Giustizia e libertà nel pensiero di Thomas More

Un ulteriore aiuto per la comprensione della novità introdotta da More nell’orizzonte filosofico occidentale tramite il concetto di utopia, può venire dal confronto del modello utopico con due grandi modelli ad esso precedenti, i quali per analogia vengono anch’essi definiti utopici. Il primo e più celebre è senza dubbio quello presentato da Platone nella Repubblica, che come si è visto nel capitolo precedente, è una delle principali fonti filosofiche di More.
Mettendo a paragone la Repubblica platonica con l’Utopia moreana non si intende paragonare i contenuti delle due opere, ossia le varie istituzioni sociali e politiche, né i diversi modi di vivere e le culture dei due popoli descritti. Come già numerosi e autorevoli autori hanno notato, fra il progetto politico di Platone e quello di More vi sono moltissime somiglianze, dovute al ruolo di modello che lo scritto platonico ha avuto per lo stesso More, così come ovviamente vi sono delle differenze derivanti dallo scarto temporale e dalla diversa sensibilità dei due filosofi. La differenza che qui si vuole rilevare riguarda il metodo e soprattutto lo scopo, piuttosto che l’oggetto dell’analisi politica, differenza che fa dello scritto di More una novità rispetto a Platone e a tutta la tradizione antica genericamente definita “utopica”. Nella sua Repubblica difatti, già Platone ipotizza la creazione di uno stato giusto, con ordinamenti e caratteristiche che saranno riprese in gran parte dal suo allievo More. Manca però nel discorso platonico l’altro elemento fondamentale, che insieme all’elemento progettuale forma il discorso utopico, cioè il momento critico. La polemica di Platone si svolge sul piano dei principi, e resta per lo più astratta e generica; al contrario More compie un’opera di critica della società del suo tempo che non aveva precedenti in quanto a serietà, puntualità e lucidità.