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Il concordato preventivo dopo la legge 134/2012

Il concordato preventivo dopo la riforma del 2005

Era, per tutti i motivi sopra esposti, molto sentita l’esigenza di una normativa che incentivasse il risanamento aziendale, caratterizzata dalla massima libertà e varietà delle forme di risanamento. Con la riforma l’accesso alla procedura di concordato preventivo è stato notevolmente facilitato, essendo stati eliminati i requisiti di meritevolezza dell’imprenditore, ed il piano concordatario non è più tenuto a prevedere quei vincoli di contenuto previsti con la disciplina previgente, potendo ora avere ad oggetto un contenuto estremamente vario, non dovendo più garantire nelle proposte di concordato presentate dopo l’anno 2006, in ogni caso, la soddisfazione integrale dei creditori privilegiati e non essendo più vincolato ad alcuna percentuale minima di soddisfazione dei creditori chirografari.

Il nuovo concordato preventivo si differenzia inoltre dal precedente proprio per il fatto di poter avere anche finalità recuperatorie dell’equilibrio economico aziendale, a differenza del precedente concordato avente finalità prevalentemente liquidatoria. E’ necessario aggiungere che nonostante la nuova previsione legislativa, nelle aule di Tribunale, sono ancora sporadici i concordati preventivi con finalità di risanamento. Questo è dovuto al fatto che la disciplina non era idonea ad apportare una protezione adeguata al patrimonio dell’imprenditore che volesse risanare l’impresa, inoltre i fornitori si mostrarono restii a continuare la fornitura di beni necessari per la fruttuosa prosecuzione dell’attività. Non da ultimo va evidenziato come spesso con l’apertura della procedura di concordato i contratti in corso di esecuzione venivano a cessare e gli istituti di credito concedevano sempre con maggiore difficoltà finanziamenti81 essenziali in questa fase per poter permettere il rilancio necessario all’attività imprenditoriale.

Proprio quelli appena posti in evidenza sono stati i profili critici che hanno indotto il legislatore del 2012 ad intervenire per mezzo del decreto sviluppo prevedendo appositi strumenti per assicurare un’idonea protezione del patrimonio della società, dando la possibilità all’imprenditore di accordare un trattamento differenziato per i fornitori “strategici” per l’esercizio sociale, concedendo anche una serie di prededuzioni per coloro che saranno disposti ad erogare finanziamenti all’impresa in crisi in modo da poterne favorire la ripresa. Tutti questi aspetti verranno ripresi in modo corposo nel corso della trattazione nel capitolo dedicato alla nuova normativa. Entriamo ora nello specifico della disciplina post 2005, per poter meglio comprendere la direzione intrapresa dal Legislatore, iniziando proprio dall’aspetto più rilevante, cioè quali sono i presupposti soggettivi necessari per poter accedere alla procedura di concordato preventivo:

1) i presupposti soggettivi: coincidono con i presupposti previsti dall’art.1 della legge fallimentare, intitolato appunto imprese soggette al fallimento e al concordato preventivo. Come per il fallimento, non tutti gli imprenditori possono accedere alla procedura, ne sono esclusi gli enti pubblici e gli imprenditori agricoli, non rilevando invece la qualità di imprenditore artigiano, essendo assorbita dal parametro dimensionale. Riassumendo, possono accedere alla procedura di concordato preventivo gli imprenditori commerciali non piccoli, ovvero quelli che superano anche uno solo dei tre parametri previsti dall’art.1 L.F., vale a dire attivo patrimoniale superiore a € 300.000, ricavi lordi superiori a € 200.000, indebitamento complessivo superiore a € 500.000. Analizzandoli singolarmente, emerge che il requisito dell’attivo patrimoniale sostituisce quello precedente degli investimenti nell’azienda, rilevatori di un parametro di incerta definizione, mentre quantificare l’ammontare dell’attivo patrimoniale risulta essere molto più semplice, essendo sufficiente verificare dallo stato patrimoniale l’attivo previsto dall’art. 2424 C.C.

Passando al parametro dei ricavi lordi, la legge dice espressamente che possono essere accertati in qualunque modo, potendo pertanto desumersi sia dalle scritture contabili che dai registri fiscali, ma anche da accertamenti tributari non definitivi, ovvero da dati extracontabili come i corrispettivi non dichiarati, nonché tutti gli altri ricavi derivanti dall’esercizio dell’impresa. Il terzo parametro, avente ad oggetto l’indebitamento complessivo, è stato introdotto dal decreto correttivo alla riforma e va riferito al momento del deposito del ricorso per l’ammissione alla procedura. Così facendo si è voluto consentire di accedere alla procedura di concordato preventivo anche ad imprese di medie dimensioni, che non raggiungevano i requisiti degli investimenti e dei ricavi complessivi, in quanto risultavano inattive o poste in liquidazione negli ultimi esercizi.

2) Lo stato di crisi: secondo il previgente art. 160 L.F., il presupposto oggettivo per poter accedere alla procedura di concordato preventivo era lo stato di insolvenza, che si differenziava dal presupposto del fallimento solo sotto il profilo quantitativo, in quanto nel caso di concordato l’insolvenza non doveva essere così grave da impedire il pagamento dei creditori nelle misure minime previste dalla legge; come conseguenza automatica, era prevista la dichiarazione di fallimento in tutti i casi di esito sfavorevole del concordato. L’art. 160 novellato dalla legge n. 80 del 2005 consente la proposizione del concordato all’imprenditore che si trova in stato di crisi. Si ritiene a questo punto necessario operare una distinzione sul concetto di crisi rispetto al concetto di insolvenza: per insolvenza si intende la situazione di obiettiva impotenza economica, situazione che si presenta come irreversibile, e che ricorre quando l’imprenditore non è più in grado di adempiere a scadenza alle proprie obbligazioni con mezzi normali di pagamento, essendo venute meno le condizioni di liquidità e non essendo più possibile far ricorso al credito, in quanto non si è più in grado di fornire idonee garanzie agli istituti creditizi86. La situazione di crisi è solitamente definita come una situazione prodromica all’insolvenza, una situazione patrimoniale, economica e finanziaria in cui si trova l’impresa, tale da determinare il rischio di insolvenza. I problemi sono sorti dal fatto che la normativa attuale non definisce in alcun modo lo stato di crisi, portando in certi casi alcuni Tribunali a non ammettere alla procedura di concordato preventivo l’imprenditore richiedente che versava in stato di insolvenza. Si è reso necessario per porre rimedio alla situazione l’intervento del D.lgs. 30.12.2005 n. 273 che ha inserito nell’art.160 L.F. un comma 2° per precisare che ai fini di cui al primo comma per stato di crisi si intende anche lo stato di insolvenza.

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Il concordato preventivo dopo la legge 134/2012

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Informazioni tesi

  Autore: Dario Donadoni
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Bergamo
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Federico Clemente
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 186

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concordato preventivo
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