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I settori economici industriali negli anni della grande trasformazione (1950-1970)

I motivi dell’esodo calabrese

Il quadro economico – sociale della Calabria nel secondo dopoguerra era di profonda depressione: la popolazione inattiva toccava il 65% e disoccupazione e, ancor più, sottoccupazione presentavano indici allarmanti. Vi era una notevole precocità al lavoro in quanto i ragazzi e i bambini venivano impiegati nell’attività produttiva.
La sottoccupazione era tanto alta che l’impiego medio annuo per unità lavorative non andava oltre le 100 giornate nelle zone ad agricoltura promiscua e le 199 giornate nelle zone ad agricoltura intensiva. La disoccupazione interessava 71.000 unità lavorative. Su 477.000 famiglie in Calabria il 38% risultavano disagiate.
La spinta per una nuova Calabria nasceva da questi dati negativi, tra cui quello del reddito, che si presentava come il più basso di tutta la penisola.

Molte furono le discussioni sul problema della regione Calabria a livello nazionale : si calcolarono i miliardi di lire spesi per colonizzare la Libia e l’Abissinia, ma meglio avrebbe fatto Mussolini a "colonizzare" Calabria e Sicilia.

Il divario tra le regioni settentrionali e quelle meridionali nell’Italia unita cresceva anno per anno. Si registrarono molte sperequazioni: basti pensare che la Calabria, con l’Abruzzo, pagava l’energia più che in talune regioni settentrionali e possedeva una rete distributiva tra le più arretrate del Paese.

Gli aiuti ERP avevano finanziato, per lo più, gli acquisti di attrezzature industriali del Nord; il piano "case – Fanfani" aveva concesso alla Calabria solo le briciole.
Inoltre, cominciavano a pesare gli effetti del nuovo corso economico, poi detto "miracolo", che lavorava in negativo le risorse calabresi. La Cassa del Mezzogiorno, nei suoi primi esercizi, non aveva potuto mostrare la sua reale utilità. Gli interventi effettuati risultavano essere disomogenei con la politica economica nazionale.

In Parlamento diversi furono i contrasti, tra le sinistre ed i democristiani, su come affrontare la questione calabrese. I diversi ostacoli vennero superati sia attribuendo alla Cassa del Mezzogiorno il compito di progettazione e di direzione sia definendo l’area di intervento con un piano organico. In dodici anni si previde un intervento di 204 miliardi di Lire destinati più della metà in opere pubbliche e di bonifica montana e valliva (opera di valorizzazione della Sila 1950-1970).

Si calcolava che nel quarto di secolo tra il 1950 e il 1975 la "Cassa" investì sul territorio calabrese circa 620 miliardi.

Nonostante i diversi interventi effettuati, il miracolo economico finì per alimentare il divario Nord-Sud, in quanto il preminente obiettivo delle riforme era quello di aumentare prima le potenzialità del Nord e solo dopo trasferire quote del nuovo reddito alle regioni meridionali. Difatti, nonostante gli interventi effettuati al Sud, le popolazioni meridionali emigrarono in cerca di maggior fortuna verso le regioni settentrionali.

La Calabria in primo luogo fu trasformata nella sua struttura demografica, in quanto dal 1871 al 1951 aveva registrato un’emigrazione netta di 782.000 unità. Nel ventennio successivo essa ne registrò ben 690.000, provocando così una conseguente diminuzione della popolazione. Oltre quindi alla bassa percentuale di natalità e la stazionarietà del tasso di mortalità, la causa principale del mancato sviluppo demografico è dovuto in gran parte all’esodo dei calabresi che invertirono la rotta verso il Nord, rotta che, di solito, li vedeva più vicini a città come New York e Buenos Aires.

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I settori economici industriali negli anni della grande trasformazione (1950-1970)

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Informazioni tesi

  Autore: Daniele Cristiano
  Tipo: Diploma di Laurea
  Anno: 2012-13
  Università: Università degli Studi di Catanzaro Magna Grecia
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia Aziendale
  Relatore: Antonio Carvello
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 100

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