L’esperienza del sacro nella religiosità dei giovani
Giovani e fede in Italia sul finire del secondo millennio
La situazione italiana è piuttosto peculiare a causa del forte radicamento della fede e della Chiesa cattolica. Il riferimento ai valori religiosi tipici della tradizione cattolica ha segnato il formarsi della stessa identità nazionale come pure le vicende che l’hanno preceduta e seguita. Il cristianesimo è dunque divenuto religione di massa e la socializzazione religiosa cristiana ha costituito una parte importante della socializzazione più genericamente intesa.
In questo quadro le problematiche religiose inerenti alla modernità hanno trovato maggiore difficoltà ad insinuarsi e dunque l’Italia mostra tutte le sue peculiarità nella religiosità dei suoi cittadini. Alcuni leggono la peculiarità italiana come ritardo: quello che è accaduto negli altri paesi (almeno in quelli europei) sarebbe destinato ad accadere anche qui. Il processo di secolarizzazione procederebbe dunque su una medesima linea, la differenza sarebbe solo nei tempi di attuazione. Questa interpretazione pecca di troppo determinismo e sembra figlia di un’epoca in cui si pensava che modernizzazione significasse progressiva sparizione della sfera del sacro dalla società. Col cadere di questa ipotesi è necessario essere più guardinghi nelle affermazioni circa il futuro della religione che potrà manifestarsi anche con tratti di peculiarità nella misura in cui le singole culture e le storie differenti delle varie nazioni riusciranno a mantenere un proprio spazio in un mondo certamente incamminato verso una maggiore globalizzazione.
I giovani italiani di oggi si sono quasi tutti incontrati e confrontati con la religione cattolica attraverso proposte esplicite. La quasi totalità dei loro genitori si è sposata in chiesa, li ha fatti battezzare da piccoli, non li ha sottratti all’insegnamento della religione cattolica in ambito scolastico e li ha anche avviati a ricevere gli altri sacramenti dell’iniziazione cristiana (comunione e cresima) con conseguente preparazione catechistica. Chi a un certo punto ha interrotto questo cammino l’ha dunque fatto operando una scelta positiva di disinteresse o di rifiuto. Questo quadro fa sì che ci si sia potuti riferire alla situazione italiana, se non più con la definizione classica di societas christiana, con quella di religione diffusa o di religione dello scenario. I fenomeni ora elencati, di persistenza di un certo clima religioso all’interno del quale i giovani di oggi sono stati socializzati, si accompagnano comunque ad altri di segno opposto tipici della secolarizzazione. Ne richiamerò solo alcuni. I fatti del '68 e poi degli anni '70 avevano portato nuove sensibilità ed esigenze. Erano già avvenute le importanti spaccature all’interno della società italiana e dello stesso cattolicesimo riguardanti divorzio ed aborto ed era già stato rivisto il concordato tra stato e chiesa cattolica, evento non eclatante in sé, ma indicativo di un profondo cambiamento avvenuto nell’intendere il ruolo della chiesa all’interno della società politica e civile. A livello di socializzazione si può invece notare come già la famiglia aveva delegato a strutture esterne gli aspetti riguardanti la religione.
Anche le mutazioni più recenti hanno segno contraddittorio. Da un lato importanti istituzioni cristiane quali il matrimonio ed in genere tutti i sacramenti attraversano un momento di forte difficoltà; così pure la morale proposta dalla chiesa appare distante non solo dalla condotta dei cittadini, ma anche dal loro modo di sentire e di pensare. Dall’altro c’è un sostanziale arresto dell’emorragia alla frequenza della messa domenicale, un forte riconoscimento dell’opera socioassistenziale ed educativa svolta dalla chiesa, un certo entusiasmo accompagna la figura del papa e la domanda religiosa non può certamente essere considerata insignificante.
Rispetto ad un quadro ambivalente e problematico anche le risposte dei giovani tendono a divenire maggiormente eterogenee e complesse. A proposito dell’atteggiamento religioso (che comunque non riguarda solo la fede cattolica) sembra di poter individuare cinque gruppi di giovani: i convinti, i problematici, i marginali, i religiosi genericamente, i non-religiosi. Tale tipologia intende essere descrittiva dell’esistente da un punto di vista qualitativo, senza fornire una quantificazione del fenomeno. D’altra parte proprio le ambiguità e le contraddizioni del mondo giovanile rendono difficile classificare definitivamente (fosse anche solo per l’aspetto religioso) un giovane.
La dicitura convinti è forse inusuale, ci sembra però che si inserisca meglio all’interno della tipologia esposta rispetto a quella più tradizionale di praticanti regolari e che sia anche maggiormente descrittiva dei giovani in questione. Per convinto si intende infatti non tanto chi è fedele al precetto ecclesiastico della messa domenicale, ma piuttosto chi ad una pratica religiosa di una certa regolarità (ipotizziamo: più di una volta al mese per la messa o riti analoghi ed almeno una volta alla settimana per la preghiera) unisce anche una certa consapevolezza del proprio credo religioso, sia per quanto concerne la conoscenza degli aspetti centrali, sia a proposito dello sforzo di una coerenza globale tra pensiero e azione. I tratti di problematicità che comunque l’aspetto etico presenta non inficiano tale sforzo e, in qualche modo, possono rientrare all’interno di una normale dialettica tra singolo credente ed istituzione. Si può in particolare sottolineare il rifiuto che coinvolge anche molti di questi giovani circa la morale sessuale proposta dalla chiesa cattolica. È interessante notare come, mentre in passato tale tratto era sufficiente per vivere una condizione piuttosto marginale tra coloro che aderivano all’esperienza della fede cristiana, oggi non sia più così. Riteniamo che, ultimamente, la motivazione di questo processo la si possa trovare nella pluralizzazione tipica della modernità che ha spezzato, dal punto di vista dei soggetti, il tradizionale e forte legame tra morale sessuale e vita religiosa permettendo così ai singoli di operare secondo modalità diverse da quelle indicate senza sentirsi perciò in uno stato di colpa. Detto con altre parole, le contraddizioni esistenti non sono avvertite come problematiche, la sfera della sessualità viene avvertita come non particolarmente significativa per quella religiosa (e viceversa).
Convinti significa allora giovani che accordano alla religione uno spazio rilevante nella propria vita, nella costruzione dei propri progetti, nell’elaborazione del proprio pensiero. La centralità della dimensione religiosa è dunque vissuta interiormente e si manifesta anche all’esterno con una sostanziale accettazione del ruolo dell’autorità riconosciuta. Le tre dimensioni dell’appartenenza, della credenza e della pratica religiosa, pur se imperfettamente, sono tutte vissute e significative per questo gruppo di giovani. Tale correlazione dovrebbe approfondire ed indagare chi volesse tentare una quantificazione del fenomeno della religiosità nei giovani secondo la tipologia precedentemente indicata.
Questi giovani dopo la socializzazione cristiana hanno mantenuto rapporti forti con l’istituzione attraverso la partecipazione ai riti, ed a volte anche mediante la partecipazione a gruppi, associazioni e movimenti di carattere religioso.
[…]
Convinti sono certamente anche quei giovani, numericamente pochi, ma solitamente ben visibili, che appartengono a chiese protestanti minoritarie (avventisti…) ed a sette quali i testimoni di Geova ed altre. Qui la convinzione diventa irregimentazione all’interno di gruppi dove anche la minima devianza non è tollerata e viene punita duramente.
Con problematici si intendono quei giovani che si dicono appartenenti ad una religione (nella quasi totalità quella cattolica), ma senza condividerne aspetti di un certo rilievo. Si tratta di un insieme piuttosto eterogeneo: vi possiamo trovare chi partecipa alla messa settimanalmente, ma non crede nella divinità di Gesù, nella sua risurrezione e nella vita oltre la morte; chi partecipa alla vita di un gruppo ecclesiale, ma va a messa solo alcune volte in un anno; chi prega con costanza ed assiduità, ma non ha riferimenti quasi di alcun tipo con l’istituzione. Caratteristica religiosa di questi giovani è la centralità della fede nella loro esperienza, fede che trovano anche il modo di esprimere esternamente; avvertono inoltre la dimensione del sacro come importante all’interno della propria vita. Ciò che si manifesta invece come problematico è il loro rapporto con almeno una delle codifiche tradizionali che ha assunto la fede cristiana: la dimensione rituale comunitaria, gli articoli di fede, precisi orientamenti morali, una dimensione organizzativo-istituzionale definita e gerarchizzata. La problematicità può portare a comportamenti che sottolineino il proprio disaccordo, ma non comporta comunque l’abbandono o il rifiuto totale dell’istituzione nei confronti della quale questi giovani manifestano comunque la propria criticità, in particolar modo a proposito della costituzione gerarchica, del rapporto con la ricchezza ed il potere, delle proposte di morale sessuale e matrimoniale.
L’appartenenza religiosa dei giovani problematici è spesso solo parziale, su di loro il pluralismo ha maggior presa rispetto al gruppo precedente ed infatti c’è chi ad un credo sostanzialmente cattolico unisce credenze eterodosse che male vi si innestano (un esempio tipico è quello della reincarnazione).
Uno dei livelli sui quali può giocarsi la problematicità può essere quello della trascendenza e dell’alterità del sacro: sacro è allora semplicemente quanto è capace di fornire senso. In questo caso ne esce una fede impegnata, ma centrata sull’umano, sul sociale, sul volontariato; i caratteri della trascendenza, anche se non negati, rimangono sullo sfondo. Parole come solidarietà, servizio, equità, dedizione… hanno un forte richiamo ed indirizzano spesso verso un’etica esigente nei confronti dell’altro all’interno della quale Dio risulta piuttosto emarginato.
Riassumendo i caratteri distintivi di differenziazione fra il gruppo dei convinti e quello dei problematici, possiamo affermare che, se per i primi le tre dimensioni di appartenenza, credenza e pratica religiosa erano sostanzialmente tutte presenti, per i secondi almeno una di queste tre dimensioni risulta problematica al punto da essere teoricamente o praticamente disattesa.
Marginali sono quei giovani la cui religiosità (ancora una volta quasi sempre cattolica) è più nominale che effettiva. La dimensione della partecipazione è spesso meno che saltuaria sia per quanto riguarda la frequenza ai riti, sia, seppur in maniera inferiore, a proposito della preghiera. Dal punto di vista comportamentale si tratta certamente del gruppo più secolarizzato tra coloro che si dicono credenti. Le dimensioni di appartenenza, credenza e pratica religiosa sono dunque poco più che nominali: la religione non ha più nessun tipo di collegamento con le scelte individuali non esercitando più alcun tipo di indirizzo, spesso non è neanche adeguatamente conosciuta. La sua funzione appare quella di una sorta di ombrello protettivo capace comunque di riparare, almeno parzialmente, in momenti di grande difficoltà, ossia quando la vita costringe a pensare seriamente alla possibilità della propria morte. Il numero elevato di giovani che si inseriscono all’interno di questa categoria e la completa disponibilità ad assorbire ciò che la modernità propone come stile di vita fanno sì che i giovani marginali non si autopercepiscano assolutamente come tali. Essi non avvertono alcuna incongruenza in una fede cristiana senza chiesa e senza trascendenza e cercano di amalgamare in qualche modo generici valori di amicizia e solidarietà. Parole però come autorealizzazione, felicità, successo, potere… fanno vibrare i loro cuori in maniera decisamente maggiore. Il rapporto con la trascendenza del sacro è solitamente inesistente. Tutta la vita si gioca in una prospettiva immanente ed anche la speranza in una vita futura, là dove c’è, ha comunque i caratteri del prolungamento della vita presente.
I religiosi genericamente sono coloro che si percepiscono in ricerca ed anche coloro che credono ad un Dio senza sentirsi appartenenti ad alcuna religione (anche se a volte si dicono cattolici hanno però perso i legami con l’istituzione ed il credo cattolico operando un ampio sincretismo). All’interno di questa categoria troviamo da una parte posizioni attive di ricerca e magari di una difficile sintesi delle esperienze religiose vissute; in questi casi la religiosità, per quanto generica, nelle sue espressioni permane una dimensione centrale nell’individuo.
All’estremo opposto è possibile riscontrare una genericità molto diffusa circa tutto ciò che è religioso e che riguarda anche il ruolo della religione nella propria vita.
Sempre all’interno di questa categoria troviamo gli aderenti a culti orientaleggianti che però poco hanno a che fare con le religioni da cui sono originati, come pure giovani che sono pervenuti a sintesi personali a partire dalla credenza negli astri, nella magia, nella scienza…
Appartenenti alla categoria non-religiosi sono i giovani che si schierano con convinzione contro la religione (una minoranza), e quelli per i quali il problema religioso esula completamente dall’orizzonte degli interessi. La prospettiva di immanenza è scelta positivamente. Alcuni ricalcano il gruppo dei marginali a proposito della propria autocentralità attraverso le categorie del successo, della felicità, dell’autorealizzazione… Altri sono invece molto vicini a coloro per i quali le parole impegno, solidarietà e servizio hanno grande valore. Soprattutto tra questi ultimi la politica riveste spesso un ruolo importante, mentre per quasi tutti gli altri giovani si trova al termine della scala degli interessi.
[…]
Riteniamo comunque di poter affermare che il cristianesimo stia dando prova, dopo un periodo di maggiore difficoltà, di essere capace ad entrare in dialogo con la modernità così come in passato ha saputo affrontare vari rivolgimenti culturali. Per saperne di più circa le sintesi cristiane che ne usciranno e, più in generale circa un bilancio a proposito del rapporto tra sacro e modernità occorre necessariamente armarsi di pazienza ed attendere gli sviluppi futuri che appaiono tutt’altro che necessitati da ciò che si può leggere nella situazione presente.
Questo brano è tratto dalla tesi:
L’esperienza del sacro nella religiosità dei giovani
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Informazioni tesi
Autore: | Luca Fantini |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2002-03 |
Università: | Università degli Studi di Urbino |
Facoltà: | Sociologia |
Corso: | Sociologia |
Relatore: | Pierpaolo Parma |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 62 |
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