Le figure dell'identità
Identità negativa e devianza
Lo studio e il lavoro di Erikson si è sempre svolto a stretto contatto sia con la moglie che con il figlio. In particolare quest’ultimo, K. T. Erikson, sociologo, ha svolto studi e ricerche sulla devianza nel periodo in cui in America si espandeva lo struttural-funzionalismo.
Gli studi fatti da K. T. Erikson risultano terreno comune con la produzione paterna, in relazione alla concezione dell’identità negativa. Questo concetto però assume per E. H. Erikson degli aspetti più complessi, il quale rintraccia elementi di identità negativa fin dall’inizio del processo di formazione dell’identità.
Grandi appaiono le responsabilità sociale di appartenenza del clima storico-culturale.
Erikson afferma, tra l’altro:
“la formazione dell’identità normalmente ha il solo lato oscuro e negativo, che durante tutta la vita può rimanere una parte incontrollabile dell’identità totale.
Ogni persona e ogni gruppo ospitano una identità negativa intesa come la somma di tutte quelle identificazioni e frammenti di identità che l’individuo doveva sommergere in se stesso come indesiderabili e che il suo gruppo ha insegnato a cogliere come segno di una fatale differenza nel ruolo sessuale o nella razza, nella classe o nella religione.
Al sopraggiungere di crisi aggravata, un individuo o un gruppo, può disperare della propria capacità di racchiudere quegli elementi negativi in una identità positiva.
Perciò ogni qual volta lo sviluppo dell’identità non riesce a garantire la pienezza che aveva promesso può far sorgere una specifica collera: perciò se si nega ad un delinquente potenziale ogni possibilità di integrazione comunitaria questo può diventare un criminale incallito.
In un periodo di crisi questa collera potenziale può essere condivisa da molti ed è facilmente sfruttata da leader psicopatici che diventano i modelli di una subitanea resa a dottrine e dogmi totalitari in cui l’identità negativa appare desiderabile e dominante: proprio per tale ragione il nazismo ha freneticamente coltivato quel che l’Occidente vittorioso, così come i tedeschi più raffinati, erano giunti a denigrare come tipicamente tedesco.
La collera sorta dalla minacciata perdita di identità può esplodere nella arbitraria violenza delle folle o può, meno coscientemente, porsi al servizio della efficiente distruttività di un meccanismo di oppressione e di guerra.”
Questo passo illustra l’ipotesi di Erikson sulla formazione e funzione di una identità negativa.
Questa sembra, quindi, un dato conflittuale dell’individuo che può essere notevolmente condizionato dalla realtà di vita e dalle circostanze sociali e storiche tanto da perdere il carattere genetico e inserirsi piuttosto in una concezione ambientalista, se non in certi passi addirittura teoricamente e socialmente determinato.
La natura del conflitto di identità dipende quindi spesso dal panico latente o dalla intrinseca promessa che pervade un periodo storico. Certi periodi della storia divengono dei vuoti d’identità a causa delle tre forme basilari dell’apprensione umana: paure originati da fatti nuovi, come scoperte e invenzioni, comprese le armi, che dilatano e mutano radicalmente l’intera immagine del mondo; ansietà sorta da pericoli simbolici vagamente percepiti come una conseguenza della decadenza delle ideologie esistenti; il terrore di un abisso esistenziale sprovvisto di significato spirituale.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Le figure dell'identità
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Informazioni tesi
Autore: | Maria Elena Milano |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi Roma Tre |
Facoltà: | Scienze della Formazione |
Corso: | Educatore professionale di comunità |
Relatore: | Francesco Biancolella |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 131 |
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