Media education: cartoni animati come modelli educativi per l'infanzia
I diversi metodi per studiare l’infanzia
È dagli ultimi venticinque anni che la sociologia ha utilizzato una nuova prospettiva per lo studio dell’infanzia. Mentre prima le ricerche erano fatte sui bambini, ora invece quest’ultimi non sono più considerati oggetti ma soggetti attivi e con diritto di parola, per questo la ricerca diventa con e per i bambini. È possibile dividere l’area degli studi sociologici dell’infanzia in due grandi categorie metodologiche: metodi micro-sociologici e metodi macro-sociologici. I primi, includono le ricerche etnografiche e le interviste faccia a faccia, volte a comprendere come i bambini vivono le loro esperienze di vita, interpretano la cultura e vivono le relazioni tra pari. I secondi, includono le survey su larga scala, studi storici-comparativi e statistiche demografiche, volte a comprendere le qualità di vita dei bambini, per rappresentare le disuguaglianze e le diversità.
Nel campo delle ricerche micro-sociologiche si possono differenziare: le interviste individuali e di gruppo, con cui si ha la possibilità di ascoltare e di indagare il quotidiano del bambino; etnografia e analisi sociolinguistica, le quali possono, a loro volta, essere di tre tipi: ricerche prolungate e alternative, utili a comprendere come si compone la vita quotidiana dei bambini; ricerche microscopiche e olistiche, in cui avviene un’interpretazione a livello olistico, per delineare al meglio le attività svolte dai bambini; analisi sociolinguistica, in cui etnografi, attraverso l’ausilio di registrazione e attività ludiche, studiano i bambini più piccoli. Nel campo dei metodi macro-sociologici, invece, si possono individuare: studi demografici, in cui si analizza il cambiamento della famiglia nel tempo e le disuguaglianze delle risorse, attraverso i censimenti; survey su larga scala, in cui vengono analizzate le condizioni di vita dei bambini e i servizi dedicati a loro attraverso questionari semplici e strutturati, a differenza dell’età; studi storici, in cui si rappresentano le condizioni di vita dei bambini dal loro punto di vita, andando ad analizzare la disuguaglianza di potere tra adulto e bambino. Esistono poi anche i metodi non tradizionali, in cui per studiare l’infanzia si utilizzano dei disegni fatti dai bambini, per poi analizzarli. L’utilizzo di queste nuove tecniche che si basano sul cambio di prospettiva (da oggetto a soggetto), coincide con la rivalutazione dell’infanzia fatta dalla Sociologia dell’infanzia, che è delineata nel primo capitolo. Il bambino attivo e partecipante non poteva ancora essere considerato come oggetto, le cui informazioni venivano raccolte tramite terzi, ma come soggetto capace di costruire, interpretare e raccontare le proprie esperienze di vita. La dimensione principale, in questi nuovi modi di fare ricerca, è l’ascolto. Ascoltare il bambino, significa dargli la possibilità di esprimere il proprio pensiero, il suo punto di vista e di raccontare in prima persona le sue emozioni, i suoi sentimenti e le sue esperienze. Un questionario, un’intervista o un disegno sono tutte opportunità attraverso cui il ricercatore, che si occupa dell’infanzia, può ascoltare il pensiero puro e vero dei bambini. Da aggiungere che in tutte le ricerche per l’infanzia bisogna tener conto di alcuni questioni etiche che possono variare da Stato a Stato, nonostante ciò, esigono tutte di avere un consenso scritto dai genitori, data la minore età dei soggetti studiati. A garantire l’eticità è il l’Istitutional Review Board (IRB), che stabilisce regole di comportamento che ogni ricercatore, interessato a fare ricerca sugli esseri umani, deve rispettare.
Ricerca empirica qualitativa
Prima di descrivere la metodologia e i risultati della ricerca che ho svolto nell’ambito dell’infanzia, in particolare, dei cartoni animati e della loro possibilità di trasmettere valori educativi, mi sembra giusto introdurre e spiegare che cos’è una ricerca sociale qualitativa. In generale con ricerca sociale si intende “un particolare tipo di agire strategico, con il quale il ricercatore si apre a un’esperienza con l’intento di elaborare una risposta a una domanda relativa a un dato fenomeno sociale” (Cardano 2011).
Dal titolo del paragrafo si può notare che la parola ricerca è seguita dalla parola empirica, questo per sottolineare la differenza che c’è tra una ricerca analitica e una empirica. La ricerca analitica è caratterizzata dall’analisi di un problema e, attraverso un procedimento che va dal complesso al semplice, si arriva alla rappresentazione di regole da seguire e la definizione di ipotesi. La ricerca empirica, invece, è quella basata dall’osservazione della realtà circostante o parte dall’esperienza del ricercatore. In cui, attraverso metodi qualitativi e quantitativi, si cerca di ottenere risultati, analizzando quanto osservato precedentemente e generalizzandolo.
L’approccio che privilegia le modalità qualitative è chiamato ricerca qualitativa o non standard, che costituisce un processo continuo di comprensione e interpretazione dei fenomeni. Questa, è nata dallo studio di una grande sociologo classico, Max Weber16 che con la sua “sociologia comprendente”, ha sottolineato l’importanza di considerare nella ricerca sociale, il sapere individualizzante, che incarna i valori della civiltà. Si riferisce, in particolare, all’agire dotato di senso, ovvero un’azione significativa che parte da colui che la compie e solo grazie a questo tipo di approccio qualitativo è possibile capire il valore di essa. Ecco perché, ispirato a Weber, nasce l’interpretativismo, che privilegia la comprensione rispetto alla spiegazione e alla generalizzazione, che pone le basi per l’approccio qualitativo, in cui la locuzione “non- standard”, pone l’accento sul non utilizzo degli assunti fondamentali della visione standard della scienza (utilizzati nella ricerca quantitativa). Scendendo più nello specifico, la ricerca qualitativa è utilizzata quando il ricercatore è interessato alla comprensione di opinioni o modi di definire la realtà, attraverso tecniche intrusive che comportano un contatto tra ricercatore e informatore come, ad esempio, l’intervista o l’osservazione partecipante. Questo contatto rende il soggetto consapevole di essere oggetto di studio, creando quello che in scienze sociali, viene chiamato feed-back: reazione del soggetto, che può provocare degli effetti di perturbazione come il cambiamento del proprio comportamento o delle proprie opinioni, in base alle diverse situazioni.
La ricerca empirica è una sorta di itinerario, che parte dal progetto del ricercatore e si conclude con la pubblicazione dei risultati. Tra la partenza e la conclusione si scandiscono quattro fasi, quali:
1. La progettazione o il disegno di ricerca
2. La costruzione della documentazione empirica
3. L’analisi della documentazione empirica
4. La comunicazione dei risultati
Fondamentale è sapere che, soprattutto nella ricerca qualitativa, il piano stabilito attraverso queste fasi, può essere modificato in base a ciò che emerge stesso dalla ricerca. Nel senso che le fasi non devono scorrere in maniera lineare, ma c’è una relazione circolare per la quale ci possono essere delle influenze o dei condizionamenti tra di esse.
Nella fase di progettazione si stila il disegno della ricerca, ciò significa che il ricercatore è in questo momento che sceglie e decide cosa utilizzare nella sua ricerca. Nella costruzione della documentazione empirica, il ricercatore scende sul campo e inizia a lavorare, nel caso della ricerca qualitativa la documentazione è rappresentata dai testi, nonché le trascrizioni delle interviste. La fase dell’analisi, sempre in ambito qualitativo, non è altro che il momento in cui si interpretano i testi. Se tutto è coerente e non ci sono ripensamenti, si arriva alla fase della comunicazione dei risultati in cui si presenta tutto il percorso fatto dal ricercatore con i risultati ottenuti. Altrimenti si torna indietro e si rivaluta la situazione.
Tutte le fasi appena descritte sono state rappresentate in funzione della ricerca qualitativa, in quanto elemento portante di questo paragrafo e capitolo. Per questo ora, andremo ad esaminare le tecniche utilizzate dalla ricerca qualitativa, privilegiando l’ intervista. Una caratterista delle tecniche è che esse possono essere intrusive, in cui il ricercatore è presente o in contatto con l’intervistato, e non intrusive che si basano sulla raccolta di informazioni senza l’aiuto di altri individui.
Nell’approccio non standard il ricercatore, in base al tipo di ricerca che deve svolgere, ha la possibilità di scegliere tecniche quali: osservazione partecipante, focus group e interviste.
[...]
Questo brano è tratto dalla tesi:
Media education: cartoni animati come modelli educativi per l'infanzia
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Informazioni tesi
Autore: | Ilaria De Crescenzo |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2021-22 |
Università: | Università degli Studi di Napoli - Federico II |
Facoltà: | Scienze Sociali |
Corso: | Sociologia |
Relatore: | Roberto Serpieri |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 70 |
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