La crisi finanziaria globale: i principali aspetti del recente dibattito di politica economica
Gli Eurobond
Il dibattito riguardante i problemi aperti nell'area euro ha avuto tra l'altro, per oggetto l'emissione di titoli di debito pubblico europeo, gli eurobond o eurounionbond, come denominati nella proposta di Romano Prodi e Alberto Quadrio Curzio del 14 agosto u.s. sul Sole 24 Ore. Nel contesto della crisi dell'euro dell'estate 2011, il termine eurobond è stato utilizzato per indicare la proposta di creare obbligazioni di debito pubblico dei Paesi facenti parte dell'Eurozona, emesse da un'apposita agenzia dell'Unione Europea e garantite congiuntamente dagli stessi Paesi dell'Eurozona. Con tale accezione è stato utilizzato anche il termine E-bond, proposto, tra gli altri, dal presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, e dal ministro dell'Economia italiano Giulio Tremonti.
Gli eurobond furono proposti la prima volta dal presidente della Commissione europea Jacques Delors nel 1993: dovevano essere garantiti dal bilancio della Comunità europea per finanziare investimenti in grandi infrastrutture transeuropee.
Questa proposta è stata ripresa in varie occasioni e nel mese di settembre 2011 anche dal Parlamento europeo.
Tra gli altri, l'economista belga Paul De Grauwe ha avanzato la proposta di emettere un debito pubblico comune, fino a una certa percentuale del Pil del paese, per fermare la spirale del costo crescente del debito pubblico dei paesi europei, con economie disomogenee.
La linea di azione più efficace sarebbe quella di emettere un debito pubblico comune, fino al 60 per cento del Pil dei Paesi dell'euro, a tassi contenuti –dato che sarebbero garantiti in sede europea-e, sopra quella soglia, il debito del paese sarebbe finanziato con titoli del Paese medesimo e avrebbe un costo maggiore del debito in comune; in questo modo, si potrebbe almeno in parte frenare la speculazione sui paesi più deboli.
Poichè i rendimenti dei titoli di debito dei Paesi in difficoltà tendono a crescere sempre maggiormente rispetto a quelli dei bund tedeschi, la maggiore spesa per interessi determina un peggioramento del bilancio di questi Stati.
Un titolo di debito europeo in circolazione sui mercati sgombrerebbe il campo da qualsiasi dubbio sull'impegno inderogabile degli europei a saldare il debito pubblico e sarebbe espressione di una potenziale unione fiscale.
L'Eurobond potrebbe contribuire alla soluzione dei problemi di solvibilità e liquidità dei Paesi molto indebitati. Un'ipotesi in proposito è che lo European Financial Stability Facility (di cui si è detto) –opportunamente costruito-potrebbe arrivare a collocare 2mila miliardi di titoli.
Il debito europeo è formato dal debito pubblico dei 17 Stati dell'euro e, nel 2010, ammontava per Eurostat a 7.837,207 miliardi di euro, l'85 per cento del Pil dell'Euroarea.
Il Fondo Salva-Stati potrebbe concedere prestiti con scadenza minima di 15 anni e fino a 30 anni e concorrere alla capitalizzazione delle banche, attraverso il ricorso alle emissioni obbligazionarie.
Le future emissioni europee potranno essere volte, in primo luogo, al finanziamento di infrastrutture sovranazionali e, in secondo luogo, costituirebbero un segnale di solidarietà tra i Paesi dell'area e dell'impegno a sostenere l'Unione economica e monetaria. Inoltre, il mercato dei titoli europei sarebbe più liquido e i Paesi più deboli migliorerebbero le loro condizioni di accesso al mercato. Tuttavia, per i Paesi più forti, come la Germania, che dovrebbero garantire i nuovi bond, probabilmente le condizioni di finanziamento peggiorerebbero. La soluzione potrebbe non essere quindi facilmente percorribile, a meno che i costi per le crisi dei debiti sovrani e del salvataggio di alcuni Paesi non vengano valutati maggiori rispetto a quelli derivanti dalle emissioni congiunte.
A ostacolare la creazione dei nuovi eurobond è la condizione squilibrata dei debiti sovrani dei Paesi dell'Unione, che rende questa mossa avventata agli occhi dell'elettorato delle nazioni più ricche, garanti delle principali obbligazioni.
Alle condizioni presenti, in una congiuntura eccezionale, non si intende andare nella direzione di costituire il debito pubblico europeo. La costruzione europea avrebbe dovuto reggersi su un equilibrio tra economia e politica, che non si è sinora verificato.
Le istituzioni fondamentali su cui l'Unione europea dovrebbe basarsi sono: il Parlamento, la Bce, l'organizzazione fiscale e il debito pubblico. Di questi quattro pilastri, ad oggi, se ne scorgono solo due, Parlamento e Bce, con poteri ancora insufficienti103. Le condizioni turbolente di questo periodo non aiutano l'unificazione europea. Non si riesce al momento a intervenire sul disegno europeo per innovarlo, alla luce della nuova realtà.
Il problema degli eurobond non può essere affrontato in una congiuntura drammatica come quella del contesto attuale. Prima è necessario riflettere sul futuro e sulla ricostruzione delle fondamenta dell'Unione europea.
Secondo Prodi e Quadrio Curzio, queste innovazioni andrebbero subito messe in progettazione perché, dati i tempi legali della Ue, l'Eurozona sta correndo gravi rischi. Quelli della speculazione, quelli di un rigore di bilancio senza crescita e occupazione, quelli della diarchia franco-tedesca che ha avocato a sè il governo della Uem e della Ue ma che non pare all'altezza di un Governo capace dei grandi progetti politico-istituzionali attuati in passato.
"Noi crediamo che gli Eurobond servano all'unità, alla stabilità e alla crescita dell'Unione economica e monetaria e all'euro e quindi alla Ue. Bisogna però progettare bene, partendo da una impostazione economico-istituzionale".
Di parere diverso sono Perotti e Zingales, che respingono la proposta di Prodi e Quadrio Curzio, affermando che i debiti dei Paesi in difficoltà non scomparirebbero. Prima della crisi del 2008, le banche tentarono lo stesso trucco: far scomparire le poste scomode mettendole fuori bilancio. Ovviamente funzionò solo finché il mercato non se ne accorse. Nella EuroUnion questo vizio sembra essere diventato una virtù.
La proposta di Romano Prodi e Alberto Quadrio Curzio sembra suggerire invece che l'unico problema è un'errata valutazione dei mercati, che sottovalutano i titoli pubblici dei Paesi periferici e il valore delle loro aziende.
Attraverso una sofisticata ingegneria finanziaria, che ricorda quella usata dalle banche di investimento americane prima della crisi del 2008, Prodi e Quadrio Curzio cercano -secondo Perotti e Zingales-di ingannare i mercati e risolvere questa sottovalutazione.
Più recentemente, il problema è rivelato più profondo. -Da un anno a questa parte andiamo dicendo che la Grecia è insolvente e che anche l'Italia potrebbe essere a rischio. Se un Paese è insolvente, per definizione non è in grado di pagare tutti i debiti.-Ci sono quindi solo due possibili esiti. O i creditori del Paese accettano una riduzione del debito, oppure interviene la Germania a pagare una parte dei debiti. Nessuna alchimia finanziaria potrà mai evitare questa scelta, per quanto scomoda e dolorosa.
Questo brano è tratto dalla tesi:
La crisi finanziaria globale: i principali aspetti del recente dibattito di politica economica
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Informazioni tesi
Autore: | Ilaria Ramello |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli studi di Genova |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Finanza |
Relatore: | Luca Beltrametti |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 133 |
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