Il fuoco tra natura e cultura. Analisi dell'uso sociale del fuoco nella manipolazione del paesaggio
Il Busatello, la palude che brucia
Gli ottantuno ettari rimasti della piccola palude del Busatello un tempo costituita da 30.000 ettari delle valli veronesi ed ostigliesi, sembrano ancora essere teatro delle antiche tecniche di cura dei cacciatori, pescatori, canaròi che hanno scelto di continuare a vivere vicino alla valle. In passato, entro la fine di marzo di ogni anno la valle veniva bruciata. La bruciatura infatti, costituisce la conclusione dell’annata in valle, l’ultimo lavoro prima della ripresa vegetativa delle piante, che consente di ottenere un letto di cenere nera, una eliminazione completa del materiale vegetale secco. Il periodo idoneo per bruciare la valle era effettuato tra la fine della raccolta delle canne ed il 25 marzo; giorno in cui in valle si faceva innalzare il livello dell’acqua. Dopo questa data quindi, la bruciatura non si sarebbe più potuta effettuare. Il periodo primaverile, caratterizzato da venti secchi e frequenti, favorisce l’essiccarsi del suolo e dei vegetali rimasti in palude come la carice ricresciuta e non raccolta, coricata ovvero stesa a terra da piogge, brine, nevi. Come spiega Nadia Breda, le conoscenze locali riguardo alle forme di vita delle piante di palude spiegano che le infiorescenze spuntano prima che germoglino le foglie, quando la palude è ancora coperta di foglie secche e resti di vegetazione rimasti dall’ultimo raccolto di canne. In questo momento è necessario bruciare l’infiorescenza, considerata il maschio, dannoso ai nuovi germogli che così saranno costituiti esclusivamente dal fogliame. L’obiettivo di questa tecnica è dunque quello di ottenere una maggiore e migliore produzione di fogliame selezionato e puro, senza nessun’altra specie frammista all’interno. La bruciatura funziona da filtro conservando, nei termini della classificazione locale, la femmina. Come afferma l’autrice infatti, sono le relazioni instaurate tra uomo e mondo naturale ad essere essenziali per l’attivazione dei processi di manipolazione dell’ambiente da parte dell’uomo. Le piante vengono umanizzate attraverso un pensiero di tipo analogico che avvicina diversi piani di realtà senza però confonderli. Maschile e femminile hanno caratteristiche, significati, comportano azioni diverse, che anche in questo caso, implicano sfumature rilevanti tra le due categorie con, a loro volta, valori differenziali. Il maschio è ciò che è selvatico, che rischia di dominare sulla femmina e far diventare tutto maschio. È compito dell’uomo domesticare l’ambiente attraverso la tutela della femmina con la bruciatura annuale. Le prime piogge successive, insieme all’innalzamento artificiale dell’acqua in valle, permettono un rigetto vegetativo intenso. Ogni proprietario bruciava il proprio appezzamento di valle ma gli incendi avvenivano di solito in simultanea. L’orario di bruciatura era il mezzogiorno, quando la valle si era asciugata dall’umidità mattutina e la bruciatura si prolungava fino a sera e di notte, quando l’umidità spegneva il fuoco. Bruciare la valle significa ridurre la biomassa totale consentendo di vedere più lontano, camminare meglio, spingere fuori dalle tane gli animali da cacciare, allontanare serpenti e predatori, pulire il luogo da insetti, parassiti, vegetali indesiderati. Si tratta di una forma "estrema" di cura del paesaggio.
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Il fuoco tra natura e cultura. Analisi dell'uso sociale del fuoco nella manipolazione del paesaggio
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Informazioni tesi
Autore: | Elena Razzoli |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi di Firenze |
Facoltà: | interfacoltà Lettere e Filosofia e Scienze della Formazione |
Corso: | Scienze Etno-antropologiche |
Relatore: | Nadia Breda |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 249 |
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