Libia: pendolo tra tradizione e modernità
Gheddafi: un nomade al potere
La monarchia di re Idris finisce l’1 Settembre 1969. Si tratta di una catastrofe annunciata, infatti, nel corso degli anni ’60, si rincorrevano numerosi voci e studi che, alla luce degli scarsi risultati del re, prevedevano che un gruppo di alti ufficiali avrebbe
preso il potere. Ciò avvenne, ma, a sorpresa, lo fecero i giovani ufficiali e capitani, il “Movimento degli Ufficiali Liberi”. La conquista del potere, come approfondirò in seguito, avvenne senza spargimenti di sangue; il popolo fu ricettivo a riguardo. A mio parere, questa forte ricettività, avvenne per la mancanza di un sentimento nazional-popolare che: da un lato rendeva il popolo quasi indifferente nei confronti di coloro che governavano, ma, dall’altro, lo rendeva ricettivo per l’avvento di leader carismatici.
Come fu, in effetti, Gheddafi.
Prima di parlare di come Gheddafi abbia conquistato il potere, dell’inizio e fine del regime, è utile tracciare un quadro della vita del futuro rais.
Molti hanno scritto della vita di Gheddafi e spesso anche lui ha parlato della sua storia narrando storie mirabolanti, per cui, bisogna capire cosa sia vero e cosa no. A grandi linee, è possibile tracciare un arco temporale, che va, dalla nascita fino al complotto per il colpo di stato.
“Io sono un beduino analfabeta, non so neppure che cosa siano gli arredi e le fogne… Io bevo l’acqua della pioggia e dei pozzi nelle mie mani congiunte. […] Un povero beduino sperduto, che non possiede neppure un certificato di nascita…”
Con queste parole Gheddafi si presentava nel suo libro, parole naturalmente esagerate ma che aiutano a capire la condizione vissuta da giovane dallo stesso rais. Muammar al-Gheddafi è nato, probabilmente, nel 1942, come da lui stesso rivelato, ma, non si sa il giorno preciso. Il tutto dovuto alla situazione, per cui, in Libia, fino al 1950, non sarà obbligatorio denunciare la nascita dei bambini e, precedentemente, pochi lo facevano. Gheddafi non sa nemmeno dove è nato con precisione, si sa solo che, è nato in condizioni di povertà quasi estrema, in una tenda di beduini da genitori avanti con gli anni: il padre è Mohamed Abdel Salam Abominiar e ha quasi sessanta anni; la madre, Aisha, anch’essa molto vecchia, è sfiancata da numerosi parti, con successive premature morti di buona parte dei figli. Rimarranno in vita solo Muammar e tre sorelle tutte più anziane di lui, mentre, moriranno ben quattro fratelli e altre due sorelle. Vive a Gars Bu Hadi, nasce italiano ma vi rimane ben poco, nel dicembre del 1942, vi è la battaglia di al-Alamein che determina la cacciata italiana. Cresce in un ambiente povero, dove si pratica un’agricoltura primitiva, per lui la tenda è il simbolo della vita semplice un luogo sano:
“La tenda è il simbolo della vita semplice. Io personalmente sono vissuto in tenda sin dall’inizio della mia vita e ancora oggi non sono riuscito ad abituarmi a vivere in luoghi lussuosi. Mi sento a mio perfetto agio soltanto nella tenda. La tenda è un luogo sano, al suo interno l’aria è condizionata in maniera naturale, non ha bisogno di mezzi artificiali.”
L’infanzia scorre tranquilla, ma è perennemente flagellata dalle morti dei parenti, per via, delle numerose battaglie che segneranno la memoria di Gheddafi e lo porteranno a identificare re Idris come un re fantoccio, mentre, le parole di Nasser dall’Egitto lo fomenteranno in un nazionalismo che manca in Libia. L’odio per l’Italia nasce per motivi del tutto personali, ossia, per le mine lasciate nei campi che hanno ucciso due cugini e che hanno colpito anche lui che si è salvato per miracolo. A Gars Bu Hadi vi era un fghih (insegnante di Corano) e Gheddafi seguirà con passione le sue lezioni, ma il padre, nel 1952, lo manda in una scuola vera a Sirte dove è preso in giro per le origini beduine e ciò lo porterà ad avvicinarsi a Dio. In città vivrà un’esperienza traumatica, la vede nemica dell’agricoltura e questo rappresenta la contraddizione libica tra città costiere ed entroterra. Gheddafi difenderà i “figli del deserto” con cui si identificherà sempre.
Finisce le scuole elementari in quattro anni anziché sei, trascorre le estati, durante il periodo scolastico, spostandosi con la famiglia in un lungo viaggio nel Fezzan per pascolare e raccogliere orzo. Nel 1956 rimane nella capitale del Fezzan, Sebha, dove frequenta la scuole medie inferiori che finisce in un anno. Per quattro anni frequenta il liceo, ma, re Idris e la sua polizia lo costringeranno ad abbandonare tutto. In quegli anni, segue la trasmissione radiofonica la “Voce degli Arabi”, sono gli anni ’50, sono gli anni, in cui, Nasser infiamma le piazze con il nazionalismo dopo l’invasione del Canale di Suez, rimane ammaliato da tutto ciò. La situazione creatasi, per lui, non fa parte dei colpi di coda delle ex colonie, così, dal 1957 al 1961, tutti i giorni, manifesta per qualcosa che lui considera giusto: per l’Algeria indipendente, contro gli esperimenti nucleari nel Sahara algerino, contro l’omicidio del leader congolese Patrice Lumumba etc.
Re Idris viene considerato da Gheddafi un collaborazionista dell’occidente; critica molte cose, tra cui, la rinuncia alla base di Wheelus Field a favore degli statunitensi, inoltre, si fa portavoce del discorso di Nasser per cui non è giusto che nell’intera Africa cinque milioni di bianchi governino su 200 milioni di africani. A questo punto, comincia il reclutamento da parte di Gheddafi di seguaci; organizza una manifestazione con i liceali per le vie di Sebha e sfugge per poco alla cattura da parte della polizia. Il gruppo “storico” di Sebha costituirà una parte del futuro Consiglio del Comando della Rivoluzione (CCR) ricordiamo: Abdessalam Jallud, Scerif Hussein, Mohamed al-Zawi, Hadi Fadl e Mohamed Khalil. Gheddafi è costretto a lasciare Sebha, ha sulle spalle un decreto che lo espelle dal liceo per cui si trasferisce in Tripolitania, precisamente, a Misurata dove frequenta il locale liceo.
In due anni aumenta il numero di compagni di lotta, seppur, non manifesta apertamente come in Fezzan, avendo capito, che, si può muovere meglio agendo nell’ombra e senza proteste quotidiane. Segue avidamente le rivoluzioni: si informa sulla “lunga marcia” di Mao Zedong, a Cuba simpatizza per Fidel Castro. Nasser rimane la sua ispirazione, lo si può considerare l’erede; da Nasser ricava molto: da un lato molti pensieri che costituiranno il futuro Libro Verde (come l’eliminazione delle classi e dello sfruttamento), ma,
anche, alcune avversioni (come quella contro Israele). Sogna il panarabismo; si ispira, tra gli altri, anche ad Alla al-Fassi, leader del partito Istiqlal, che ha lottato per l’indipendenza marocchina.
Finiti gli studi liceali, nel 1963, si iscrive insieme a Jallud, Omar al-Meheishi e Abdel Monein al-Huni all’Accademia militare di Bengasi all’interno della quale aumenta l’opera di propaganda, che, trasferisce, non solo all’ambito militare, ma, anche, a quello civile. Nel 1964 decide di scindere il movimento con un’ala militare, gli Ufficiali unionisti liberi, e un’ala civile, il Comitato popolare, tra le due ali non vi sarà alcun legame se non il solo Gheddafi.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Libia: pendolo tra tradizione e modernità
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Informazioni tesi
Autore: | Mattia Polizza |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2013-14 |
Università: | Università degli Studi della Calabria |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Relazioni internazionali |
Relatore: | Nicola Fiorita |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 177 |
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