Reti sentieristiche e itinerari tematici per la valorizzazione del paesaggio montano in Calabria. Una proposta progettuale: Il Sentiero del Brigante tra l’Aspromonte e le Serre
Il brigantaggio tra l'Aspromonte e le Serre
Il fenomeno del brigantaggio ha interessato la Calabria sin dall'epoca romana, ai tempi di Spartaco (Misasi, 1900). Il termine “brigante” è stato utilizzato in maniera abbastanza estesa, e se per briganti s'intendono anche semplici sbandati, violenti, autori di saccheggi, scorribande e ribellioni, allora l'intero territorio aspromontano, fino alle Serre, conserva molte tracce che nel corso degli anni, in base ad evidenze storiche o solo per leggenda, ci parlano di briganti.
Nel proporre un'esperienza tematica, è utile delineare il profilo di alcuni personaggi, o ripercorrere le tracce di varie bande, attraverso gli episodi di cui si ha nelotizia, ma anche attraverso i toponimi, le leggende o le testimonianze. I boschi e le campagne delinearell'Aspromonte erano il rifugio più sicuro per i briganti, che in questi luoghi vivevano, con sistemazioni di fortuna, tra un assalto e l'altro.
Così racconta Spanò Bolani: “ Assassinamenti ed eccessi eran pervenuti a tale per tutta la provincia di Calabria, che sollevarono l'indignazione del governo,ed il viceré finalmente vide quanto fosse necessario dare efficaci provvedimenti perché le comitive dè banditi fossero distrutte”. Si parla sin dal VI secolo a.C. di "brigantaggio comune", ossia piccole bande di delinquenti comuni dediti a rapinare i viandanti. A questo si associò, con il sorgere del sistema feudale, anche il cosiddetto "brigantaggio feudale".
Nel Mezzogiorno ad aggravare la situazione contribuì la persistenza del feudalesimo fino al XIX secolo che, assieme all'estrema miseria dei contadini e alla particolare morfologia del paesaggio calabrese (montuoso, ricco di grotte e dirupi) concorreva ad alimentare il brigantaggio. Un esempio di "brigantaggio politico" fu invece l'esercito Sanfedista, pieno di ladroni da strada e di evasi, guidato da un cadetto di una nobile famiglia calabrese, il Cardinale Ruffo (Negro, 1863).
Ma il brigantaggio che più di ogni altro assunse grandi dimensioni, tanto da meritare l'appellativo di "Grande Brigantaggio", fu il “brigantaggio postunitario”. Esso durò circa cinque anni, dal 1861 al 1865 e, per le dimensioni assunte, divenne una vera e propria guerra civile tra esercito piemontese da una parte, e briganti dall'altra, dove però a subire le maggiori perdite fu l'inerme popolazione civile (Lombroso, 1865).
Così racconta Lombroso: “Allora cominciavano le guerre sulle montagne, le imprese contro un nemico che scappava sempre di mano, che si ricoverava nei boschi quando era cercato nei monti, che si nascondeva nelle macchie, dormiva fra i campi di grano, nemico invisibile, imprendibile, che fuggiva sempre più lungi e più in alto, fino a che il re per una trista necessità, prometteva un'aministia a quelli che si sarebbero resi.”
Non è facile risalire con esattezza a quanti fossero i gruppi di briganti nell'area oggetto d'indagine, ma sicuramente si trattò di numerose bande, il più delle volte capeggiate da nomi che passarono alla storia. Anche dopo la fine del brigantaggio postunitario, vicende come quelle del celebre brigante Musolino, “Re dell'Aspromonte” o del brigante Sonnino, furono oggetto di approvazione e simpatia popolare.
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Informazioni tesi
Autore: | Nicola Casile |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi di Reggio Calabria |
Corso: | Scienze e tecnologie agrarie, agroalimentari e forestali |
Relatore: | Roberto Di Fazio |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 223 |
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