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La spesa pubblica italiana tra equità ed efficienza

Gli effetti economici dell’imposta sul contribuente

Come abbiamo potuto vedere nel corso dei precedenti paragrafi, lo Stato e gli enti pubblici svolgono un’attività finanziaria che consiste, in parole povere, nell’incassare le entrate dai cittadini per poi restituirle all’economia nazionale attraverso la spesa pubblica.

Le entrate pubbliche, analizzate nel primo paragrafo di questo capitolo, suddivise in entrate derivanti dai tributi e entrate derivanti dal debito pubblico, sortiscono diversi effetti economici sull’intera economia del paese; per effetti economici si intendono tutti quegli effetti relativi alla distribuzione e al volume del reddito nazionale.

In questo paragrafo ci focalizzeremo sui diversi effetti economici dell’imposta sui comportamenti fiscali del contribuente, essendo l’entrata pubblica principale, ma prima ritengo opportuno parlare di una datata ma attuale teoria economica, riguardante la relazione tra pressione fiscale e imposte (gettito); questa teoria in realtà è rappresentata da un diagramma che prende il nome dal suo ideatore, ovvero Arthur Laffer, un economista nato nel 1940, che nel 1980 elabora questa teoria, denominata appunto Curva di Laffer.

La curva è rappresentata su un diagramma cartesiano che presenta sull’asse delle ascisse la variabile “aliquota” (aliquota intesa come rapporto tra reddito imponibile e prelievo sul reddito stesso) e sull’asse delle ordinate la variabile “gettito”, ossia il ricavato della tassazione. Dall’incrocio di queste due variabili si ottiene una curva a campana, con un apice che rappresenta la combinazione più alta di aliquota-gettito, ovvero il punto in cui ad un’elevata tassazione corrispondono entrate elevate; oltre questo punto massimo (apice) ad un aumento delle imposte corrisponde una diminuzione del gettito.

Questo fenomeno si verifica per una logica economica molto semplice: nel momento in cui il prelievo fiscale diventa eccessivo, le imprese vedono ridursi i propri profitti e di conseguenza riducono gli investimenti, delocalizzano la propria attività o addirittura falliscono, provocando l’aumento della disoccupazione;questa situazione porta alla riduzione del reddito nazionale e quindi anche alla riduzione della base imponibile su cui avviene il prelievo fiscale, e quindi alla riduzione del gettito.

In conclusione questa teoria dimostra che, oltre ad un certo limite, l’imposizione fiscale esaspera l’economia, provocando la riduzione sia del PIL e sia dello stesso gettito. Inoltre, sempre attraverso questa teoria si spiegano alcuni comportamenti del contribuente, come l’evasione, l’elusione e la rimozione, che andremo a vedere qui di seguito, insieme anche alla traslazione.
Iniziamo con l’evasione, termine che sopratutto negli ultimi anni ha affollato i media ed ha rappresentato un vero e proprio “oggetto di lotta” nelle mura di Palazzo Montecitorio e Palazzo Madama.

Ma cos’è l’evasione fiscale? Tecnicamente l’evasione fiscale è un comportamento illecito assunto dal contribuente, attraverso svariate operazioni, che ha lo scopo di occultare la materia imponibile, per sottrarsi al pagamento delle relative imposte; gli esempi più celebri e diffusi di operazioni illecite sono: la mancata emissione di fattura, ricevuta o scontrino fiscale in seguito ad un operazione di vendita; l’emissione dei documenti fiscali prima citati ma con importi parziali rispetto al valore dell’effettiva operazione di vendita; presentazione di una dichiarazione dei redditi infedele rispetto al reddito realmente conseguito o addirittura la mancata presentazione della stessa; la corresponsione di redditi da lavoro “in nero”o “fuori busta” ai lavoratori dipendenti. Questi comportamenti illeciti sono contrastati dal legislatore attraverso provvedimenti sanzionatori amministrativi (ammende) e addirittura penali (multe o carcere) superate determinate soglie.

L’evasione, sulla base di quanto detto, costituisce un danno per lo Stato e di conseguenza per tutti i cittadini, proprio perché provoca una sensibile riduzione delle entrate incassate dallo stesso Stato, entrate che sono utilizzate per finanziare la spesa pubblica e per ridurre il debito pubblico; secondo qualche autore invece l’evasione non sarebbe dannosa per l’economia perché in pratica le entrate che non vengono intascate e spese dallo Stato restano nelle tasche dei cittadini e vengono spese da questi ultimi, costituendo, secondo qualche liberista , addirittura un bene. Resta il fatto però che la spesa deve comunque essere finanziata e le entrate per finanziarla devono obbligatoriamente essere riscosse, e quindi l’evasione di determinati soggetti sortisce effetti negativi su altri soggetti che non possono sottrarsi all’imposizione fiscale, dando vita così a situazioni di disuguaglianza in sede di distribuzione della ricchezza.

Un altro comportamento assunto dal contribuente, in sede di pagamento delle imposte è l’elusione; esso si concretizza nello sfruttamento da parte del contribuente di mezzi leciti come operazioni straordinarie, localizzazione di sedi legali societarie o di mezzi finanziari in paradisi fiscali, interposizione fittizia di persone, cessioni di attività, ecc. che aggirano la norma tributaria o ne sfruttano particolari…
[…]

Questo brano è tratto dalla tesi:

La spesa pubblica italiana tra equità ed efficienza

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Informazioni tesi

  Autore: Dario Gravante
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2015-16
  Università: UniCusano - Università degli Studi Niccolò Cusano
  Facoltà: Economia
  Corso: Scienze Economiche e Bancarie
  Relatore: Manuela Coromaldi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 83

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