Analisi del particolato atmosferico insolubile archiviato nella porzione profonda della carota di ghiaccio prelevata in località colle del Lys (Monte Rosa) e interpretazione climatica del record completo.

Negli ultimi decenni si è notato sempre più un maggior interesse nello studio del clima del passato, forse dovuto anche ai periodi di cambiamento climatico che il Pianeta Terra sta andando incontro in questi anni.
Come ormai è risaputo, per conoscere quali saranno le evoluzioni del clima nel futuro bisogna conoscere quello del passato, prima che l’uomo portasse anche lui un contributo nel cambiamento climatico.
La materia che studia il clima del passato ha il nome di Paleoclimatologia, la quale si attiene ai così detti proxy data. Questi ultimi sono dei veri e propri archivi che dopo essere stati studiati e interpretati, sono in grado di dare informazioni sul clima del passato.
Le informazioni climatiche del passato sono contenute negli anelli di accrescimento delle piante, negli scheletri dei coralli, nei sedimenti geologici dei bacini lacustri o dei mari, nelle torbiere e nel polline.
Ma gli archivi naturali migliori e più completi sono i ghiacciai, in particolare quelli polari e quelli di tipo freddo alle medie e basse latitudini.
Quindi, è possibile affermare che le precipitazioni rappresentano il sistema migliore per archiviare informazioni sullo stato dell’Atmosfera nel momento di formazione del fiocco di neve, per trasferirle sulla superficie terrestre. Per questo motivo l’accumulo di successive nevicate forma un archivio naturale dettagliato della composizione chimica e delle condizioni fisiche dell’Atmosfera nel momento del “congelamento”. È perciò evidente che i ghiacciai, nati, cresciuti ed evoluti dalle precipitazioni nevose, siano luoghi ideali per ricercare successioni di informazioni climatiche (Maggi et al., 2004).