Gli anni di piombo visti da qui: rappresentazione e riconciliazione nel cinema italiano del terzo millennio

C'è un elemento comune a tutte le opere prese in considerazione in questo lavoro, nessuna esclusa: la riproposizione di testimonianze d'epoca, documenti storici originali in formato video o audio, tratti dai principali mezzi di comunicazione. Principalmente si tratta di documenti televisivi, ma non mancano riferimenti anche a media quali la radio e la stampa. È un procedimento che consente ad un'opera di finzione di calarsi dentro la realtà storica di cui si sta occupando. In un certo senso si aspira a distribuire l'autorevolezza storica di quei documenti su tutte le vicende rappresentate in maniera “artificiale”, ma allo stesso tempo compie una precisa operazione sulla memoria dello spettatore, a cui permette di orientarsi ricordandogli frequentemente dove si trova.

“Il ricordare […] è un'operazione che non fa un individuo da solo: è un'operazione che non si può condurre prescindendo dalle reti nelle quali l'individuo è inserito e, di conseguenza, ogni memoria, anche individuale, è una memoria sociale.” ( da Alessandro Cavalli in Anna Lisa Tota, "La memoria come oggetto sociologico: intervista ad Alessandro Cavalli")

A differenza della situazione odierna in cui le possibilità di informarsi sono declinate ad una miriade incalcolabile di mezzi di comunicazione, gli anni '70 registrano ancora il predominio assoluto della televisione quale mezzo d'informazione predominante per quanto riguarda le immagini, l'unica interfaccia grafica tra la società e la realtà storica circostante. I principali eventi storici degli anni di piombo sono raccontati dalla televisione, le cui immagini, che potremmo definire “in esclusiva”, hanno giocato un ruolo da protagonista nella costruzione dell'immaginario, nonché di una memoria sociale. Il tratto documentaristico del cinema di finzione sul terrorismo post 2000 spinge proprio su questo tasto: riproponendo quelle immagini attinge ad una memoria sociale radicata, in modo da rafforzare l'autorevolezza storica di opere di finzione.