L'identificazione del femminile nelle tavole del Rorschach. Considerazioni intorno alla sessualità femminile e al rapporto di coppia nelle donne mastectomizzate.

“Tra eventi “psichici” ed eventi “biologici” non può essere stabilito un rapporto di casualità univoco, ma entrambe le classi di fenomeni sono collegate tra loro da un rapporto a due vie. Ciò ci permette di formulare il postulato fondamentale della psicobiologia nel modo seguente: eventi biologici ed eventi psicologici sono collegati tra loro in un rapporto di casualità circolare, dove solo in condizioni estreme è possibile identificare un determinante primitivo” (Pancheri, 2002).
Quindi i disagi psichici che potremo rilevare potrebbero essere presenti prima della mastectomia, in minima intensità e poi diventare più evidenti a causa di questo evento scatenante o rimanere costanti da prima a dopo o diminuire notevolmente, in quanto la psiche della paziente è pervasa da un’altra preoccupazione che in quel momento è la malattia fisica.
Il processo ripartivo del corpo, perché sia compiutamente efficace, deve essere soprattutto un processo auto-riparativo a partire da un lento e faticoso percorso ricostruttivo di se stessi (De Feudis, 2003).
Cominciare a riappropriarsi del corpo, ad abitarlo, a risentirlo proprio nonostante la mutilazione, in un percorso di risignificazione che trasformi il corpo da oggetto (funzione passiva) a soggetto (funzione attiva), da traditore a creatore di guarigione, da vittima ad artefice compartecipativo di salute.
La trasformazione del corpo per la mutilazione del seno, non comporta solo un cambiamento esteriore, ma significa mutilare la capacità della persona di esprimere se stessa e di aprirsi e donarsi al mondo (Bresciani, Catena, Ronchi, Sacrestani, Mottinelli, 1997) coinvolgendola nel suo “essere un corpo e nel linguaggio del corpo che siamo” (Iori, 2000). Infatti, nella malattia viene disturbato tutto il modo di “essere nel mondo” che diventa più fragile, più ansioso, più insicuro e che rende sempre più ridotta e contratta la vita.
Nel testo del 1997 “Transiti e processi formativi” di Vanna Iori , viene espresso in modo sagace come la tradizione culturale androcentrica abbia negato da sempre il desiderio femminile, mostrando le donne come oggetto dei desideri maschili, ma incapaci di diventare soggetti di desiderio, tant’è che esiste per gli uomini addirittura un comandamento che vieta di desiderare la donna altrui, ma non altrettanto per le donne.
Nell’immaginario maschile la donna è resa da un lato oggetto dei desideri altrui, negandole il proprio desiderio, dall’altro soggetto di desideri che però sono imposti dal sesso maschile e che viaggiano dalla “mistica della femminilità” alla donna erotica o come funzione sessualeriproduttiva della donna madre o come inquietudine della perdizione della donna-passione o come funzione ispiratrice della donna-musa.
Perciò, nonostante il vissuto corporeo femminile sia stato e sia tuttora influenzato da comportamenti trasmessi e valori assegnati ad opera della cultura androcentrica e dell’immaginario collettivo (Pinkus, 1996), esiste per la donna la possibilità di conquistare la coscienza di sé e del proprio corpo, attraverso la consapevolezza del valore del corpo-cura (Iori, 1997).