Il cervello del criminale: analisi, nosografia e strumenti psicodiagnostici da Lombroso alle neuroscienze
Il cervello del criminale: fattori ambientali, biologici, e gli studi di Adrian Raine
Da tempo i ricercatori lavorano per capire cosa induce una persona a diventare un soggetto deviante, ma non vi è ancora una risposta del tutto univoca, seppure si sono definite alcune peculiarità che accomunano i criminali.
Uno dei principali fattori considerati come ‘colpevoli’ di innescare una condotta violenta è l’aver sofferto un’infanzia particolarmente traumatica o un abuso sessuale compiuto da parte di uno sconosciuto o da parte di un membro della famiglia, sul cui ricordo è intervenuta una rimozione cognitiva.
Nel caso specifico degli assassini, ad esempio, lo studioso Dietz insieme al suo team di ricercatori, dal 1984 al 1988 studiò dei casi di assali seriali.
I ricercatori conclusero il loro lavoro evidenziando come la maggior parte dei soggetti presi in esame subì violenze in infanzia. Altri fattori comuni sono la piromania, l’incontinenza urinaria infantile, e la crudeltà verso gli animali.
Più del 60% degli assassini avrebbe sofferto di enuresi notturna, e quasi tutti avrebbero torturato in modo sadico degli animali. La loro uccisioni consentirebbe alla persona di esercitare un dominio ed un potere differentemente represso.
Arnold Arluke analizzò 153 soggetti che seviziavano animali, confrontandoli con un gruppo di controllo.
Dallo studio si arrivò alla conclusione che addirittura chi torturava animali aveva una probabilità ben cinque volte superiore di commettere in futuro atti violenti come stupro, aggressione e omicidio.
Oltre il 90% degli assassini tende a provenire da famiglie disfunzionali, solitamente abbandonato da uno dei due genitori.
Vivere in una famiglia violenta genera nel bambino un vissuto di paura continua che lo porterebbe a reprimere i sentimenti, impedendogli di provare empatia. Adrian Raine è un noto professore dell’Università della Pennsylvania il quale dopo le prime ricerche dedicate alla psicologia sperimentale, si dedicò allo studio delle neuroscienze e della criminologia.
L’obbiettivo dei suoi studi non è quello di andarsi a proiettare su un determinismo di base neurologica che andrebbe a paragonare l’essere umano ad una qualsiasi macchina, ma di capire che le azioni dell’uomo e le sue scelte hanno una base biologica forte.
All’opposto del determinismo biologico di Cesare Lombroso, Raine ritiene che i comportamenti devianti si scatenino a causa di fattori concomitanti, e che quindi la predisposizione biologica inevitabilmente va a comunicare con gli aspetti sociali, comportamentali ed ambientali.
In un articolo pubblicato su ‘Il Sole 24ore’ nel Dicembre 2016, Raine affermò come i bambini non nascono cattivi, come invece Lombroso riteneva, ma possono poi trasformarsi in adulti violenti subendo un’esperienza traumatica nell’infanzia.
Durante gli anni ’90, alcuni ricercatori dell’University of California di Irvine individuarono le prime differenze neuroanatomiche tra il cervello di un criminale e quello di una persona socialmente innocua.
Raine, insieme alla collega Monte Buchsbaum, ebbe la possibilità di effettuare uno studio sul cervello di un campione di 41 criminali, e 41 soggetti ‘normali’, tramite l’utilizzo della la PET.
Grazie a questo strumento si è potuto prendere in studio contemporaneamente l’attività metabolica delle regioni cerebrali più grandi, inclusa la corteccia prefrontale. Lo studio consisteva nel sottoporre l’individuo ad un esercizio, il Continuous Performance Test, per andare ad attivare o ‘sfidare’ la corteccia prefrontale, che gioca un ruolo di straordinaria importanza nel mantenere alta la concentrazione di un individuo.
Il criminale in questione doveva premere un tasto ogni volta che vedeva l’immagine di una ‘O’ comparire sullo schermo del computer per trentadue minuti.
Dopo il CPT il soggetto veniva sottoposto alla PET, che misurava i livelli di glucosio raggiunti durante i trentadue minuti d’esercizio. Si rilevò che più il metabolismo glucidico era alto, più la corteccia prefrontale era sollecitata in quel momento.
Sostanzialmente, lo studio effettuato andò a rivelare come i risultati della PET degli criminali rispetto a quella del gruppo di controllo evidenziavano una simile attivazione della corteccia primaria, un ridotto funzionamento prefrontale ed una scarsa attivazione orbitofrontale.
Quindi, se paragonati al gruppo di controllo, i quarantuno soggetti devianti hanno dimostrato come fosse presente all’interno del loro cervello una riduzione significativa del metabolismo glucidico prefrontale.
Rispetto al gruppo di controllo, i soggetti detenuti sono stati in grado di svolgere il loro compito plausibilmente grazie ad un ausilio maggiore della corteccia visiva primaria, che risultava essere più attiva nei soggetti devianti. Presumibilmente hanno utilizzato l’azione di questa area per compensare una prestazione sotto tono della corteccia prefrontale.
Dunque, la disfunzione prefrontale dei criminali non è un’ipotesi, ma un fatto scientificamente provato.
Questo funzionamento anomalo della corteccia prefrontale potrebbe andare a predisporre un soggetto alla violenza nei seguenti modi:
▪ a livello prettamente comportamentale, come si è illustrato nel caso dello sfortunato Phineas Gage, un danno che interessa la corteccia prefrontale causa una maggiore accettazione del rischio, scarse abilità di decision making e mancanza di preoccupazione per il futuro. Da questi atteggiamenti ad un atto criminale il passo è breve;
▪ a livello di personalità, si possono verificare delle variazioni a seguito di un danno frontale, che provocano una facile perdita di controllo, impulsività ed incapacità di inibire determinati comportamenti;
▪ a livello emotivo un ridotto funzionamento prefrontale va a provocare una perdita di controllo sulle parti evolutivamente più acerbe del nostro cervello, come ad esempio il sistema libico il quale genera emozioni primarie come collera e rabbia.
▪ sul piano sociale il danno prefrontale può andare a provocare una mancanza di tatto, una scarsa opinione sociale ed una forte immaturità. L’assenza di tatto sociale può evidentemente andare a generare un comportamento he risulta essere socialmente inappropriato, così come la mancanza di scelta decisionale non aggressiva ad incontri sociali difficili;
▪ dal punto di vista cognitivo una corteccia prefrontale mal funzionante potrebbe andare a causare una pessima capacità di problem-solving e la perdita di flessibilità intellettuale.
Questi cinque livelli di analisi lasciano trasparire come possa essere molto semplice che un malfunzionamento della corteccia prefrontale possa andare a predisporre un individuo alla violenza.
Alla luce degli studi di Raine, quindi, si evidenzia come non sia solo un ambiente sfavorevole, dove per ambiente si intende la famiglia, ma anche da un malfunzionamento del cervello a livello biologico, e può intervenire sulle basi biologiche del crimine facendo ricorso alla neurocriminologia.
Tramite le sue tecniche di analisi a livello di genetica molecolare, Raine individuò un gene mutato, detto Mao-A, che è responsabile del malfunzionamento di alcuni neurotrasmettitori, la serotonina e la dopamina, i quali sono collegabili in maniera diretta ai comportamenti antisociali e criminali. Per di più, oltre ad aver rilevato il malfunzionamento della corteccia prefrontale con lo studio sopra descritto, tramite l’utilizzo della risonanza magnetica funzionale fatta su diversi criminali, evidenziò un funzionamento anomalo di alcune parti del cervello o addirittura una diversa morfologia: lo sviluppo incompleto della corteccia prefrontale, non corretto funzionamento della corteccia cingolata posteriore e disfunzioni di amigdala ed ippocampo.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Il cervello del criminale: analisi, nosografia e strumenti psicodiagnostici da Lombroso alle neuroscienze
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Informazioni tesi
Autore: | Francesco Grosso |
Tipo: | Tesi di Master |
Master in | Master di secondo livello in Criminologia |
Anno: | 2021 |
Docente/Relatore: | Sergio Caruso |
Istituito da: | Formazione Promethes |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 76 |
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