Le ispezioni del Ministero delle Finanze alla filale di Foggia del Banco di Napoli (1918)
Il Banco nel Novecento
Il nuovo secolo vide il Banco di Napoli impegnato in prima fila nell’economia meridionale, con la sua Cassa di Risparmio, con il credito fondiario ed agrario, con il servizio di rimessa degli emigranti, con la sua azione di promozione nell’industria e nel commercio. Cominciata, infatti, la tendenza migratoria verso l’estero, il Banco, nel 1901, ottenne in esclusiva il servizio di raccolta, tutela, impiego e trasmissione delle rimesse degli italiani all’estero, contribuendo al miglioramento delle condizioni di vita dei familiari e degli emigranti rimasti in Italia e portando in pareggio la bilancia italiana dei pagamenti internazionali. Fu un periodo di profonde trasformazioni, tese soprattutto ad aiutare il Sud: si parlò di provvedimenti per il risorgimento economico della città di Napoli; un esempio fu la legge speciale del 8 luglio 1904 che concedeva aiuti alle vecchie industrie e soprattutto ne promuoveva di nuove, ma che purtroppo non riuscì ad annullare il divario tra Nord e Sud del Paese, né a creare i presupposti per un maggiore sviluppo dell’area napoletana. Nel 1906, fu raddoppiato il Fondo di dotazione del Consorzio per sovvenzioni allo scopo, di effettuare il riassetto e il coordinamento dei minori istituti di credito operanti nelle province meridionali, e fu data vita alla Banca Agricola Commerciale del Mezzogiorno, che assorbì molte banche del Mezzogiorno travolte dalla crisi, quali la Banca Popolare di Chiazzo, la Banca Popolare di Alfredana, ed altre. I primi anni del nuovo secolo segnarono, anche, l’avvio al processo di internazionalizzazione del Banco, che fu autorizzato all’esercizio in esclusiva della raccolta e della trasmissione delle rimesse degli emigranti negli Stati Uniti. L’Istituto meridionale, fu il primo fra quelli italiani, ad aprire a New York, un ufficio dell’ispettorato, che nel 1909 si trasformò in agenzia.
Alla vigilia dello scoppio della prima guerra mondiale, il portafoglio del credito agrario superava i 4 milioni. La guerra diede nuovo impulso alle grandi società (Ilva, Armstrong, Officine Meccaniche, Bacini e Scali) che si erano insediate nell’area napoletana: una spinta interna che provocò non poche difficoltà alla fine della guerra, quando la domanda interna crollò e le aziende dovettero procedere a massicci licenziamenti.
Alla crisi del settore industriale si accompagnò una grave crisi finanziaria e creditizia. Dal 1921 al 1927, il numero delle banche si quadruplicò, ma tendevano ad avere sempre minor vita: aveva così inizio una fase di crisi più o meno estesa, che preparava il terreno a provvedimenti di riforma bancaria e in sostanza dimostrava che, nelle nuove condizioni economiche ambientali, la commistione del credito a breve e medio termine, feconda e motivo di progresso in passato, si rilevava ora elemento d’instabilità economica. Prima infatti dell’emanazione della legge bancaria del 1926, l’assenza di regole e autorizzazioni per la costruzione di nuove aziende e per la loro espansione territoriale, favorirono la frammentazione del sistema. Con la legge del 1926 si ebbe una svolta che portò il sistema verso assetti con maggiore concentrazione: essa comportò l’unificazione di tutti gli istituti di emissione, riservando il diritto di emissione alla sola Banca d’Italia. In quel frangente il Banco di Napoli rivelò di essere in possesso di valuta aurea per 952 milioni di lire, un capitale mai posseduto da alcun istituto di credito italiano. La stessa legge bancaria, infatti, esaltava la natura pubblicista del Banco, confermando per esso, la facoltà di esercitare tutte le operazioni sia di credito ordinario che di credito speciale (come quello agrario e fondiario) e tutte le prerogative previste per le casse di risparmio. Da ora in poi il Banco veniva definito Istituto di Credito di Diritto Pubblico, con una propria personalità giuridica ed una gestione autonoma.
Perduta la propria capacità di emissione,il Banco ampliò la propria partecipazione nell’industria e nel commercio e accentuò il controllo sugli istituti minori. Ebbene, dai 199mila libretti di risparmio (per un totale di oltre 524 milioni depositati) del 1921, si passò ai 289mila del 1930 (circa 746 milioni di depositi).
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Le ispezioni del Ministero delle Finanze alla filale di Foggia del Banco di Napoli (1918)
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Informazioni tesi
Autore: | Stefano Avallone |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi di Napoli - Federico II |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Economia aziendale |
Relatore: | Francesco Balletta |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 46 |
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