de la Bestia trionfante; Cabala del Cavallo pegaseo, con l’Aggiunta dell’Asino cillenico; De gli Eroici furori).

All’inizio della sua speculazione in italiano l’autore nolano si preoccupa però di concentrare l’attenzione del lettore verso il principio ed il movimento etico che sta a fondamento di quella trazione e distinzione: la relazione inesausta, continua e creativa fra perfezione e ciò a cui essa dà luogo. L’alterazione. Non è però meno vero, nello stesso tempo, che il filosofo nolano ricordi, proprio in chiusura della serie dei tre dialoghi di contenuto morale, proprio e di nuovo lo stesso principio e lo stesso movimento (la possibilità d’infinire),286 a ripresa e coronamento dell’intenzione più profonda e giustificatrice della sua intera opera speculativa in italiano. Qui però, nella parte che più direttamente mette in questione la strutturazione aristotelica (la serie dei Dialoghi Metafisico-cosmologici: Cena de le Ceneri; De la Causa, Principio e Uno; De l’Infinito, Universo e mondi), la nostra attenzione deve essere catturata subito dalla costruzione di quel fondamento filosofico che determinerà poi (nei Dialoghi Morali) il riflesso della critica all’idea, tenacemente umana, di possesso. Ma questa costruzione potrà trovare migliore e più chiara visibilità (soprattutto nella sua architettonica) non appena il rapporto oppositivo fra posizione aristotelica e speculazione bruniana riesca a trovare opportuna collocazione e definizione.

L’identità e la pluralità delle realizzazioni dello Spirito costituiscono, insieme, la fonte infinitamente creativa della riflessione filosofica e dell’azione pratica bruniane. L’inesausta ed inesauribile intenzione dell’originario si svela come desiderio realizzante universale, artisticità ineliminabile e necessaria: richiamo etico alla reciprocità, eguale e fraterna, della libertà. Solamente l’infinito intensivo dell’universale può presentare come proprio effetto ed apparenza quell’idea aperta di possibilità che riesce ad accogliere nel suo seno la totalità delle determinazioni, ovvero l’infinito estensivo. Così è l’utopia bruniana dell’infinito creativo a salvaguardare la pluralità e la plurivocità delle determinazioni; l’Identità della distinzione aristotelica fra potenza ed atto, con la priorità del secondo sulla prima, può invece solamente sostituire l’apertura pluriversa bruniana con la materialità di una sostanza assoluta, omogenea ed annichilente.

Mentre in Bruno, allora, lo Spirito riconosce se stesso attraverso l’universalità del desiderio, nella determinazione della finitezza cara alla tradizione aristotelica l’atto del fine giustifica tutti gli strumenti utilizzati per ravvisarlo, confermarlo ed applicarlo. Se in Bruno l’ideale dell’Amore eguale costituisce l’eticità infinita del sapere e dell’essere, quando l’infinito dell’opposizione è e non è l’infinito stesso, nell’accoglimento cristiano della speculazione aristotelica il presupposto sospeso di un mondo unico vale quale materia predisposta ad un atto generativo e salvifico misterioso ed inesprimibile. Con il rischio che la sostanzializzazione istituzionale di questo mondo unico obnubili il proprio stesso principio, a favore di una rigida, autoritaria e totalitaria organizzazione dei fini e degli strumenti atti a realizzarli.

Contro la costituzione di uno spazio immobile e superiore, nel quale far agire un agente sopramondano, garante della differenziazione e del relativo ordinamento, il movimento creativo bruniano si sviluppa attraverso la dialettica naturale e razionalmente spontanea operante fra i due termini apparentemente distinti della libertà e della eguaglianza. Qui si mostra l’abisso della diversificazione desiderativa universale, che garantisce l’essere ed il poter-essere di ogni esistente, nell’unità relazionale (dinamica) infinita. Qui il sapere dell’essere e l’essere del sapere si rincorrono e si slanciano reciprocamente, giustificati e mossi dal termine della fratellanza dell’universale.

Qui, ancora e conclusivamente, l’Uno lascia di sé l’unità infinita della diversità, aprendo il campo innumerabile delle libere 'potenze' e ricordando se stesso attraverso la sua 'perfezione'. Se la posizione metafisica dell’Uno apre, in Bruno, lo spazio della creatività, e se la posizione etica della sua perfezione istituisce il rapporto dialettico fra la sua libertà e la sua eguaglianza, nel campo infinito del ricordo del suo amore universale, la distrazione della sostanza materiale aristotelica sembra invece astrarre principi atomici individuali, immaginati come elementi compositivi neutrali. Allora tanto la posizione bruniana dell’unità infinita salvaguarda quello slancio desiderativo che è ragione d’esistenza e di salvezza, quanto l’opposto pensiero aristotelico della finitezza consente l’impianto e l’inserzione della modernità numerante, quantificante e misurante. In un’apoteosi d’organicità, calcolabile ed ordinabile.

Tanto il movimento creativo indotto dall’ideale della divina possibilità fa della diversificazione il motore e l’esemplificazione di un’amorosa ed eguale liberazione, dimostrando una grandezza emotiva capace di contenere tutte le molteplici implicazioni e tutte le innumerabili finalità determinate, quanto il criterio della monolitica fisicità dell’essere invece riduce e ricompatta, intorno alla linearità della determinazione, ogni apertura e diversificazione, annichilendo la ricerca razionale e sostituendone le richieste tramite l’accettazione o l’imposizione della dialettica fra spossessamento e dominio. Se, allora, le parti nell’universo bruniano non vengono spossessate, ma mantengono una aperta ed eguale libertà, l’eteronomia di un ordine agito da un soggetto separato invece limita e determina lo spazio ed il tempo della vita nella necessità, e costringe la potenza all’identità prioritaria di un atto che funge da ordine interno dell’intero universo, secondo la predisposizione di una impressione formale, ritenuta immagine dell’azione intellettiva divina.290 Così la concezione bruniana dell’opposizione infinita ha il significato e valore del positivo e propositivo dissolvimento della puntualità e materialità dell’individuo assoluto.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il concetto creativo e dialettico dello "Spirito" nei "Dialoghi Italiani" di Giordano Bruno

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Informazioni tesi

  Autore: Stefano Ulliana
  Tipo: Tesi di Dottorato
Dottorato in Dottorato di ricerca in Filosofia
Anno: 2002
Docente/Relatore: Gregorio Piaia
Correlatore: AlessandroTessari
Istituito da: Università degli Studi di Padova
Dipartimento: Filosofia
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 982

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Parole chiave

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infinito
aristotele
presocratici
platone
creativo e dialettico
storia dell'aristotelismo e la sua critica

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