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La politica estera dell'Italia Repubblicana nel Mediterraneo. Le relazioni Italia - Libia

Il colonialismo italiano e le rivendicazioni di Gheddafi

Il risentimento di Gheddafi verso gli italiani farà da cornice ai 42 anni del suo lunghissimo regime. I motivi di questa ostilità affondano le radici nella colonizzazione italiana che si intreccia con la storia personale sua, della sua famiglia e del suo popolo. Sono circa 100 mila le vittime libiche dell’oppressione italiana durante la colonizzazione giolittiana e fascista, che in trentadue anni si è avvalsa di campi di concentramento, deportazioni di massa e uso di gas chimici.
Per quanto riguarda la propria storia personale, Gheddafi non perde occasione per ricordare i lutti avvenuti nella sua famiglia per mano italiana.
Il nonno e un fratello dello stesso caddero in battaglia nel 1911 e nel 1915, mentre un altro fratello del nonno fu catturato da Graziani e impiccato nel 1928. Anche il padre del Colonnello, Mohamed Abdel Salam Abominiar, rimase colpito (ma non ucciso) dalle pallottole italiane nella battaglia di al Qardabiya del 1915, mentre Gheddafi, nel ’48, venne ferito al braccio destro da una mina italiana che esplodendo uccise i due cuginetti. Tale serie di drammatici avvenimenti, raccontati da Gheddafi nel racconto “La Morte”, porterà lo stesso Capo di stato libico a rivendicare puntualmente e a più riprese il risarcimento per i danni subiti durante la guerra e il colonialismo, unito al pubblico riconoscimento delle gravissime colpe dell’Italia in Libia. Queste rivendicazioni si susseguiranno giungendo a costituire un vero e proprio nodo politico-diplomatico nell’intricata trama dei rapporti altalenanti tra i due paesi.
I vari governi italiani si dimostreranno reticenti a fare i conti col passato coloniale e fin dai primi anni Settanta il Ministro degli Esteri Aldo Moro, pur mantenendo un atteggiamento equilibrato senza voler interrompere le relazioni diplomatiche con la Libia, evita di pronunciare condanne morali del colonialismo italiano e intende considerare risolto il contenzioso economico rifacendosi all’accordo stipulato con re Idris nel 1956. Anche in quel risarcimento di guerra la diplomazia italiana si guardò bene dall’evidenziarne la causale, manifestando ambiguità ed esitazioni che successivamente permisero a Gheddafi di utilizzare la questione come arma negoziale ed elemento portante della sua retorica anti-italiana. Egli accusava l’Italia di aver provocato la morte di ben 750 mila libici. Numeri certamente esagerati, ma, a sentire Angelo Del Boca, il maggiore storico del colonialismo italiano in Africa, se ci si basa sugli unici censimenti della popolazione libica, quello turco del 1911 e quello italiano del 1931 (seppur del tutto approssimativi data la difficoltà di censire la popolazione nomade in un territorio di tale vastità), si ottiene una stima di partenza di quello che può essere definito un autentico genocidio. Nella sola Cirenaica tra il 1911 e il 1931 si calcola un calo della popolazione libica di 60-80 mila unità, di cui 20 mila sarebbero coloro che si rifugiarono in Egitto e 40 mila i morti per la guerra, le deportazioni e la prigionia nei lager. Di pari entità risulta essere dai censimenti la diminuzione della popolazione in Tripolitania dovuta, anche in tal caso, in parte alla fuga verso paesi limitrofi ed in parte alla repressione italiana.
Alle cifre delle deportazioni e dei morti della repressione vanno aggiunte quelle dei deportati libici confinati nelle isole Tremiti e a Ustica per “esigenze di pubblica sicurezza”. La prima fase di tali trasferimenti coatti risale al 1911/1912, quando l’Italia di Giolitti occupò la Tripolitania e la Cirenaica strappandole all’Impero Ottomano con la Guerra italo-turca. In quegli anni tra le 3 e le 5 mila persone furono deportate nelle isole di Ustica, Favignana, Tremiti e Ponza.
Altre violenze avvennero durante la riconquista fascista. Tra il 1924 ed il 1926 l’aeronautica italiana bombardò indiscriminatamente la popolazione civile, utilizzando gas asfissianti e vescicanti proibiti dalla Convenzione di Ginevra, come l’iprite (informazioni conservate negli archivi del Ministero degli Esteri, e in possesso di fonti militari). Nell’estate 1930 ebbe invece inizio la deportazione di 100.000 libici dal Gebel cirenaico ed il loro trasferimento coatto in veri e propri campi di concentramento nelle vicinanze dei presidi italiani situati nel sud bengasino e nella Sirtica.
La resistenza contro l’occupazione italiana coinvolse fin dall’inizio sia la Tripolitania con cira 30 mila persone schierate al fianco delle truppe ottomane, sia la Cirenaica organizzata attorno alla Senussia. Anche molti paesi musulmani, arabi e non, solidarizzarono contro gli italiani che persero d’un tratto il credito acquisito fino ad allora nella regione, e favorirono quello che può essere considerato il primo movimento di resistenza panislamico. Resistenza che all’interno dell’ex colonia italiana fu guidata sin dal principio dallo sheikh appartenente alla Senussia Umar al-Mukhtar.
Egli rappresentò una spina nel fianco per tutti i governatori italiani che si susseguirono nel paese, da Volpi a Badoglio. Fu quest’ultimo, avvalendosi della ferocia del suo vice Graziani, a debellare la resistenza prima in Tripolitania poi anche nella Cirenaica, dove Graziani riuscì attraverso misure repressive a distruggere la Confraternita e ad arrestare il leader della resistenza, che fu arrestato ed impiccato in pubblico il 16 settembre 1931.
Umar al-Mukhtar divenne l’eroe nazionale del popolo libico e la figura attorno a cui Gheddafi cercherà di costruire un’identità nazionale basata sul nazionalismo arabo e sull’anti-imperialismo.
Durante la Seconda guerra mondiale, inoltre, l’ingresso dell’Italia in guerra a fianco della Germania e l’inizio della campagna del Nord Africa comportarono danni incalcolabili e grandi sofferenze per la popolazione civile libica, e la Cirenaica fu ancora una volta la regione maggiormente devastata. Tra il 1940 ed il 1943 fu infatti teatro di due offensive italotedesche e di tre contro-offensive britanniche, nonché di furti, saccheggi e violenze da parte delle truppe alleate nella città di Bengasi.
Le operazioni dei due eserciti contrapposti provocò anche lo spargimento di una grandissima quantità di mine (da 5 a 14 milioni), le cui conseguenze colpirono per decenni la popolazione civile e, come abbiamo visto, lo stesso Gheddafi.

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La politica estera dell'Italia Repubblicana nel Mediterraneo. Le relazioni Italia - Libia

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Informazioni tesi

  Autore: Andrea Scandura
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze per la cooperazione allo sviluppo
  Relatore: Marco Cilento
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 157

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