I colletti bianchi tra impatto economico e lavoro sociale
I colletti bianchi nell'ordinamento giuridico italiano
Riprendendo la definizione originale di Edwin Sutherland di “colletto bianco”, balzano agli occhi i reati che egli tenne in considerazione 70 anni fa, come ad esempio falsità di rendiconti finanziari di società, aggiotaggio in borsa, corruzione, falsità in pubblicità, frode, appropriazione indebita, scorrettezze delle curatele fallimentari e bancarotta. Tuttavia come detto precedentemente questo elenco fu scritto più di mezzo secolo fa, tenendo peraltro in considerazione il panorama statunitense. In questo capitolo intendo delineare con maggiore precisione l'indentikit del colletto bianco all'interno dell'ordinamento italiano, oggi. Per fare questa operazione bisogna pensare che la commissione di un reato, perché quest'ultimo possa essere definito “da colletto bianco”, debba richiedere l'azione di un individuo con conoscenze tecnico-scientifiche di economia o legge, detentore di una forma di potere e calcolatore di possibilità.
Prendendo spunto dai lavori di Federici-Bisi e di Visentin, suddivido i reati da colletto bianco in questi gruppi:
- delitti contro la pubblica amministrazione (peculato, malversazione, corruzione, concussione, omissione o abuso d'atti d'ufficio);
- reati economici e finanziari propriamente detti (bancarotta fraudolenta, appropriazione indebita, truffe, rialzo o ribasso fraudolento dei prezzi, reati societari, esportazione di capitali ed evasione fiscale, aggiotaggio, insider trading, riciclaggio);
- cosiddetti reati commerciali (difesa dei consumatori, tutela della salute pubblica attraverso il commercio di sostanze alimentari e pubblicità);
- cosiddetti reati sociali, che procurano danno alla collettività (reati contro l'ambiente, lavoro nero, abusivismo edilizio, violazione delle norme sugli infortuni e sulla sicurezza sul lavoro, concorso esterno in associazione mafiosa).
Prendendo in considerazione questa grande quantità di reati, si possono classificare secondo la pericolosità per lo Stato italiano e per la società. Prima però bisogna fare due macro-scremature. La prima è dividere i reati in base a quale sia la vittima, che può essere un singolo privato o la collettività intera. La seconda è considerare il danno massimo che può arrecare un certo reato, e valutarne la diffusione nel paese.
Secondo queste logiche e questi parametri valutativi, la corruzione, il riciclaggio, l'evasione fiscale e i reati contro l'ambiente su cui ho argomentato nel paragrafo precedente possono essere considerati tra i più dannosi per la popolazione italiana. Accanto a questi vanno posti il concorso esterno in associazione mafiosa( di cui parlerò nel prossimo paragrafo “I colletti sporchi”), l'abusivismo edilizio, la violazione delle norme
sugli infortuni e sulla sicurezza sul lavoro e il lavoro nero.
L'abusivismo edilizio in Italia è da sempre stato un grande problema. Il boom avvenne negli anni '70, in seguito alla incertezza economica del periodo che causò una “corsa al mattone”. Il governo da allora varò diversi condoni edilizi che, invece di portare miliardi di Lire allo Stato come previsto, portarono pochi spiccioli e premiarono gli abusivi. Se fino a qualche anno fa si riteneva che questa condotta potesse portare al massimo a qualche m3 di cemento in più, oggi il pericolo maggiore legato a questo reato, è dato dalle violazioni di norma di sicurezza. Pellegrino V. descrive nel suo libro-inchiesta diversi quartieri nella Campania costruiti con materiali tossici, in cui vi è un preoccupante aumento di tumori fra la popolazione locale.
La violazione delle norme di sicurezza sul lavoro costituisce un altro reato da colletto bianco “per eccellenza”. I 790 morti del 2012 (pur considerando che non tutti siano morti a causa di violazioni delle norme di sicurezza del datore di lavoro) testimoniano come questo fenomeno sia ancora presente in Italia. Per citare anche in questo caso uno dei tanti episodi simbolo di questa criminalità, faccio riferimento alla vicenda IPCA. Qui la direzione della ditta di coloranti fece lavorare per anni i suoi operai in condizioni non sicure. Dagli anni '50 al 1976 (data in cui il direttore generale e il medico di fabbrica vengono condannati per omicidio colposo plurimo) si registrarono 165 casi di operai morti per cancro alla prostata o ai polmoni.
Per lavoro nero si intende la condizione lavorativa di un individuo non registrata e pertanto sconosciuta allo Stato. Questo fenomeno è geograficamente localizzato maggiormente al Sud dove tocca punte altissime, sottraendo anche il 40-50% del Pil regionale. Da questa situazione trae vantaggio solo il datore di lavoro, che non dichiarando la situazione alle autorità pubbliche, evade le tasse sulle prestazioni lavorative. Vengono fortemente danneggiati invece l'individuo e lo Stato. Il lavoratore infatti guadagna uno stipendio normale, magari anche leggermente sopra la media, ma non si vede versati i contributi. Una volta finito di lavorare e raggiunta l'età pensionabile, egli per lo Stato non avrà lavorato per quel periodo, che dunque non verrà calcolato nel conteggio della pensione di vecchiaia. Lo Stato invece, a causa di questa condizione, perde miliardi di euro ogni anno e dunque soldi pubblici. Si calcola che nel 2013 i lavoratori in nero siano 3 milioni, e che “costino” al fisco complessivamente 44 miliardi di Euro.
Questo brano è tratto dalla tesi:
I colletti bianchi tra impatto economico e lavoro sociale
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Informazioni tesi
Autore: | Michele Contorni |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2012-13 |
Università: | Università degli Studi di Parma |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Scienze del servizio sociale |
Relatore: | Chiara Scivoletto |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 101 |
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