L'educazione come terapia per le persone con il morbo di Alzheimer
Gli obiettivi dell’educazione in casa di riposo
La progettazione educativa muove dalla precedente educazione di campi ben precisi; si può quindi elaborare dapprima un’educazione dello spazio, in quanto ogni momento della vita e ogni aspetto dell’esistenza sono legati allo spazio. A questo si ricollegano sei obiettivi:
Il primo obiettivo è dedicato a promuovere l’orientamento spaziale, nei termini di coscienza dello spazio circostante e di orientamento.
Il secondo obiettivo punta a rendere gli ambienti stimolanti dal punto di vista psicologico, introducendo elementi atti a creare uno spazio vitale e accogliente.
La protezione della privacy e dell’intimità rientrano nel terzo obiettivo, attraverso la protezione degli spazi individuali e si ricollegano al quarto, ovvero la differenziazione degli spazi collettivi.
Il quinto e il sesto obiettivo sono, rispettivamente, realizzare una programmazione educativa critica e creativa che permetta di bilanciare la fruizione degli spazi individuali con quelli collettivi e che permetta agli Ospiti una completa fruizione di tutti gli spazi, interni ed esterni, rimuovendo le eventuali barriere architettoniche presenti.
Una seconda dimensione da tenere presente è la dimensione tempo, che si propone di promuovere nell’Ospite compromesso l’orientamento temporale, attraverso la presa di coscienza della scansione cronologica del tempo.
Essa inoltre deve tendere a evocare e valorizzare la dimensione del passato con il fine ultimo di promuovere un vissuto positivo del futuro.
A queste due fasi iniziali ne subentra una terza, definita educazione della comunicazione, che parte dall’assunto che spesso gli anziani non hanno chiare in mente le potenzialità di loro canali comunicativi.
Per promuovere l’ascolto attento da parte degli operatori che lavorano con l’anziano, è necessario porli nella condizione di comunicare attivamente e positivamente con lo stesso, attraverso l’acquisizione di strumenti psicologici, comportamentali, linguistici ed espressivi.
Per merito di questa formazione, gli operatori potranno via via trovare mezzi espressivi e strumenti adatti per comunicare con l’Ospite, che allo stesso tempo deve essere messo nelle condizioni di rendersi consapevole del patrimonio umano e culturale di cui è portatore.
Lo stesso Ospite deve poter avere delle occasioni nelle quali comunicare il proprio pensiero e raccontare dei propri vissuti, a consolidamento della dignità del proprio ruolo all’interno della comunità di cui fa parte.
Per esempio durante un attività che prevede il rapporto con un piccolo gruppo di anziani o, meglio ancora, il rapporto diretto educatore e anziano, si potrà cercare di conoscere meglio la persona che si ha di fronte, facendole domande, osservando i suoi comportamenti e le sue reazioni, i sentimenti che trasmette.
Del suo lavoro l’anziano potrà parlare con passione e orgoglio oppure eludere le domande, o ancora rispondere in maniera vaga e sintetica, segnali che indicano un attaccamento al proprio ruolo lavorativo oppure, al contrario, delusione o rammarico.
Valorizzare le risorse sensoriali di ogni anziano con il fine di comprenderne la realtà e permettere lo sviluppo delle capacità sensoriali come occasione di rapporto con l’ambiente, fanno parte della fase di educazione alla sensorialità.
Spesso si sente dire che l’anziano non ha più voglia né di lavorare né di giocare e agli educatori capita di arrendersi di fronte a un Ospite che ripropone nel suo comportamento questi luoghi comuni.
In realtà, la quinta fase, denominata educazione di creatività- lavoro- gioco, spiega che gli anziani in realtà non hanno voglia di perdersi in lavori inutili, afinalistici, apparentemente senza scopo.
E’ essenziale spiegare sempre all’anziano cosa si sta facendo e il motivo che sta alla base del lavoro, di modo che possa sentirsi parte di un progetto, parte attiva del lavoro, nel quale il suo contributo non è secondario alla buona riuscita dello stesso.
Il progetto educativo, in questi casi, deve fondarsi prima di tutto sull’indagine riguardo la creatività, l’esperienza lavorativa e la dimensione ludica di ciascuna persona, in quanto ognuno è portatore di un patrimonio umano e culturale e necessita, prima di metterli direttamente in gioco, di comprenderne l’utilità e il significato.
Successivamente bisogna promuovere la creatività dell’anziano, mantenendo le potenzialità di ognuno e stimolando nuovi interessi.
Per esempio, se si sta preparando con gli anziani un cartellone da appendere al centro del reparto, risulterà utile stimolare ognuno di loro a dare il massimo, verbalizzando il motivo della creazione del cartellone, cosa rappresenta, in quale misura il suo contributo individuale è importante.
Se un anziano ha sempre dipinto, ma a causa dell’insorgere della demenza ha perso parte di questa sua capacità, è necessario accostarsi a lui e stimolarlo a ricordare come si esegue l’atto pratico: si potranno pertanto sottolineare i contorni della figura o mettere in risalto i colori da utilizzare all’interno del disegno.
Per ogni attività bisogna dare modo all’anziano di riproporre i valori positivi dell’esperienza lavorativa, per poterne sostenere l’attività e l’autostima.
Non meno importante è sostenerne l’espressione ludica, da indagare attraverso le dinamiche psicoattivanti, per stimolare e valorizzare i potenziali espressivi individuali di ciascun Ospite. [...]
Questo brano è tratto dalla tesi:
L'educazione come terapia per le persone con il morbo di Alzheimer
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Informazioni tesi
Autore: | Matteo Buraglio |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano |
Facoltà: | Scienze della Formazione |
Corso: | Scienze dell'educazione e della formazione |
Relatore: | Milena Santerini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 79 |
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