Comunicazione politica ed elettorato: bias, cospirazioni e il caso Covid-19
I bias nella comunicazione politica
Successivamente all’illustrazione delle più comuni tipologie di euristiche e bias, è ora intenzione di questo lavoro soffermarsi sui processi mentali di maggior rilievo nella comunicazione politica contemporanea. Nel precedente paragrafo è stata menzionata una categoria particolarmente soggetta alle conseguenze del bias del senno del poi, i decisori, frequentemente sottoposti a inflessibili valutazioni delle scelte sulla base dell’esito. Nell’analisi dell’euristica dell’affetto, Paul Slovic ha studiato anche i loro comportamenti come esperti del rischio. Sebbene in forma minore, anch’essi sono soggetti ai più frequenti bias, ma con una sostanziale differenza nella valutazione del pericolo. Gli esperti, infatti, tendono a una misurazione in forma generalizzata, mentre le persone comuni sono propense ad attuare sotto distinzioni più specifiche. Come conseguenza, i cittadini sono spesso contrariati dall’idea che le scelte si basino esclusivamente sulle opinioni dei decisori, soprattutto se in conflitto con le richieste della comunità. In tal caso, sostiene Slovic, è necessario che ciascuno sia richiamato al rispetto delle altrui intenzioni al fine di stabilire le reali priorità. La sua teoria ritiene che il cosiddetto “rischio oggettivo” sia una convenzione creata dall’essere umano per definire e combattere i pericoli e che la misurazione dipenda da fattori matematici definiti dagli esperti. Si tratterebbe, dunque, di un “esercizio di potere”. Di visione opposta è Cass Sunstein, difensore degli esperti in quanto “baluardo contro gli eccessi populisti” e sostenitore del rischio come frutto dell’oggettività, della scienza e della competenza. Egli ritiene che le percezioni distorte dei cittadini difronte ai pericoli siano causate dall’incapacità della classe politica di individuare le effettive priorità. I decision makers si lasciano condizionare dalle eccessive preoccupazioni della collettività sia per fini di consenso politico sia in quanto vittime anch’essi degli errori cognitivi. Al fine di identificare la contaminazione dei bias sulla politica, Sunstein e il collaboratore Timur Kuran hanno coniato l’espressione “cascata di disponibilità” (availability cascades). Il richiamo all’immagine della cascata, ossia di un copioso e violento flusso continuo di acqua, simboleggia una catena autoalimentata di eventi che può trovare avvio in una notizia di limitata rilevanza e scatenare il panico generale con reazioni su larga scala.
⁃ Hobbits: ignoranti in ambito politico e rispetto all’attualità, disinteressati, privi di solide opinioni e di adeguate conoscenze.
⁃ Hooligans: ultras saldamente convinti delle loro idee, parzialmente informati, disprezzanti l’avversario e non aperti al confronto.
⁃ Vulcans: razionali e scientifici, moderatamente fiduciosi nelle proprie idee, informati e non escludenti l’altro dal confronto.
L’azione esercitata dai bias allontana l’elettore dall’atteggiamento razionale e moderato dei Vulcans, classificandolo tra gli Hooligans. Ulteriormente, l’elettore possiede un proprio orientamento politico che lo induce a identificarsi in una corrente e, dunque, in un gruppo partitico o in un movimento. Di seguito si propone una lista dei bias più diffusi ed efficaci, offrendo alcuni esempi:
• Confirmation bias: già citato in precedenza, ma fondamentale in quanto legato ad altri bias. Esso induce alla ricerca e all’accettazione di tesi che avallino le proprie convinzioni, allontanando quelle che le confutano. Il suo effetto può essere fortemente amplificato da altri bias correlati, elencati di seguito.
• Choice-supportive bias: legato al precedente, spiega la tendenza alla razionalizzazione delle scelte, anche impulsive o basate su lacune informative. In favore dell’assonanza cognitiva, la mente elabora delle giustificazioni di spiegazione delle decisioni.
• Bandwagon bias: dall’inglese “bandwagon” indica il carro su cui viaggiano le bande musicali durante le manifestazioni pubbliche. Questo bias riflette la tendenza a sviluppare una convinzione in relazione alla quantità di persone che la condividono: più esse sono, maggiore è la sicurezza nei confronti della credenza. L’individuo, infatti, tende al conformismo intellettuale, sebbene irrazionale. Altro fattore influente è il ruolo sociale rivestito dalle figure di riferimento: gli elettori, infatti, sono condizionati dalle autorità e dai leader in cui si riconoscono, in quanto fonti accreditate e affidabili che incarnano i valori e gli ideali condivisi.
• Ultimate attribution error: conseguenza del bias precedente, rimarca l’intensità del sentimento di appartenenza a un gruppo. Indica la tendenza dei membri a difendere vigorosamente i propri compagni: in caso di errore, questo è attribuito al contesto e ad altri soggetti, tipicamente gli avversari. Al contrario, se lo sbaglio è commesso dal rivale, la colpa ricade su di esso, non su cause terze.
• Ostrich effect: l’effetto struzzo può essere considerato il contrario del bias di conferma, in quando induce all’evitamento dell’evidenza davanti a dati che contrastato le credenze personali o le confutano. È un atteggiamento tipico dei teorici della cospirazione.
• Clustering illusion e illusory correlation: bias complementari. L’illusione dello schema è l’abilità di individuare dei pattern, ossia degli schemi ripetitivi e standard attraverso i quali giungere rapidamente a delle conclusioni. Anche questo è riscontrabile nella mentalità dei teorici. Allo stesso modo, la mente produce false correlazioni tra due o più eventi, soprattutto se a conferma delle convinzioni. Questo bias trova supporto negli stereotipi ed è spesso utilizzato dalla propaganda delle varie forze politiche a sostegno dei propri temi trainanti. Gli effetti della campagna di vaccinazione anti Covid hanno mostrato chiari esempi di tale bias. I decessi di persone note al pubblico hanno indotto molti a credere in un legame tra la morte e il vaccino. Ne è esempio la vicenda del giovane cantante Michele Merlo, ex concorrente di famosi talent, morto il 6 giugno 2021 per una leucemia fulminante. Alla notizia del ricovero e del successivo decesso, molti utenti hanno immediatamente alluso al vaccino come causa della morte sulla base di nessuna evidenza medica, nonostante fosse stato chiarito che il ragazzo non aveva ricevuto alcuna dose. L’ulteriore reazione di altri utenti si è posta in difesa del giovane, invitando alla riflessione e invocando rispetto per la famiglia e il tragico epilogo.
• Group attribution error: simile alle false correlazioni, esso proietta le caratteristiche di un membro sull’intero gruppo a cui appartiene e viceversa. Si tratta di una tendenza alla generalizzazione, che alimenta il fenomeno degli stereotipi e dei giudizi a priori. Il bias si verifica, ad esempio, come effetto della diffusione di notizie legate a gruppi sociali divisivi nel dibattito politico: immigrati, neri, sinti, malviventi, musulmani, ebrei, donne e disabili, con il rischio di alimentare derive di intolleranza e violenza. Spesso i commenti si scagliano anche contro gli avversari politici, attribuendo loro la colpa di fenomeni come l’immigrazione, le risse, gli stupri, i furti e la presunta assenza di sicurezza.
Tuttavia, a volte può verificarsi un inaspettato “effetto boomerang”, per cui il tentativo di demonizzazione dell’altro si rivela controproducente, come dimostra l’esempio seguente.
• Self-enhancing transmission bias: in italiano “bias del pavone”, è la tendenza a condividere maggiormente i successi rispetto ai fallimenti, contribuendo a una mistificazione della realtà in forma migliore rispetto a come è. Questo fenomeno è proprio dei social, in cui domina la condivisione di contenuti da cui traspaiono vite patinate all’insegna della soddisfazione. Un utilizzo analogo è adottato strategicamente dai social media e campaign manager attraverso la condivisione dei risultati politici raggiunti, di scatti rubati durante eventi con forte partecipazione, di testimonianze sull’accoglienza da parte dei cittadini durante i tour elettorali, a volte utilizzando foto e video con prospettive ad hoc, nonché di contenuti di umanizzazione del leader. I profili social di Matteo Salvini, segretario della Lega, sono un esempio dell’utilizzo di tale strategia. È frequente trovarvi scatti che lo ritraggono in scene di vita quotidiana: durante i pasti, fuori dalle chiese, in montagna o in veste di tifoso allo stadio, come negli esempi sottostanti.
• Negativity bias: induce a una maggiore considerazione degli aspetti negativi, enfatizzandone il peso simbolico ed è frutto del continuo stato di vigilanza ereditato dall’antichità. Questo errore è strettamente legato all’effetto alone, in quanto entrambi provocano considerazioni generalizzate ed estremizzate dei leader politici. La negatività, in particolar modo, rievoca nell’elettore aspetti poco o affatto apprezzati degli esponenti in cui non si identifica, come affermazioni o scelte del passato, dando seguito a una forma personale di demonizzazione dell’altro.
• Omission bias: indica la tendenza all’inazione rispetto a qualsiasi attività, anche la meno gravosa. Può essere valutato come fattore di influenza sull’astensionismo, ossia gli elettori che non si recano alle urne durante le elezioni. Ad esempio, la scelta dei giorni di votazione è un fattore da non sottovalutare al fine di limitare il fenomeno, poiché alcuni periodi dell’anno possono disincentivare particolarmente gli elettori a recarsi ai seggi, preferendo rimanere a casa o svolgere altre attività. Questo si verifica soprattutto in estate e nei periodi prossimi, quando fattori come le elevate temperature e le vacanze scoraggiano la partecipazione.
• Reactance: in psicologia, la reattanza è definita come la resistenza ad adempiere agli ordini, desiderando di fare l’opposto rispetto a quanto altri vorrebbero. Tale reazione può essere innescata, ad esempio, all’ascolto di slogan e inviti al voto pronunciati da leader da cui non si è rappresentati, alimentando nell’elettore-spettatore il desiderio di agire in modo contrario, ossia esprimendo la propria preferenza in favore di altri partiti che apprezza maggiormente.
• Information bias: induce a credere che il possesso di un ampio numero di informazioni produca migliori decisioni, sebbene i dati siano marginali. Può verificarsi durante le fasi di infodemia da campagna elettorale, quando gli elettori più meticolosi si informano attentamente sui vari programmi delle forze politiche, oppure quando il dibattito è incentrato su caldi temi di attualità, che sollecitano la raccolta di un ampio numero di informazioni. Si pensi alla discussione nata intorno alle energie rinnovabili. Attraverso una semplice ricerca in Internet è possibile leggere numerosi articoli che offrono visioni opposte ed elencano tesi a supporto, di cui non sono sempre riportate le fonti scientifiche. La notevole e facilitata accessibilità ai contenuti, dunque, incrementa significativamente la frequenza di questo bias che, al contempo, espone maggiormente gli elettori alle false notizie, producendo l’effetto opposto di disinformazione.
• Order of magnitude bias: fa riferimento alle difficoltà della mente nella stima dei vari ordini di grandezza. Di fatti, la modalità con cui vengono offerti i dati può semplificare o peggiorare la capacità di elaborazione e la conseguente reazione emotiva. Ne è esempio il periodo di restrizioni tra marzo e maggio 2020, che ha segnato la fase più preoccupante della pandemia da Covid-19. Ogni sera, dal 29 febbraio al 16 aprile 2020, venivano comunicati in diretta con la Protezione Civile i “bollettini Covid”, ossia i dati di allora sui nuovi contagi in relazione al numero di tamponi effettuati, i ricoveri nelle terapie sub e intensive, i decessi e le guarigioni. Alcuni di questi erano offerti in percentuale o in rapporto a quelli del giorno precedente e, nel caso in cui si fossero riferiti a periodi più ampi, venivano riportate ulteriori specifiche. Dunque, la modalità di presentazione non era ampiamente accessibile né di facile comprensione per tutti gli ascoltatori, ma a tratti fuorviante nell’interpretazione con il rischio di suscitare emozioni distorte. Con il trascorrere del tempo, inoltre, il pubblico si è gradualmente abituato ai report giornalieri, riadattando anche la propria reazione emotiva a causa dell’illusory truth effect. Se durante il periodo di confinamento l’apprensione era ampiamente diffusa, provocando anche stati di ansia, panico e depressione in alcuni soggetti, i media oggi dedicano soltanto frammenti di telegiornali e talkshow all’informazione sul Coronavirus.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Comunicazione politica ed elettorato: bias, cospirazioni e il caso Covid-19
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Informazioni tesi
Autore: | Marika Mariani |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2021-22 |
Università: | Università degli Studi della Tuscia |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze della politica, della sicurezza internazionale e della comunicazione pubblica |
Relatore: | Luigi Di Gregorio |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 223 |
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