La tripartizione delle funzioni statali: organi e regole
I decreti legge
In base all'articolo 77 della Costituzione il governo, in casi straordinari di necessità ed urgenza può adottare sotto la sua responsabilità provvedimenti provvisori che hanno la stessa efficacia della legge, ma deve presentarli il giorno stesso alle camere per ottenerne la conversione in legge; le camere anche se sciolte vengono convocate appositamente entro cinque giorni. Già da queste disposizioni dunque si può notare che il potere legislativo attribuito al governo assume il carattere di eccezionalità, questo carattere è infatti sottolineato dalla definizione data dell'articolo 77 della costituzione laddove si definiscono i decreti legge come provvedimenti provvisori. Caratteristica essenziale di un decreto-legge, dunque è la sussistenza di un caso straordinario di necessità ed urgenza, l'ordinamento cioè ha previsto la possibilità del governo di sostituirsi alle camere in quei casi in cui è necessario un intervento legislativo tempestivo che mal si concilia con il lungo procedimento di formazione delle leggi.
Non sempre tuttavia l'utilizzo dello strumento legislativo del decreto-legge è stato aderente alla ratio appena sottolineata. Il decreto-legge è dunque diventato "un modo frequente di accelerare il procedimento di formazione della legge, imponendo, per iniziativa del governo, ad una qualsiasi domanda legislativa da esso prescelta un termine rapido ed inferiore, largamente, a quello medio di approvazione del disegno di legge", ed il decreto-legge quindi finisce con l'essere "una sorta di disegno di legge rinforzato ad urgenza garantita". Inoltre il presupposto dell'urgenza, elemento fondamentale per l'emanazione del decreto-legge, è stato più volte clamorosamente smentito mediante un'attuazione tardiva o solo parziale delle norme contenute nel decreto-legge da parte del governo stesso. La Corte Costituzionale ha dichiarato la competenza a verificare il rispetto dei requisiti di validità costituzionali relativi alla preesistenza dei presupposti di necessità e urgenza, precisando tuttavia che il controllo eseguito dalla corte è un mero controllo di legittimità e non è dunque un controllo di natura politico come quello operato dal Parlamento. La corte costituzionale ha affrontato radicalmente il problema della cosiddetta reiterazione dei decreti legge. Già negli anni precedenti non erano mancati moniti molto severi al governo ed al Parlamento perché ponesse fine ad una prassi da lungo tempo invalsa nel nostro ordinamento.
Con la sentenza numero 360 del 1990 il giudice delle leggi ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della disposizione di un decreto-legge (articolo 6, comma IV, decreto legge 6 settembre 1996, numero 462, recante "disciplina dell'attività di recupero dei rifiuti"), oggetto di una reiterazione protrattasi attraverso una catena ininterrotta di provvedimenti, per oltre due anni e mezzo.
Le ragioni adottate dalla corte riguardano il quadro costituzionale, tanto del sistema delle fonti, quanto della forma di governo. In particolare sono messi in luce che la reiterazione, qualora non sia giustificata, di volta in volta, dalla presenza di nuovi contenuti normativi o di "presupposti giustificativi nuovi di natura straordinaria" presenti i seguenti profili di invalidità: altera la natura provvisoria della decretazione d'urgenza procrastinando, di fatto, il termine invalicabile prevista dalla costituzione per la conversione in legge; toglie valore al carattere straordinario dei requisiti della necessità e dell'urgenza, dal momento che la reiterazione viene a stabilizzare ed a prolungare nel tempo il richiamo ai motivi già posti a fondamento del primo decreto; attenua la sanzione della perdita retroattiva di efficacia del decreto non convertito, venendo il ricorso ripetuto alla reiterazione, a suscitare nell'ordinamento un'aspettativa circa la possibilità di consolidare gli effetti determinati dalla
decretazione d'urgenza mediante la sanatoria finale della disciplina ritirata. In aggiunta a questi profili relativi alla forma di governo, è stato inoltre rilevato come tale prassi "incide negli equilibri istituzionali alterando i caratteri della stessa forma di governo e l'attribuzione della funzione legislativa ordinaria in Parlamento". Due ulteriori aspetti della pronuncia meritano inoltre di essere ricordati. Il primo riguarda la circostanza che, malgrado l'elasticità delle conclusioni, la corte ha ritenuto il vizio dell'illegittima reiterazione sanata attraverso l'eventuale legge di conversione che abbia fatto salvi gli effetti prodotti dai vari decreti legge della catena.
Il secondo riguarda l'indicazione di ordine sistematico contenuto della pronuncia. Mostrando infatti una chiara consapevolezza del valore sintomatico connesso alla prassi della reiterazione, il giudice delle leggi concludeva la propria argomentazione segnalando "al Parlamento ed al governo l'opportunità di intervenire sulle cause che hanno condotto, negli ultimi anni, a dilatare il ricorso alla reiterazione".
La legge 400 del 1988 tuttavia ha disciplinato e limitato seppur in modo sommario l'utilizzazione del decreto-legge da parte del governo prevedendo dei limiti all'adozione dell'atto stesso in quanto il governo non può mediante il decreto legge conferire deleghe legislative ,disporre nella materia indicate nell'articolo 72 comma IV della costituzione, rinnovare le disposizioni di decreti legge dei quali sia stata negata la conversione in legge con il voto di una delle due camere, regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti e ,di ripristinare l'efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla corte costituzionale per vizi non attinenti al procedimento.
In base all'articolo 77 della costituzione comma II il governo adotta i decreti legge sotto la sua responsabilità, responsabilità che deve essere intesa nell'ambito del rapporto fiduciario con il Parlamento in seguito ad una mancata conversione del decreto. In base all'articolo 96 bis del R. C. D. La commissione affari costituzionali è chiamata a esprimere il proprio parere scritte motivato sull'esistenza dei presupposti per l'emanazione del decreto-legge entro il termine di tre giorni dalla presentazione o trasmissione del disegno di legge di conversione, qualora questo parere sia contrario all'assemblea entro sette giorni dalla presentazione o trasmissione del disegno di legge , delibera in via pregiudiziale sull'esistenza dei presupposti, nel caso di esito negativo della votazione il disegno di legge di conversione si considera respinto. Al Senato invece in base all'articolo 78 del regolamento qualora la prima commissione permanente esprima parere negativo sull'esistenza dei presupposti richiesti dall'articolo 77 della costituzione, tale parere viene trasmesso al presidente del Senato che lo sottopone entro cinque giorni al voto dell'assemblea, se essa si pronuncia sulla non sussistenza dei requisiti , il disegno di legge di conversione si intende respinto. La conversione del decreto-legge dunque si caratterizza per un controllo di natura politico opposto dall'assemblea sull'operato del governo. I decreti legge hanno un'efficacia limitata a 60 giorni dalla loro pubblicazione sulla gazzetta ufficiale della Repubblica, in questo lasso di tempo le camere debbono provvedere in merito al disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge presentatogli dal governo; le camere possono dunque non prende in esame il disegno di legge di conversione, ovvero prendere in esame ma non esaurire il procedimento di formazione legislativo, prenderlo in esame e non approvarlo, prenderlo in esame ed approvarlo convertendo in legge formale il decreto-legge. Nelle prime due ipotesi il decreto-legge non convertito perde efficacia ex nunc cioè fin dall'inizio, ed è quindi considerato come mai esistito, le camere possono regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti, mentre nell'ultima delle ipotesi sopra indicate il decreto-legge viene ad essere sostituito dalla legge formalmente approvata dal Parlamento.
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La tripartizione delle funzioni statali: organi e regole
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Informazioni tesi
Autore: | Francesco Di Lauro |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università Telematica Pegaso |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Antonio Vitale |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 158 |
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