Doppia appartenenza. La narrativa di Jadelin Mabiala Gangbo
Identità "trattino": le seconde generazioni
La migrazione è un evento troppo complesso perché si possa esaurire con
una sola generazione. Il viaggio migratorio dei padri, infatti, porta
conseguenze che si ripercuotono sui figli, anche se con modalità differenti.
L'attenzione pubblica e politica si ê concentrata finora sulle nuove ondate migratorie e sull'immigrazione irregolare, riservando poca attenzione alle
comunità già insediate da tempo, e ancora meno da parte delle politiche
sociali alle esperienze dei figli dell'immigrazione, nonostante i dati statistici sulla presenza straniera nelle scuole ne confermino una crescita rilevante. Secondo i dati dell'ultimo dossier statistico sull'immigrazione stilato da Caritas/Migrantes, nel 2010 oltre un ottavo dei residenti stranieri è di seconda generazione, identificando con questo termine non una seconda
ondata migratoria, bensì i figli delle coppie d'immigrati o con almeno un
genitore straniero, nati in Italia o giuntisi in giovane età e che hanno vissuto gran parte del percorso di formazione scolastica nella realtà italiana. Per lo più bambini e ragazzi nei confronti dei quali l'aggettivo "straniero" ê del tutto inappropriato, perché accomunati con gli italiani dal luogo di nascita, di residenza, dalla lingua, dal sistema formativo e dal percorso di socializzazione. I figli degli immigrati iscritti a scuola sono 673.592 e incidono per il 7,5% sulla popolazione scolastica. Appare chiaro da questi pochi dati di come sia significativa la loro presenza sul territorio nazionale, e di come si renda necessario quanto imperativo studiare e osservare questa nuova categoria sociale, misurandone l'integrazione e i loro rapporti con la società. Il concetto di seconde generazioni è di difficile identificazione e categorizzazione, poiché vi confluiscono casi assai diversi, quali ad esempio i minori nati in Italia da genitori stranieri, i minori ricongiunti, i minori giunti da soli e assistiti dai relativi progetti educativi, i minori rifugiati, i minori arrivati per adozione internazionale, i figli di coppie miste e i piccoli nomadi che nel sistema scolastico vengono equiparati ai minori di origine straniera in quanto classificati come portatori di eterogeneità culturale. Cogliendo la difficoltà d'inquadramento del tema, Rumbaut (1997) ha introdotto il concetto di "generazione 1,5", per coloro che hanno iniziato il processo di socializzazione e la scuola primaria nel proprio paese di origine, ma hanno completato la scolarizzazione all'estero; di "generazione 1,25", per coloro che emigrano tra i tredici e i diciassette anni; di "generazione 1,75", per coloro che si trasferiscono all'estero in età prescolare (da zero a cinque anni), "generazione 2" per chi nasce nel paese d'immigrazione.
La questione delle seconde generazioni evidenzia alcuni nodi cruciali, innanzitutto esse rappresentano la messa alla prova del progetto migratorio dei loro genitori e della capacità di accoglienza delle società riceventi. Le seconde generazioni mostrano la trasformazione del volto dell'immigrazione, ovvero il passaggio da immigrazioni temporanee per motivi di lavoro, accettate dalla società di accoglienza proprio in virtù della loro provvisorietà, a immigrazioni di popolamento, con insediamenti durevoli e in molti casi definitivi. La nascita e la crescita delle seconde generazioni producono uno sviluppo delle interazioni e uno scambio con la società ospitante, contribuendo alla trasformazione del tessuto locale, con la formazione di minoranze etniche che portano questioni di parità di trattamento e promozione sociale all'interno della società di cui sono entrate a far parte. In Italia questo afflusso di popolazione giovane ha contribuito a frenare il declino demografico e il grave invecchiamento della popolazione italiana. Le seconde generazioni pongono il problema di presenza giovanile nel nostro Paese che il nostro sistema non è in grado di valorizzare, e questo riguarda anche molti giovani italiani. Come osserva Adone Brandalise:
È infatti evidente che tra il problema degli italiani di seconda generazione e la cosiddetta fuga dei cervelli, a volte le due cose coincidono, esiste una stretta correlazione […]. Il che significa che indubbiamente un sistema che non riesce a riconoscere come risorsa una parte della popolazione che c'ê qui indubbiamente darà spazio ad una serie di rappresentazioni della propria identità che abbiano una capacità esclusiva nei confronti di parte di questa realtà verso cui attua un atteggiamento di tipo protettivo mentre, nei confronti delle risorse umane che non è in grado di valorizzare scatta l'atteggiamento che si ha nei confronti di un pericolo.
Gli immigrati sono quindi una risorsa non tanto per quello che producono, ma perché sono un "liquido di contrasto"62 che mette in evidenza i problemi di casa nostra. Studiare le seconde generazioni e misurarne l'integrazione è dunque necessario anche per valutare l'esperienza della migrazione nella nostra società e valutare gli esiti delle politiche sociali che lo Stato è in grado di applicare, non solo per le seconde generazioni, ma anche per gli stessi autoctoni.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Doppia appartenenza. La narrativa di Jadelin Mabiala Gangbo
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Informazioni tesi
Autore: | Elena Draghetti |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Bologna |
Facoltà: | Lingue e Letterature Straniere Moderne |
Corso: | Letterature Moderne, Comparate e Postcoloniali |
Relatore: | Fulvio Pezzarossa |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 183 |
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