Gli standard privati di qualità nel sistema agroalimentare mondiale
I sistemi locali di produzione degli alimenti
La diffusione della Gdo ha ridotto il numero di imprese di distribuzione e di produzione piccole e favorito il commercio fra operatori distanti grazie alle accresciute capacità di approvvigionamento dei prodotti sui mercati globali e di gestione dei rapporti con i fornitori. Ha quindi contribuito al processo di globalizzazione delle catene alimentari del valore, pur non costituendone la causa unica.
Si sono create talvolta delle aree di offerta alimentare relativamente omogenea (e talvolta anche cara) perché contese da uno o pochi venditori con formati e strategie simili (luoghi che Reynolds [2005] denomina food desert). Quindi in certi contesti le famiglie non riescono ad acquistare prodotti locali, talvolta anche se tipici, perché non sono presenti nei canali commerciali più redditizi, che sono costosi da utilizzare per i piccoli produttori a causa del debole potere contrattuale o della rigidità delle regole imposte dai clienti, e perché i punti di vendita piccoli e indipendenti sono pochi e in diminuzione. Così col tempo agricoltori e allevatori abbandonano metodi produttivi tradizionali, diventati non più sostenibili, o l’attività in sé, per mancanza di mezzi con cui soddisfare le richieste delle imprese di trasformazione e di distribuzione, e gli alimenti non convenzionali scompaiono del tutto dal mercato. In tali situazioni si prospetta un danno a culture locali (in termini di perdita di pratiche produttive e modelli di consumo), economie e benessere di famiglie residenti in specifiche zone, accompagnato da tendenze demografiche negative.
Inoltre col passare del tempo i chilometri percorsi per via terrestre, aerea e marittima dai generi alimentari grazie ai mezzi delle imprese e dei consumatori (le cosiddette food miles) hanno iniziato a destare preoccupazione e a muovere critiche alla globalizzazione delle filiere a causa dell’inquinamento atmosferico e acustico e della pesante intensificazione dei traffici con connesse inefficienze nei trasporti, incidenti e costi di manutenzione delle infrastrutture impiegate.
Di conseguenza in alcune aree particolarmente svantaggiate dai mutamenti della distribuzione alimentare e in altre in cui gli imprenditori hanno visto nei mercati globali l’opportunità di esportare prodotti unici generando ricchezza e in qualche caso anche lustro per la comunità sono emerse forme di produzione e di consumo in grado di sfruttare il legame dell’alimento con il territorio e di soddisfare al contempo le istanze economiche, sociali e ecologistiche di imprenditori e consumatori.
I sistemi locali di produzione hanno due fini principali:
a) Rigenerare le economie locali danneggiate dallo sviluppo dei moderni mercati alimentari e così migliorare la qualità della vita delle comunità;
b) (possibilmente) adattare l’organizzazione della attività produttiva per riuscire a introdurre prodotti locali in circuiti commerciali diversi (fra cui anche quelli della Gdo) e ottenere un riconoscimento adeguato da parte dei consumatori degli sforzi verso la creazione di esternalità positive.
In funzione del primo fine vengono creati sistemi di prossimità, che sono basati sulla produzione locale per consumatori locali (vendite dirette in azienda, rapporto con gruppi di acquisto solidale, farmers’ markets…), mentre per il raggiungimento di entrambi gli obiettivi invece si organizzano sistemi estesi spazialmente, basati sulla produzione locale per consumatori distanti (prodotti Dop e Igp, articoli del commercio equo e solidale, prodotti dell’agricoltura biologica…) [Fonte e Agostino, 2006]. [...]
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Gli standard privati di qualità nel sistema agroalimentare mondiale
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Informazioni tesi
Autore: | Marco Bova |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2007-08 |
Università: | Università degli Studi di Napoli - Federico II |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Economia delle imprese e dei mercati |
Relatore: | Maria Caterina Fonte |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 99 |
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